Sicurezza sul lavoro

Caldo estremo al lavoro: come nasce il nuovo quadro di riferimento?

Le tutele per gestire i rischi da stress da calore e radiazioni solari sono consolidate da tempo. Ecco le linee guida aggiornate 2024-2025
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Il cambiamento climatico ha reso le ondate di calore e l’esposizione al sole un problema concreto per chi lavora all’aperto. Negli ultimi mesi, istituzioni italiane e internazionali hanno aggiornato norme e linee guida per proteggere i lavoratori dai rischi legati allo stress da calore e alla radiazione solare.

Ecco una panoramica per capire da dove arriva e cosa prevede il nuovo quadro di riferimento, in un momento in cui il caldo estremo miete vittime anche sul lavoro.

Più tutele contro il caldo estremo e le ondate di calore

Il Decreto-Legge 28 luglio 2023, n. 98, convertito con modificazioni dalla Legge 18 settembre 2023, n. 127, ha introdotto misure straordinarie per fronteggiare le emergenze climatiche che colpiscono i lavoratori, in particolare quelli impegnati all’aperto nei settori più esposti come edilizia, agricoltura, estrazione e cantieristica.

Il provvedimento consente alle imprese di sospendere o ridurre l’attività lavorativa durante le giornate caratterizzate da caldo eccezionale, attivando in modo semplificato gli ammortizzatori sociali, come la Cassa Integrazione Ordinaria (CIGO) o gli strumenti equivalenti per il settore agricolo, senza incorrere nei consueti vincoli di utilizzo delle ore disponibili e senza dover versare il contributo addizionale previsto in situazioni ordinarie.

Il Decreto ha inoltre dato impulso a un percorso istituzionale che ha portato alla definizione di linee guida nazionali per la gestione del rischio caldo nei luoghi di lavoro, elaborate con il contributo di Ministero del Lavoro, Ministero della Salute, INAIL, Regioni e parti sociali.

La valutazione del rischio microclimatico è obbligatoria

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, già con la nota prot. 5056 del 13 luglio 2023, ha chiarito in modo inequivocabile che il rischio da calore e da radiazione solare deve essere oggetto di una valutazione specifica all’interno del Documento di Valutazione dei Rischi, come previsto dall’articolo 28 del D.Lgs. 81/08.

Non si tratta di un adempimento facoltativo o legato a singole situazioni eccezionali: il microclima e l’esposizione ai raggi solari sono, a tutti gli effetti, fattori di rischio da considerare nell’organizzazione del lavoro, specialmente nei contesti outdoor o in ambienti indoor non climatizzati.

La nota, diffusa nel pieno dell’emergenza caldo 2023, specifica che gli ispettori verificheranno durante i controlli che le aziende abbiano messo in atto misure preventive e correttive adeguate, tra cui:

  • l’adozione di procedure organizzative per ridurre l’esposizione al sole e al caldo;
  • la sorveglianza sanitaria mirata, con attenzione particolare ai soggetti più vulnerabili;
  • la formazione specifica di lavoratori e preposti sui rischi da calore e sulle corrette modalità di protezione;
  • la gestione delle pause e delle rotazioni per prevenire affaticamento e malori.

Regole tecniche già consolidate a livello internazionale

È importante sottolineare che questa indicazione non introduce un obbligo nuovo, ma richiama l’attenzione su regole tecniche già consolidate a livello internazionale.

Nei Paesi dove le condizioni climatiche impongono da tempo la gestione strutturata del rischio caldo — come Stati Uniti, Australia, o alcune aree del Medio Oriente — esistono da anni prassi operative e standard tecnici che prevedono, ad esempio, l’uso di indici microclimatici, l’organizzazione flessibile degli orari, la fornitura obbligatoria di acqua fresca, zone d’ombra e dispositivi protettivi adeguati.

Queste regole rappresentano un riferimento naturale e una base tecnica consolidata che le imprese e i professionisti della sicurezza dovrebbero adottare per prevenire eventi gravi e garantire condizioni di lavoro sicure.

La nota dell’Ispettorato ha quindi il merito di richiamare le aziende a un approccio consapevole e strutturato, fondato su prassi già diffuse e riconosciute a livello internazionale.

Il decalogo nazionale per la prevenzione del 2024 dalle ondate di calore

Nel 2024 è stato diffuso un “Decalogo per la prevenzione delle patologie da calore e da esposizione a radiazione solare nei luoghi di lavoro”, elaborato nell’ambito del progetto Worklimate 2.0 e allegato ufficialmente alle indicazioni operative fornite a livello nazionale.

Il documento, rivolto ai datori di lavoro e ai soggetti della prevenzione aziendale, elenca dieci azioni indispensabili per ridurre i rischi legati al caldo e all’esposizione solare, partendo da principi consolidati e soluzioni tecniche già applicate nei Paesi caratterizzati da climi estremi.

Il Decalogo si basa sull’assunto che la prevenzione deve essere integrata nel sistema organizzativo aziendale e sostenuta da strumenti di previsione e monitoraggio specifici. Tra i punti salienti:

  • Nominare una persona responsabile, presente sul luogo di lavoro, incaricata di monitorare le condizioni meteoclimatiche e di attuare le misure di tutela definite nel DVR. Questa figura, il preposto, deve essere adeguatamente formata sull’uso degli indicatori di rischio di stress termico e radiazione solare.
  • Valutare i rischi da caldo e sole in modo sistematico, considerando l’ambiente di lavoro, l’attività svolta, gli indumenti, i dispositivi di protezione e i fattori individuali di suscettibilità (come le caratteristiche fenotipiche nel caso di esposizione ai raggi UV).
  • Utilizzare piattaforme e strumenti specifici, come il portale Worklimate e la web-app del Portale Agenti Fisici, per prevedere il rischio caldo e la radiazione solare con dettaglio locale, anche stimando la perdita di produttività legata al calore.
  • Attivare la sorveglianza sanitaria mirata per i lavoratori esposti abitualmente o prevedibilmente a microclimi caldi o a radiazione solare, con attenzione particolare alla prevenzione delle patologie acute da calore e al controllo periodico di cute e occhi, vista la natura cancerogena certa della radiazione UV.
  • Garantire un’adeguata formazione dei lavoratori, dei preposti e degli addetti al primo soccorso, fornendo informazioni sui rischi per la salute, sulle misure di protezione individuale (abbigliamento, occhiali, cappelli, creme solari), sull’importanza dell’idratazione e sulla gestione dei sintomi.

Il documento si sofferma anche su aspetti pratici spesso trascurati, ma fondamentali:

  • Assicurare la disponibilità costante di acqua potabile fresca, favorendo l’assunzione regolare di liquidi (circa 250 ml ogni 15-20 minuti) e scoraggiando comportamenti a rischio come il consumo eccessivo di acqua in poco tempo o l’assunzione non controllata di bevande energetiche.
  • Vietare il lavoro a pelle nuda e fornire abiti leggeri, traspiranti, a trama fitta, con protezione certificata dai raggi UV, oltre a cappelli con coprinuca e occhiali da sole adeguati. È consentito, previo parere medico, l’uso di creme solari ad alta protezione, da considerarsi come misura aggiuntiva e non sostitutiva degli altri dispositivi.
  • Riorganizzare i turni e le attività per ridurre l’esposizione al sole e al caldo, privilegiando i momenti più freschi della giornata, prevedendo pause frequenti all’ombra e, nei casi estremi, interrompendo le attività in presenza di condizioni ambientali particolarmente critiche.
  • Favorire il processo di acclimatazione dei lavoratori, aumentando gradualmente l’esposizione al calore e il carico di lavoro, in linea con quanto già previsto dagli standard internazionali. In particolare, per i neoassunti o chi rientra dopo un’assenza prolungata si raccomanda di iniziare con il 20% del carico lavorativo, incrementando progressivamente nei giorni successivi.
  • Promuovere il controllo reciproco tra i lavoratori, per segnalare tempestivamente i sintomi di patologie da calore o di esposizione al sole, e predisporre un piano di emergenza aziendale, con procedure di primo soccorso e indicazioni precise sui comportamenti da adottare in caso di malore.

Il Decalogo ribadisce che la gestione efficace di questi rischi richiede un approccio combinato: osservazione diretta delle condizioni ambientali, utilizzo di strumenti previsionali, formazione continua e responsabilizzazione dei lavoratori.

Le raccomandazioni sono in linea con le migliori prassi adottate nei contesti internazionali e costituiscono, per le aziende italiane, un riferimento operativo concreto da integrare nei sistemi di prevenzione esistenti.

Ondate di calore: soglie operative e allerta meteo

Le Regioni hanno integrato i principali orientamenti nazionali con misure operative legate ai livelli di allerta del Ministero della Salute.

Nelle giornate classificate come “bollino rosso” (allerta livello 3), molte amministrazioni hanno emesso ordinanze che vietano o limitano le attività all’aperto nei settori più esposti, come edilizia, agricoltura, florovivaismo e logistica, nella fascia oraria 12:30–16:00, quando il rischio termico è più elevato (a questo link si trova l’elenco completo dei provvedimenti aggiornati).

In parallelo, si sta diffondendo l’uso di indici microclimatici oggettivi come il WBGT (Wet Bulb Globe Temperature) e l’indice di calore, per attivare in modo tempestivo misure di sicurezza e pause programmate a livello aziendale.

Questi strumenti, indicati anche nelle linee guida nazionali e internazionali, permettono una gestione flessibile del rischio, adattata alle condizioni locali e all’intensità dell’attività fisica.

Quali sono gli standard europei e buone prassi internazionali per la gestione del caldo estremo al lavoro?

La guida EU‑OSHAHeat at work – Guidance for workplaces” (2023) rappresenta il primo riferimento armonizzato a livello europeo per la gestione del rischio da stress da caldo e radiazione solare. Si basa su standard tecnico-operativi consolidati (NIOSH, OMS, ILO) e propone soluzioni pratiche facilmente applicabili nei luoghi di lavoro all’aperto e non. I punti chiave della guida sono:

  • Pause frequenti e zone d’ombra: raccomandate pause programmate, con punti di ristoro ombreggiati o ventilati.
  • Idratazione continua: incoraggiamento a bere regolarmente piccole quantità d’acqua (una tazza circa ogni 15–20 minuti).
  • Protezione individuale: uso obbligatorio di DPI come cappelli a tesa ampia, abiti leggeri e occhiali da sole con filtro UV.
  • Formazione specifica: sessioni dedicate ai rischi da caldo, riconoscimento dei segnali di colpo di calore, comportamento da tenere in emergenza.
  • Piani di emergenza e primo soccorso: procedure aziendali, buddy system e risposta immediata in caso di malore.

Parallelamente, OMS e ILO sottolineano la necessità di integrare il fenomeno caldo-solare nelle politiche di salute e sicurezza sul lavoro, spingendo su azioni strutturali e diritti dei lavoratori. In particolare ILO, con il rapporto “Heat at work: Implications for safety and health”(luglio 2024) mette in evidenza che oltre 2,4 miliardi di lavoratori sono esposti a caldo eccessivo, con quasi 23 milioni di infortuni e oltre 18.900 decessi ogni anno.

L’obiettivo dichiarato è di inserire la protezione dal caldo nei Sistemi Nazionali di Sicurezza e Salute sul Lavoro e di avviare legislazioni specifiche – indicando la formazione, l’idratazione, le pause e l’acclimatazione come misure di base.

Verso un sistema strutturato di prevenzione: le ondate di calore non sono più un’emergenza eccezionale

Il percorso italiano si è concretizzato a giugno 2025 con le linee di indirizzo approvate dalla Conferenza delle Regioni. Questo documento unifica le misure regionali, rafforza gli obblighi di valutazione del rischio e dettaglia gli interventi per i settori più esposti (edilizia, agricoltura, logistica).

Il trend è chiaro: il rischio caldo non è più un’emergenza eccezionale, ma una variabile strutturale da gestire con competenza e strumenti adeguati.

Le imprese devono quindi aggiornare i propri DVR, implementare piani caldo e formare lavoratori e preposti, adottando un approccio preventivo che protegga salute e produttività, nel rispetto delle nuove indicazioni nazionali e internazionali.