Sicurezza sul lavoro

Emergenze e catene di comando: coerenza organizzativa VS caos annunciato

Adottare misure per il controllo delle situazioni di rischio durante le emergenze è fra gli obblighi del datore di lavoro e dei dirigenti
Condividi
Emergenze e catene di comando: coerenza organizzativa VS caos annunciato

Quando si parla di emergenze, spesso si tende ad immaginare uno scenario a parte, un momento sospeso dalle regole ordinarie in cui tutto cambia: priorità, modalità operative, perfino i rapporti gerarchici. In realtà, questa idea porta con sé un errore di fondo. L’emergenza non è un mondo separato.

È una condizione straordinaria che irrompe dentro l’organizzazione esistente, mettendone alla prova la solidità. Se la struttura è coerente e conosciuta, regge. Se invece si tenta di introdurre all’improvviso una catena di comando diversa da quella ordinaria, il rischio è di aggiungere al pericolo fisico un ulteriore elemento di caos: l’incertezza su chi prende le decisioni.

Le emergenze non sono un’eccezione organizzativa

È per questo motivo che il Decreto Legislativo 81/2008 è molto chiaro al proposito: all’articolo 18, tra gli obblighi del datore di lavoro e dei dirigenti, c’è quello di adottare misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e di dare istruzioni precise ai lavoratori.

L’articolo 19, rivolto ai preposti, ribadisce il medesimo obbligo, in chiave più operativa. Ciò significa che l’organizzazione della sicurezza, anche in emergenza, deve poggiare sulle stesse figure previste in condizioni normali.

Non si inventano nuovi responsabili, non si introducono ruoli paralleli o supplenti occasionali. L’efficacia della risposta dipende proprio dal fatto che i ruoli sono noti, riconosciuti, attesi. Tutto ciò che crea ambiguità, al contrario, genera confusione e può compromettere la gestione dell’intervento, l’evacuazione o il coordinamento con i soccorsi esterni.

Ruoli, responsabilità e riconoscibilità durante le emergenze

Una catena di comando è efficace se è stabile. In azienda, ogni lavoratore sa a chi fare riferimento: un dirigente per gli aspetti gestionali, un preposto per il controllo operativo. Questi riferimenti valgono anche in emergenza. Cambiarli improvvisamente, magari affidando la gestione a una figura formata ma estranea al gruppo di lavoro, è una scelta che indebolisce la tenuta dell’organizzazione. In situazioni di crisi, la riconoscibilità dei ruoli è fondamentale.

La mente umana, sotto stress, cerca conferme, punti di appoggio. Chi si trova ad affrontare un incendio, una emergenza sanitaria, un evento improvviso, non ha tempo per interpretare nuovi equilibri: cerca istintivamente chi ha sempre avuto voce in capitolo. E si fida di chi, fino al giorno prima, ha gestito il lavoro ordinario.

ISO 45001 e le relazioni sociali nelle organizzazioni

ISO 45001 riprende e sviluppa una intuizione che era già presente nella direttiva 89/391/CEE, quella che in una organizzazione produttiva si sviluppano non solo rapporti lavorativi, ma anche relazioni sociali come in qualsiasi altra comunità umana. Un ambiente di lavoro è, quindi, prima di tutto un insieme di relazioni, dove la gerarchia formale si deve innestare su una trama di fiducia, di conoscenza reciproca, di linguaggi condivisi.

Chi guida in emergenza deve essere conosciuto, oltre che conoscere il contesto

Chi guida in emergenza deve essere conosciuto, oltre che conoscere il contesto, ed è per questo è importante che dirigenti e preposti siano parte attiva nella gestione della sicurezza e che non si limitino a delegare o cedere il passo ad altri, magari perché considerati “specialisti”, in realtà a volte per cercare di scaricare gli oneri di dovere gestire la preparazione della risposta alle emergenze e le responsabilità di dovere agire in queste circostanze.

L’autorevolezza di chi è chiamato a guidare un’emergenza non nasce da una singola esercitazione annuale, né può essere improvvisata nel momento del bisogno, sperando che basti a farsi ascoltare. Si costruisce giorno dopo giorno, nella gestione ordinaria: nell’attenzione ai dettagli, nella cura delle procedure, nella presenza costante e nella capacità di ascolto.

L’emergenza, in fondo, non fa che mettere alla prova – in modo radicale – la leadership già esistente. E se in quel momento i lavoratori si affidano a figure subordinate, giudicate più credibili o disponibili, il vero problema non è nella procedura: è nella mancanza di fiducia verso chi dovrebbe guidare.

Quando l’improvvisazione fa danni

Nelle aziende in cui si pensa che l’emergenza sia un affare a parte, capita spesso di assistere a simulazioni con “capisquadra” improvvisati, persone anche volenterose ma estranee ai meccanismi gestionali quotidiani. La logica è apparentemente ragionevole: individuare soggetti affidabili, formarli e affidar loro ruoli specifici in caso di pericolo.

Ma questa impostazione presenta almeno due limiti evidenti. Il primo è l’effetto sorpresa: un lavoratore potrebbe trovarsi, nel bel mezzo di un’emergenza, a ricevere istruzioni da una persona che non ha mai considerato un riferimento. La naturale reazione è il dubbio: è legittimato a comandare? Devo davvero seguirlo?

Cos’è il rischio di conflitto?

Il secondo riguarda il rischio di conflitto. Cosa accade se chi è stato incaricato di gestire le emergenze si trova scavalcato dalla figura che normalmente esercita l’autorità, la quale magari minimizza la situazione, nega l’esistenza stessa dell’emergenza o ostacola l’applicazione delle procedure? I lavoratori, in quel momento, a chi dovrebbero dare ascolto?

Oppure, ancora peggio, cosa succede se quella stessa figura ostacola le esercitazioni, rifiutandosi di partecipare alle prove di evacuazione e impedendo anche ai propri sottoposti di farlo, con la scusa – spesso strumentale – della produttività o della perdita di tempo? L’organizzazione si inceppa. E proprio quando dovrebbe dimostrare la massima compattezza, rischia di trovarsi disorientata e frammentata.

L’improvvisazione, poi, spesso non tiene conto delle dinamiche di gruppo. La sicurezza non si garantisce solo con procedure: si costruisce anche attraverso la coerenza. Se le regole cambiano proprio nel momento più critico, l’effetto è disorientante. E in situazioni in cui ogni secondo conta, il disorientamento è un nemico pericoloso.

L’impegno che non si può delegare, soprattutto durante le emergenze

Se non bastasse la logica, anche la normativa è chiara nel designare dirigenti e preposti come soggetti centrali nella gestione della sicurezza, comprese le emergenze. Non si tratta di un ruolo tecnico o limitato a firmare documenti: è un compito che comporta presenza, decisione, capacità di guida.

Non basta formare dei volontari per l’antincendio o per il primo soccorso. Queste figure sono importanti, ma operano all’interno di una struttura organizzativa che resta in carico a chi ha responsabilità gestionali e di controllo.

In altre parole: il capo c’è anche durante l’emergenza. Non può sparire o spostare la responsabilità su altri. Anzi, proprio nelle fasi critiche, la sua presenza è ancora più necessaria. Serve a mantenere la calma, a confermare le decisioni, a fornire indicazioni tempestive. Chi occupa un ruolo di guida non può chiamarsi fuori.

Deve esserci, farsi vedere, assumersi l’onere del comando. Anche perché, in assenza di una guida riconosciuta, è facile che ognuno agisca in modo autonomo, seguendo criteri soggettivi che possono entrare in conflitto. E quando ognuno va per conto suo, l’emergenza diventa disordine.

Coerenza, fiducia e preparazione: gli elementi non visibili della sicurezza

La sicurezza non si fonda solo su norme e procedure. Si basa anche su elementi meno visibili ma altrettanto determinanti: la fiducia nei ruoli, la coerenza tra teoria e prassi, la preparazione che si costruisce nel tempo. L’efficacia nella gestione delle emergenze è direttamente proporzionale alla solidità dell’organizzazione nei periodi ordinari. Se i ruoli sono chiari ogni giorno, saranno chiari anche quando serve reagire.

Se le figure di riferimento sono presenti e attive, saranno riconosciute anche nel momento del bisogno. Se la leadership è credibile, sarà ascoltata. E se non lo è, non basterà un cartellino o una nomina formale a renderla tale.

Chi dirige e chi controlla ha quindi un compito chiaro: esserci sempre, e non solo quando si accendono le sirene. Essere punto di riferimento per il lavoro, ma anche per la sicurezza. Perché l’autorevolezza non si costruisce con le deleghe, ma con la coerenza. E perché, quando arriva l’emergenza, ci si salva insieme. Ma solo se si sa già chi guida.

Condividi

Potrebbero interessarti

Decreto Salva Casa

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 124 del 29 maggio 2024 il Decreto Legge 29 maggio 2024, n. 69 recante “Disposizioni urgenti in materia di...

Nuovo Codice appalti

Un vero e proprio cambio di paradigma, mirato a ristabilire un equilibrio tra la necessità di velocizzare le procedure di appalto e...