L’ISPRA presenta il rapporto sulle bonifiche dei siti contaminati in Italia
ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ha pubblicato il terzo Rapporto sullo stato delle bonifiche dei siti regionali contaminati in Italia. Cifre e interventi, aggiornati alla fine del 2021, confluiscono in Mosaico, la banca dati nazionale sui procedimenti di bonifica. Le elaborazioni riguardano 17.340 procedimenti in corso e 19.474 già conclusi.
Il rapporto analizza gli stati di avanzamento e di contaminazione dei procedimenti in corso, le modalità di chiusura di quelli conclusi, l’età dei procedimenti e la loro durata. Il documento presenta anche un’interessante illustrazione delle superfici interessate da procedimenti di bonifica, le procedure adottate, i soggetti titolari del procedimento, i siti orfani e infine la distribuzione territoriale dei procedimenti.
Bonifiche siti contaminati: i procedimenti in Italia
Da un punto di vista geografico, i procedimenti di bonifica nazionali in corso sono maggiormente concentrati in Campania (18% del totale) e Lombardia (17%). A seguire, ecco la Toscana e il Veneto (rispettivamente 12% e 10%). I procedimenti conclusi si concentrano soprattutto in Lombardia (44%); evidente il distacco con la Toscana (14%). Un dato interessante è che 3 procedimenti in corso su 5 (10.326 procedimenti, pari al 60%) si trovano in fase di notifica.
L’analisi della modalità di conclusione dei procedimenti evidenzia una serie di dati già emersi:
- quasi la metà (49%) dei procedimenti conclusi sono stati chiusi con autocertificazione a seguito delle sole indagini preliminari;
- nel 67% dei procedimenti conclusi non è stato necessario alcun intervento di bonifica/messa in sicurezza;
- solo per un procedimento su tre (33%) è stato necessario effettuare un intervento di bonifica/messa in sicurezza.
Burocrazia e vincoli
Numeri che confermano l’urgenza di velocizzare le tempistiche necessarie per far seguire alla fase di “notifica” quella delle indagini. Iter più snelli consentirebbero di chiudere numerosi procedimenti di bonifica e, quindi, di restituire agli usi legittimi aree che al momento attuale sono gravate dal vincolo amministrativo. Con evidenti danni in termini di consumo di suolo e per le attività produttive.
ISPRA fornisce anche i numeri sui siti contaminati in Italia: alla fine del 2021 sono 3.568, in lieve aumento rispetto alla precedente rilevazione. La superficie nazionale interessata da procedimenti di bonifica è di 49.851 ettari, con un incremento di 3.674 ettari rispetto ai dati 2021. E ancora: un quarto delle superfici sottoposte a vincolo amministrativo è inferiore ai 1.000 mq, la metà di queste superfici è inferiore ai 3.000 mq.
La durata dei procedimenti
Altra questione, la durata dei procedimenti. L’indagine ha coinvolto 8.980 procedimenti conclusi (pari al 44% di quelli conclusi), quasi tutti in Lombardia. Per quelli terminati a seguito di indagini preliminari, solo uno su quattro ha avuto durata inferiore a 4 mesi. Per il 10% dei procedimenti la durata è stata superiore a 3 anni e 8 mesi.
Passando ai procedimenti conclusi a seguito di intervento, solo uno su quattro ha avuto durata inferiore a 1 anno e 11 mesi, nella metà dei casi la durata è stata inferiore a 3 anni e 6 mesi. Per il 10% dei procedimenti la durata è stata superiore addirittura a 11 anni e 8 mesi. Per quanto riguarda l’attivazione dei procedimenti, si rileva che tra il 2007 e il 2021, il numero risulta piuttosto costante nel tempo: la media è di 1.149 attivazioni annue con scarti tra i singoli periodi piuttosto contenuti.
Bonifiche siti contaminati in Italia: possibili azioni future
Il rapporto conferma in gran parte quanto già indicato nella seconda rilevazione. Innanzitutto, la necessità di abbattere i tempi di sviluppo dei procedimenti. Poi, diventa fondamentale comprendere i motivi per cui numerosi procedimenti risultano congelati in uno stadio preliminare del procedimento. Per ISPRA bisogna “individuare soluzioni, anche normative, che sblocchino tali situazioni per abbattere il carico amministrativo in capo alle autorità competenti. Indagare, ed eventualmente gestire, gli eventuali carichi ambientali connessi”.
Si ribadisce, dunque, l’obiettivo di promuovere un “cambio di passo” per l’acquisizione delle informazioni, minimizzando l’impatto in termini di risorse per la Pubblica Amministrazione. Il passaggio culturale delle anagrafi regionali da mero adempimento di legge a strumento operativo di monitoraggio e supporto alle decisioni potrà rappresentare una svolta in tal senso.

