Via libera all’utilizzo dello stato legittimo post Salva Casa anche nel contenzioso pendente
Il Tar Lazio, con la sentenza numero 4983 del 10 marzo 2025, ribadisce, ai fini dell’attestazione dello stato legittimo dell’immobile post Legge Salva Casa, la possibilità di ricorrere alla nuova formulazione dell’articolo 9 bis, comma 1 bis, del d.P.R. 380/01, come modificata dal decreto legge numero 69/2024, poi convertito nella legge 105/2024, anche in riferimento a giudizi incardinati precedentemente all’entrata in vigore dell’arresto normativo, in tutte le ipotesi in cui non sia materialmente possibile reperire il titolo edilizio originario, purché la parte abbia fornito un principio di prova utile alla sua identificazione.
Lo stato legittimo post Salva Casa: la vicenda processuale
Gli istanti, proprietari di un villino bifamiliare, volendo procedere ad una parziale ristrutturazione ed alla successiva vendita, hanno chiesto al Comune all’interno del quale era ubicato l’immobile, la copia della licenza edilizia originaria che ne aveva assentito l’edificazione.
L’ufficio tecnico competente, al contrario, ha comunicato loro l’impossibilità materiale di reperire la pur richiesta licenza, nonché l’impossibilità conseguente di dichiarare la legittimità edilizia della costruzione, implicitamente affermando, al contempo, l’irregolarità dell’immobile, in quanto, di fatto, privo di titolo abilitativo.
Nello specifico, la pubblica amministrazione ha esitato l’istanza degli interessati, rappresentando lo smarrimento della concessione edificatoria e l’assegnazione del numero di protocollo ad altro e differente immobile.
Nonostante il contenuto della comunicazione del Comune, i ricorrenti ne avevano, comunque, ricostruito in modo puntuale l’iter autorizzativo: con diligenza e buona fede, infatti, hanno reperito la domanda concessoria ed il progetto allegato, copia dei pareri favorevoli tempo per tempo rilasciato dall’ufficio tecnico, l’autorizzazione all’abitabilità e, addirittura, una certificazione comunale, risalente al 1985, con la quale si attestava l’avvenuto rilascio della licenza edilizia nel 1972.
Ignorando l’intera documentazione prodotta, il Comune ha rigettato l’istanza, limitandosi a richiamare, in maniera del tutto generica ed inconferente, l’assenza del nulla osta paesaggistico, omettendo, però, di effettuare alcuna concreta verifica, riferita alla particolarità del caso concreto.
Proposto ricorso innanzi al Tar Lazio per l’annullamento del provvedimento sopra indicato, nella contumacia dell’intimato, la causa è stata trattenuta in decisione.
La decisione del giudice amministrativo
Il Tar Lazio, con la sentenza numero 4983/2025, ha integralmente accolto il ricorso ed ha annullato il provvedimento impugnato, con condanna alle spese di lite in favore dei ricorrenti, sulla base delle seguenti osservazioni in punto di diritto.
La prima considerazione svolta dal giudicante, riguarda la patologia dell’atto impugnato, integrante gli estremi della carenza di istruttoria e della inadeguata motivazione, in quanto, ad avviso del Collegio, la pubblica amministrazione intimata ha errato nel valutare come impossibile predisporre e redigere, in adesione alle richieste degli istanti, un titolo abilitativo equipollente alla licenza edilizia non rinvenuta nei propri archivi, in quanto, nell’effettuare tale incongruente valutazione, non ha tenuto nel dovuto conto l’esistenza di atti emessi proprio dal Comune, prodotti in copia dai ricorrenti, che presupponevano, essi stessi, la possibilità di rappresentare lo stato legittimo dell’immobile.
Stato legittimo: la possibilità di applicare il Salva Casa
Proprio a detti fini, poi, ed è questa la parte maggiormente interessante della sentenza in commento, il Collegio sottolinea come, in sede di riedizione del potere afferente al provvedimento impugnato, la pubblica amministrazione resistente deve, necessariamente, tenere conto della sopravvenuta normativa, ai fini dell’attestazione dello stato legittimo, rappresentata dalla Legge Salva Casa.
In particolare, viene in rilievo il disposto del nuovo articolo 9-bis, comma 1 bis, del d.P.R. 380/2001, che riguarda proprio l’ipotesi dell’irreperibilità del titolo edilizio, ed al riguardo stabilisce che le disposizioni relative allo stato legittimo dell’immobile, o della singola unità immobiliare “si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non siano disponibili la copia o gli estremi”.
In proposito, il Tar Lazio, ha ribadito che tale norma, anche se temporalmente entrata in vigore in epoca successiva all’introduzione della lite, è certamente applicabile anche a fatti pregressi e risalenti nel tempo, a condizione che ricorrano, come nel caso di specie, i due elementi integrati da:
- un contenzioso in essere;
- la necessità di una nuova valutazione dell’intera procedura da parte dell’amministrazione, che abbia fatto un uso distorto dei poteri istruttori e discrezionali, ad essa riferibili per legge.
La necessità della diligenza probatoria del privato
Ovviamente, dalla lettura della pronuncia, emerge con chiarezza che, intanto è legittimamente possibile invocare il quadro normativo sopravvenuto ed appena ricordato, in quanto ciò non si traduca in un’inversione dell’onere probatorio o in un abuso del privato, il quale, per parte sua, deve dare prova di essersi adeguato al dettato legislativo con trasparenza e buona fede, potendo così, fare ricorso, ai fini dell’attestazione dello stato legittimo dell’immobile di sua proprietà, alla sussistenza di un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non siano disponibili la copia o gli estremi.
In tale ipotesi, certamente sussistente nel caso di specie, attesa l’ingente quantità di documenti prodotti dai ricorrenti, gran parte dei quali provenienti proprio dal Comune, che pur avendoli rilasciati li ha colpevolmente trascurati in sede di emanazione del provvedimento annullato, il quarto ed il quinto periodo del citato comma 1-bis, dell’articolo 9-bis del d.P.R. 380/01, stabiliscono che: “lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali”.
Sulla base di queste considerazioni, dunque, ricorso accolto e provvedimento annullato, con la chiara indicazione, da parte del Tar Lazio, di ricorrere al Salva Casa come ad un’opportunità da cogliere per porre fine a tutte quelle situazioni, risalenti nel tempo, rispetto alle quali la condotta negligente della pubblica amministrazione si traduce in un onere gravoso ed intollerabile per i privati diligenti.