Terremoto in Myanmar, che cosa è successo e perché. Arrivano aiuti dall’UE

Il terremoto in Myanmar del 28 marzo 2025, per la sua potenza (Mw 7.7) con effetti devastanti su un’area eccezionalmente vasta, ha suscitato una particolare attenzione da parte degli esperti. L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha diffuso un report in cui inquadra il fenomeno nell’evoluzione della Sagaing Fault, una delle faglie attive e sismicamente più pericolose del sud-est asiatico, lunga centinaia di chilometri e orientata nord-sud, che si estende dal Mare delle Andamane, a sud, all’Himalaya sud-orientale, a nord.
La faglia di Sagaing e la placca indiana
Il sisma, durato per circa 90 secondi, con epicentro compreso tra i 15 e i 24 chilometri di profondità, sembrerebbe aver attivato una sezione di circa 200 chilometri della faglia, nota per non essersi rotta da oltre un secolo, nella zona di collisione tettonica tra la placca indiana e la parte sud-orientale della placca eurasiatica.
È dal Cenozoico che la placca indiana, con l’India e il Myanmar occidentale, si muove verso nord-est, causando la compressione della crosta terrestre a nord dell’India e la spinta laterale di blocchi di crosta attorno alla parte orientale dell’Himalaya. Il movimento relativo fra questa placca e quella euroasiatica è stimabile in 35-36 millimetri all’anno. Secondo prime stime dell’INGV, nell’area epicentrale del terremoto del 28 marzo 2025, le deformazioni orizzontali attese raggiungono circa 1.5 metri e quelle verticali circa 0.5 m.
Terremoto in Myanmar: i tragici precedenti
Il terremoto, quindi, interessa una zona che è stata sede di fortissimi terremoti avvenuti nel negli ultimi decenni, con eventi sismici di magnitudo stimata anche uguale o superiore a 8, alcuni dei quali generati dall’attivazione di segmenti della faglia di Sagaing, che potrebbe essere responsabile del terremoto. Il tratto colpito sembrerebbe lo stesso coinvolto nel grande terremoto del 1839 (M7.9–8.3), e parzialmente sovrapposto agli eventi del 1930, 1946 e 1956.
Pare che ad aggravare l’impatto del sisma abbiano probabilmente contribuito ulteriori effetti geologici sismoindotti, fra i quali la liquefazione del terreno. La zona colpita dal terremoto è infatti attraversata da grandi corsi d’acqua come l’Ayeyarwady (anche noto come Irrawaddy), il fiume principale del Myanmar. I sedimenti fluviali depositati nel corso di migliaia di anni, costituiti da strati di sabbia, limo e argilla, hanno creato terreni alluvionali, geologicamente instabili, soprattutto quando saturi d’acqua. Forti scuotimenti sismici possono causare il fenomeno della liquefazione del suolo che, perdendo consistenza, non è più in grado di sostenere gli edifici e le infrastrutture.
Distruzione a oltre 1000 km di distanza: il motivo
Carlo Doglioni, presidente INGV, ha dichiarato a Repubblica che “è stupefacente che siano crollati palazzi a Bangkok: a 1300 chilometri di distanza dall’epicentro. Come se una scossa a Palermo avesse distrutto Monaco. Non è spiegabile che un terremoto provochi danni a oltre mille chilometri. A meno che non si ipotizzi un fenomeno di amplificazione locale: e in effetti Bangkok è costruita su giacimenti alluvionali in prossimità della riva del mare. Un contesto geologico che può aver amplificato una scossa arrivata da così lontano“.
“Anche da noi c’è nel sottosuolo un prolungato accumulo di energia e poi il suo rilascio sotto forma di eventi sismici“, ha aggiunto Doglioni. “La grande differenza, per nostra fortuna, è che qui le velocità in gioco sono 10 volte inferiori. La placca indiana mostra uno spostamento di 3-4 centimetri all’anno, mentre l’Appennino si dilata a una velocità di 4 millimetri annui. Di conseguenza frequenza e magnitudo sono minori. In Italia le zone che in futuro potrebbero essere aree epicentrali sono molto diffuse e sappiamo dalla statistica che prima o poi avremo lì dei terremoti, perché c’è una media di 20-24 terremoti al secolo di magnitudo superiore a 5.5“.
L’Unione Europea per le popolazioni colpite dal terremoto in Myanmar
La Commissione europea ha stanziato finora 13 milioni di euro in aiuti umanitari per far fronte alle conseguenze del terremoto in Myanmar. I finanziamenti, che fanno parte di aiuti umanitari più ampi per 46 milioni di euro nel corso del 2025, forniranno rifugi di emergenza, assistenza medica, acqua pulita e strutture igienico-sanitarie alle comunità colpite, nonché ricerca e ricongiungimento familiare.
Un primo volo del ponte aereo umanitario da Copenaghen a Yangon ha trasportato 80 tonnellate di forniture essenziali dell’UE, distribuite a terra dall’UNICEF. La priorità ora è garantire il libero accesso nelle aree colpite alle organizzazioni umanitarie e far sì che gli aiuti umanitari raggiungano le persone bisognose il più rapidamente possibile. A tal fine, l’UE chiede il pieno rispetto del diritto internazionale umanitario e l’adozione di tutte le misure necessarie per proteggere i civili e gli operatori umanitari. Per rafforzare il coordinamento con i partner umanitari, sono presenti 12 esperti e due funzionari di collegamento europei. Inoltre, il Centro di coordinamento della risposta alle emergenze dell’UE sostiene la valutazione a distanza dei danni mediante capacità analitiche e scientifiche e il servizio di gestione delle emergenze di Copernicus.
(Articolo pubblicato il 2 aprile 2025, aggiornato l’8 aprile)