Molitura delle olive: lo scarico non autorizzato dei reflui costituisce reato
Per la Cassazione sia il percolato scaturente dallo stoccaggio del materiale semisolido che residua dalla molitura delle olive, sia i liquidi usati per il lavaggio dei frutti per separarli dalla terra, sono da considerare rifiuti liquidi ed è illecito il loro spandimento nel terreno; costituisce reato anche lo scarico senza autorizzazione dei relativi reflui, non essendo assimilabili ai reflui domestici.
Il caso
Il Tribunale di Lanciano condannava il titolare di un oleificio, per il reato di cui all’art. 256, comma 2, lett. a), per avere abbandonato direttamente al suolo rifiuti liquidi, consistenti nel percolato di una vasca di stoccaggio di sanse olearie umide; all’art. 256, comma 2, per avere effettuato, su di un terreno limitrofo al proprio oleificio, il deposito incontrollato di rifiuti non pericolosi, consistenti in circa 45 quintali di fogliame di olivo, derivanti dal processo produttivo dello stabilimento; all’art. 137, comma 1, per avere effettuato, in assenza della prescritta autorizzazione, lo scarico direttamente al suolo di acque reflue industriali provenienti dal medesimo stabilimento.
Nell’atto di impugnazione, l’imprenditore rilevava che il Tribunale aveva erroneamente ritenuto che i reflui o i liquidi oleari dovessero essere considerati rifiuti quando gli stessi possono essere utilizzati ai fini della fertirrigazione, perdendo, pertanto, la qualifica di rifiuti. Peraltro gli stessi, ai sensi dell’art. 101, comma 7, lett. c), andavano assimilati ai reflui domestici.
Cosa dice la Cassazione
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile.
La Corte ha ribadito che i liquidi che originano dalla lavorazione delle olive, sia quanto al percolato scaturente dallo stoccaggio del materiale semisolido che residua dalla molitura delle olive, sia quanto ai liquidi con i quali era stato effettuato, prima della molitura, il lavaggio dei frutti, onde separarli dai cascami terrosi , è considerato rifiuto e non è assimilabile come, invece, preteso dal ricorrente agli ordinari reflui domestici.
Infatti, anche dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/2006, lo scarico senza autorizzazione di acque reflue derivanti dall’attività di molitura delle olive integra il reato di cui all’art. 137 del medesimo decreto, non essendo tali reflui assimilabili alle acque reflue urbane in base al disposto dell’art. 101, comma 7, lett. c). Pertanto, integrava le due fattispecie di illecito contestate sia il loro spandimento indiscriminato nei fondo sottostante, sia il loro convogliamento, tramite canalette di scolo, nel medesimo fondo.
E’ stato inoltre ritenuto infondato il richiamo alla pratica della fertirrigazione quale elemento scriminante la condotta del ricorrente: essa, infatti, non si realizza con il grossolano sversamento di reflui sul terreno, ma presuppone un loro utilizzo ragionatamente volto allo sviluppo, sulla base di corretti principi agronomici, di coltivazioni agricole in atto. Elementi tutti questi non rinvenibili nel caso in esame.
La massima
In tema di tutela delle acque dall’inquinamento, anche dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/2006, lo scarico senza autorizzazione di acque reflue derivanti dall’attività di molitura delle olive integra il reato di cui all’art. 137 del medesimo decreto, non essendo tali reflui assimilabili alle acque reflue urbane in base al disposto dell’art. 101, comma 7, lett. c).
Articolo tratto da Ambiente & Sviluppo n. 8-9/2015, p. 520-521

