Superfici utili e vincoli paesaggistici: cosa cambia con il Salva Casa

Il Consiglio di Stato evidenzia il mutato regime alla luce delle novità introdotte dalla legge di conversione del decreto Salva Casa
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Superfici utili e vincoli paesaggistici: cosa cambia con il Salva Casa

Una recente pronuncia del Consiglio di Stato segna un cambio di rotta in tema di vincoli paesaggistici in conseguenza all’introduzione della Legge Salva Casa: l’ampliamento delle superfici utili non sempre implica automatica sanabilità. Più spazio all’interpretazione, ma anche nuovi margini di incertezza per l’edilizia in zona vincolata.

Vincoli paesaggistici: i principi fissati dal Salva Casa

La sentenza n. 2269 del 19 marzo 2025, ha sottolineato due principi di fondamentale importanza in tema di sanatoria paesaggistica, per effetto dei quali:

  • ogni superficie che sia qualificabile come meramente accessoria e pertinenziale, non implicante incremento volumetrico, non integra superficie utile e, di conseguenza, non è da ricomprendersi nella preclusione sancita dall’articolo 167, comma 4, del decreto legislativo numero 42/2004, risultando, dunque, sanabile anche in un contesto vincolato;
  • in ogni caso, alla luce del nuovo regime contemplato nel quarto comma dell’articolo 36 bis del d.P.R. 380/01, introdotto dal Salva Casa, è ormai caduto il divieto assoluto di sanatoria paesaggistica postuma, in quanto l’autorità preposta all’accertamento del vincolo deve necessariamente esprimere il proprio parere (con efficacia cogente), anche nel caso di creazione abusiva di nuova superficie utile, intendendosi per tale quella definita dalla giurisprudenza amministrativa prevalente, come potenzialmente utilizzabile in maniera autonoma e non pertinenziale, ossia quella “che può essere oggetto di una fruizione di tipo abitativo/residenziale/commerciale, o comunque atta allo svolgimento di attività umane, non necessariamente private, di varia natura, e cioè di contenuto quasi mai (o raramente) pre-determinato a priori”.

Vincoli paesaggistici post Salva Casa: i fatti di causa

La vicenda trae origine dalla richiesta avanzata da una società concessionaria del servizio di trasporto pubblico di navigazione lagunare, la quale, in seguito alla riduzione della propria concessione demaniale, aveva dovuto richiedere l’accertamento di compatibilità paesaggistica per le opere edilizie con le quali aveva realizzato una nuova passerella in legno, dal molo all’ormeggio dei battelli, utilizzata esclusivamente al fine di permettere l’ormeggio dei natanti e l’imbarco dei clienti.

Il primo grado di giudizio

Ottenuto il parere positivo della Soprintendenza, ed acquisita conseguentemente la regolarizzazione paesaggistica postuma a seguito della presentazione di una SCIA edilizia in sanatoria, il titolare di una concessione confinante, proponeva ricorso innanzi al TAR Veneto contestando la legittimità degli atti.

A suo dire, l’opera realizzata dalla controparte, in conseguenza della modifica della concessione demaniale, aveva determinato la creazione di una nuova superficie utile e, pertanto, non poteva essere oggetto di sanatoria ai sensi dell’articolo 167, comma 4, del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.

Il TAR adito, con la sentenza numero 1486/2024, accoglieva il ricorso, annullando tanto il provvedimento di compatibilità paesaggistica che la SCIA ed avverso tale pronuncia, la società proprietaria del manufatto in contestazione proponeva appello innanzi al Consiglio di Stato.

La decisione del massimo Collegio amministrativo

Il Consiglio di Stato, con la sentenza numero 2269/2025, accertata preliminarmente la piena legittimazione a ricorrere al TAR da parte del soggetto confinante, in quanto titolare di una posizione di vicinitas qualificata (Consiglio di Stato sentenza numero 2973/2024), ha accolto l’appello sulla base delle seguenti osservazioni in punto di diritto.

In primo luogo, il Consiglio di Stato, riconosciuta la natura strettamente pertinenziale ed accessoria della passerella realizzata dalla ricorrente, ha sottolineato come i manufatti che presentino tali contenute e vincolate caratteristiche strutturali e funzionali non ricadono nell’ambito del divieto di sanatoria paesaggistica postuma, imposto dal quarto comma dell’articolo 167 del Decreto Legislativo numero 42/2004.

In particolare, essendo l’opera finalizzata esclusivamente a consentire l’effettivo svolgimento di un servizio pubblico, non avrebbe potuto essere destinata autonomamente ad altre e differenti finalità, dalle quali potesse trarre vantaggio ingiusto ed esclusivo il soggetto proprietario. Per tale ragione, non poteva soggiacere al divieto di accertamento paesaggistico in sanatoria, contenuto nel Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.

La nuova compatibilità paesaggistica introdotta dal Salva Casa

In secondo luogo, il Consiglio di Stato ha evidenziato quanto rilevante sia, anche ai fini dell’accertamento della compatibilità paesaggistica, la modifica prevista dal nuovo articolo 36 bis, numero 4, introdotto nel d.P.R. 380/01 proprio dalla Legge Salva Casa, il quale, pur non essendo direttamente applicabile al caso di specie in quanto diritto sopravvenuto, dev’essere adeguatamente valorizzato per comprendere appieno le ragioni della decisione adottata.

Se, infatti, sottolinea il Consiglio di Stato, la parte che aveva realizzato la nuova passerella successivamente al ridimensionamento della propria concessione demaniale, avesse reiterato la richiesta di accertamento di compatibilità paesaggistica (e di sanatoria postuma), per effetto del mutato quadro normativo di riferimento, avrebbe avuto comunque diritto ad ottenere una valutazione specifica e concreta, in relazione alla sanabilità dell’intervento, da parte della Soprintendenza.

Essendo, infatti, venuto meno il divieto assoluto di accertamento postumo della compatibilità paesaggistica in base all’articolo 36 bis, numero 4, d.P.R. 380/01, anche nel caso di creazione abusiva di superfici utili, realizzate in assenza in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, l’autorità competente in ordine al rispetto del vincolo ed alla sussistenza della relativa compatibilità, avrebbe dovuto comunque esprimere il proprio parere vincolante.

Appello accolto, dunque, ricorso al TAR Veneto definitivamente respinto, ma spese di giudizio compensate in virtù della particolare complessità e novità della materia trattata.

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