Una nuova direttiva dal Consiglio UE punta a migliorare gli standard di qualità dell’aria
                                Il Consiglio Europeo continua a muoversi, con azioni legislative e dialogiche, per assicurare una migliore qualità dell’aria ai cittadini europei da qui al 2030, con l’obiettivo di centrare la soglia dell’inquinamento zero entro il 2050.
Nonostante i notevoli miglioramenti registrati nella qualità dell’aria nell’UE negli ultimi 30 anni, l’inquinamento atmosferico continua a ridurre la biodiversità e a essere la prima causa ambientale di morte precoce. Ogni anno in Europa si registrano 300.000 decessi prematuri da scarsa qualità dell’aria, una cifra ancora molto alta che ha portato – nell’ottica di una ricalibratura dell’intero paradigma socioeconomico occidentale – le istituzioni europee a investire sempre più tempo e risorse ai fini della transizione ecologica del comparto produttivo e per l’adozione di misure di buon senso ambientale da parte dei singoli cittadini.
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Per migliorare la qualità dell’aria sono necessari nuovi parametri
Il Consiglio Europeo ha ricevuto mandato per avviare negoziati con il Parlamento Europeo per raggiungere un accordo su una nuova direttiva per migliorare della qualità dell’aria. Raggiunto l’intendimento, il testo finale dovrà essere formalmente adottato da entrambe le istituzioni. Per affrontare la questione dell’inquinamento atmosferico, l’UE dispone al momento di due direttive anacronistiche sulla qualità dell’aria, che risalgono al 2004 e al 2008.
La proposta della Commissione fissa obiettivi intermedi per il 2030, vicini alle linee guida dell’OMS. Gli standard stabiliti saranno riesaminati periodicamente fino al 2050. Sono disciplinate molte sostanze inquinanti, tra cui il particolato fine e il particolato (PM2,5 e PM10), il biossido di azoto (NO2), il biossido di zolfo (SO2), il benzene, l’arsenico, il piombo e il nickel. PM2,5 e NO2, sostanze particolarmente dannose e diffuse nelle città, passerebbero da 25 µg/m³ a 10 µg/m³ e da 40 µg/m³ a 20 µg/m³ (i valori indicati negli orientamenti dell’OMS sono 5 µg/m³ per il PM2,5 e 10 µg/m³ per l’NO2).
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I piani di attuazione dei singoli Paesi
La nuova direttiva prevede l’istituzione di almeno un super-sito per il monitoraggio della qualità ambientale nel territorio di ciascuno degli Stati membri dell’UE. Il testo impone di elaborare piani per migliorare la qualità dell’aria per le zone in cui i livelli di inquinanti superano i valori limite. I Paesi membri saranno tenuti a fissare soglie di allarme per i principali inquinanti atmosferici, al fine di proteggere la popolazione e in particolare i gruppi anagrafici più vulnerabili (bambini e anziani).
Prevista una certa flessibilità per le zone geografiche in cui la conformità alla direttiva entro il termine stabilito si rivelerebbe impraticabile, a causa delle caratteristiche di dispersione specifiche, delle condizioni climatiche o dell’apporto di inquinanti transfrontalieri.
Se lo Stato membro in questione ha un PIL nazionale pro capite inferiore alla media dell’UE e se i risultati delle applicazioni di modellizzazione mostrano che i valori limite non possono essere raggiunti entro la data di conseguimento, lo Stato può chiedere una proroga del termine per un massimo di 10 anni, al più tardi fino al 1º gennaio 2040.
Infografica completa sull’inquinamento dell’aria nell’Unione Europea
Giustizia sociale e naturale
La proposta di direttiva determina anche l’accesso alla giustizia a chi intenda sollevare contestazioni in merito alla qualità dell’aria: i ricorsi giurisdizionali dovranno essere equi, tempestivi e non eccessivamente onerosi. Garantito anche il diritto dei cittadini a chiedere un indennizzo in caso di danni alla salute a seguito di una violazione dolosa delle norme da parte dello Stato di appartenenza.
La strada tracciata è quella giusta del cambiamento ecosostenibile “duro”, che preservi però una componente di malleabilità per tener conto delle differenti situazioni ecologiche, economiche e geopolitiche dei singoli Stati membri dell’UE. Lo scalino ulteriore, per giungere a un cambio di passo ascendente ancora più radicale, sarebbe quello di una svolta paradigmatica a livello di forma mentale: non si tratta “solo” di salvare delle vite umane, ma di immaginare modelli di socialità e sviluppo che tengano conto del radicamento umano in un sistema biologico organico, in cui l’attività antropica è solo una parte di un cosmo naturale composito, coi suoi propri ritmi ed esigenze. Non solo di antropocentrismo si può vivere; anzi, i dati dimostrano il contrario.
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