Sicurezza sul lavoro

Coronavirus: la normativa speciale

Facciamo il punto sull’emergenza dovuta alla diffusione del COVID- 19 e sui provvedimenti normativi straordinari per la tutela e la sicurezza dei lavoratori. Il datore di lavoro deve aggiornare il DVR?
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Coronavirus: la normativa speciale
Spieghiamo in questo estratto da Tutto Sicurezza e Ambiente l’epidemia da Coronavirus e la normativa speciale applicata in Italia. Dopo aver spiegato cosa è e come si è sviluppato il virus, il prof. Alessio Scarcella introduce il tema della sicurezza sul lavoro, citando i primi provvedimenti del Ministero della Salute e il D.P.C.M. del 23 febbraio 2020. Quali sono le disposizioni del TUSL in situazioni di rischio epidemie e quali sono gli obblighi del datore di lavoro? E’ necessario l’aggiornamento del DVR? 

Cos’è il Coronavirus: ceppi del virus e conseguenze 

I Coronavirus sono una vasta famiglia di virus noti per causare malattie che vanno dal comune raffreddore a malattie più gravi come la Sindrome respiratoria mediorientale (MERS) e la Sindrome respiratoria acuta grave (SARS). Sono virus RNA a filamento positivo, con aspetto simile a una corona al microscopio elettronico. La sottofamiglia Orthocoronavirinae della famiglia Coronaviridae è classificata in quattro generi di coronavirus (CoV): Alpha-, Beta-, Delta– e Gammacoronavirus. Il genere del betacoronavirus è ulteriormente separato in cinque sottogeneri (tra i quali il Sarbecovirus). I Coronavirus sono stati identificati a metà degli anni ’60 e sono noti per infettare l’uomo ed alcuni animali (inclusi uccelli e mammiferi). Le cellule bersaglio primarie sono quelle epiteliali del tratto respiratorio e gastrointestinale. Ad oggi, sette Coronavirus hanno dimostrato di essere in grado di infettare l’uomo: a) Coronavirus umani comuni: HCoV-OC43 e HCoV-HKU1 (Betacoronavirus) e HCoV-229E e HCoV-NL63 (Alphacoronavirus); essi possono causare raffreddori comuni ma anche gravi infezioni del tratto respiratorio inferiore; b) Altri Coronavirus umani (Betacoronavirus): SARS-CoV, MERS-CoV e 2019-nCoV (ora denominato SARS-CoV-2).

Il nuovo Coronavirus “COVID-19”

Un nuovo Coronavirus (nCoV) è un nuovo ceppo di coronavirus che non è stato precedentemente mai identificato nell’uomo. In particolare, quello denominato SARS-CoV-2 (precedentemente 2019-nCoV), non è mai stato identificato prima di essere segnalato a Wuhan, Cina, a dicembre 2019. Il virus che causa l’attuale epidemia di coronavirus è stato chiamato “Sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2” (SARS-CoV-2). Lo ha comunicato l’International Committee on Taxonomy of Viruses (ICTV) che si occupa della designazione e della denominazione dei virus (ovvero specie, genere, famiglia, ecc.). A indicare il nome un gruppo di esperti appositamente incaricati di studiare il nuovo ceppo di coronavirus. Secondo questo pool di scienziati il nuovo coronavirus virus è fratello di quello che ha provocato la Sars (SARS-CoVs), da qui il nome scelto di SARS-CoV-2. La malattia provocata dal nuovo Coronavirus ha un nome: “COVID-19” (dove “CO” sta per corona, “VI” per virus, “D” per disease e “19” indica l’anno in cui si è manifestata).

Coronavirus e normativa speciale in Italia: i primi provvedimenti per prevenire il rischio

Il Ministero della Salute con la circolare 3 febbraio 2020 n. 3190 ha emanato indicazioni per la prevenzione in relazione al rischio “coronavirus”. Le precauzioni sono corrispondenti a quelle da prendere rispetto alle comuni malattie a trasmissione per via respiratoria, mentre vanno segnalati alle autorità sanitarie i “casi sospetti”. Le indicazioni non sono le stesse, ovviamente, per gli operatori sanitari. Il Ministero della Salute con la circolare 3 febbraio 2020 n. 3190 (in G.U. n.44 del 22 febbraio 2020) ha emanato indicazioni per gli operatori dei servizi ed esercizi a contatto con il pubblico per la prevenzione in relazione al rischio “coronavirus”. Il Ministero, descrivendo la situazione epidemiologica, ritiene – come riportato anche dal Centro Europeo per il Controllo delle Malattie – “la probabilità di osservare casi a seguito di trasmissione interumana all’interno dell’Unione Europea … da molto bassa a bassa, se i casi vengono identificati tempestivamente e gestiti in maniera appropriata”.

La tutela dei lavoratori nell’attuale situazione di epidemiologica: cosa prescrive il TUSL?

Per quanto riguarda le indicazioni operative per gli addetti ai servizi ed esercizi a contatto con il pubblico (esclusi gli operatori sanitari), il Ministero ricorda che il TUSL (D.lgs. n. 81/2008) attribuisce al datore di lavoro la responsabilità di tutelare i lavoratori dal rischio biologico. Dato che la situazione di rischio è “attualmente caratterizzata in Italia dall’assenza di circolazione del virus” e casi e contatti a rischio sono finora “solo coloro che hanno avuto contatti ravvicinati e protratti con gli ammalati”, “ad esclusione degli operatori sanitari, si ritiene sufficiente adottare le comuni misure preventive della diffusione delle malattie trasmesse per via respiratoria” in particolare:
  1. lavarsi frequentemente le mani;
  2. porre attenzione all’igiene delle superfici;
  3. evitare i contratti stretti e protratti con persone con sintomi simili a quelli dell’influenza;
  4. adottare ogni ulteriore misura di prevenzione dettata dal datore di lavoro.
Se nel corso dell’attività lavorativa, si venga a contatto con un soggetto che risponde alla definizione di caso sospetto, è necessario contattare i servizi sanitari segnalando che si tratta di caso sospetto per nCoV. Nell’attesa dell’arrivo dei sanitari:
  • evitare contatti ravvicinati con la persona malata;
  • se disponibile, fornirla di una maschera di tipo chirurgico;
  • lavarsi accuratamente le mani;
  • prestare particolare attenzione alle superfici corporee che sono venute eventualmente in contatto con i fluidi (secrezioni respiratorie, urine, feci) del malato;
  • far eliminare in sacchetto impermeabile, direttamente dal paziente, i fazzoletti di carta utilizzati. Il sacchetto sarà smaltito in uno con i materiali infetti prodottisi durante le attività sanitarie del personale di soccorso.

La normativa speciale per prevenire la diffusione del Coronavirus

Sono stati poi emanati due provvedimenti di ordine pubblico per prevenire il diffondersi del contagio del virus Covid-19 isolato in Cina all’inizio del 2020. Si tratta del D.L. 23 febbraio 2020, n. 6 “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 e del DPCM 23 febbraio 2020 “Disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”. A questo si aggiungono le ulteriori disposizioni del dpcm 25 febbraio 2020, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 25 febbraio 2020. Le ultime disposizioni emesse sono contenute nel decreto 8 marzo 2020, consulta questo articolo Il rischio è che il contagio si propaghi ingiustificatamente dall’ambito della salute pubblica a quello della salute e sicurezza sul lavoro, richiedendo alle aziende l’adempimento di obblighi non previsti. Da più parti, ad esempio, pervengono notizie circa la necessità per il datore di lavoro di un aggiornamento della valutazione dei rischi per tener conto dell’esposizione dei lavoratori a questo nuovo “rischio biologico”.

Normativa e Coronavirus: non c’è l’obbligo per il datore di lavoro di aggiornare il DVR

Tuttavia, fatta eccezione per alcune specifiche attività lavorative (per esempio tutti coloro i quali lavorino nel settore della sanità o, comunque, in altri settori adibiti al controllo e contenimento della diffusione del virus), il rischio di contagio da COVID-19 non rappresenta per tutti gli altri un rischio professionale. E solo nei confronti dei rischi professionali (come ricordano anche la definizione di “prevenzione” e di “servizio di prevenzione e protezione”) la normativa impone al datore di lavoro la valutazione dei rischi. Se così non fosse, il datore di lavoro dovrebbe anche valutare i rischi derivanti dal cambiamento climatico o dall’inquinamento atmosferico, rischi tuttavia che non interessano il lavoratore in quanto tale, ma in quanto soggetto appartenente alla popolazione italiana/mondiale interessata da questi fenomeni e né sono aggravati dallo svolgimento dell’attività lavorativa. Un muratore non è maggiormente esposto in cantiere al contagio del virus più di quanto lo sia andando alla posta. Un impiegato non ha un rischio incrementato di ammalarsi andando in ufficio più di quanto lo abbia andando a fare la spesa. Al contrario, un infermiere è, per la natura stessa del suo lavoro, esposto ad una popolazione specificatamente “selezionata” e caratterizzata dal non trovarsi in condizioni di salute e, dunque, manifesta un rischio superiore a quello della popolazione in generale. Pertanto, si ritiene che non vi sia per il datore di lavoro – nella maggioranza dei casi – alcun obbligo specifico di aggiornamento della valutazione del rischio, ferma restando la necessità di garantire ai sensi dell’art. 2087 c.c. l’integrità psicofisica dei propri prestatori di lavoro. Per fare questo deve attenersi alle indicazioni che dovessero arrivare dagli enti pubblici preposti e informare i lavoratori delle disposizioni da prendere.
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