Aree marine protette e limiti di costruzione: la petizione da 26mila firme

Nel 2019 il turismo resta il vero petrolio d’Italia con i suoi 40 miliardi di introiti. Questo 2020, causa Covid-19 sarà diverso. Ma dalla montagna al mare, passando per le grandi città d’arte, il turismo è una leva della nostra economia strategica. Proprio per questo motivo questa ricchezza va protetta e tutelata al massimo.
A questo proposito il 29 ottobre 1999 è stato emanato il Decreto Legislativo n. 490 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali ed ambientali”, che, tra le altre cose, sottopone a tutela in ragione del loro interesse paesaggistico:
- i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;
- i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;
- i fiumi, i torrenti ed i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;
- le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;
- i ghiacciai e i circhi glaciali;
- i parchi e le riserve nazionali e/o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi;
- i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento;
- le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;
- le zone umide incluse nell’elenco previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 13 marzo 1976;
- i vulcani;
- le zone di interesse archeologico.
Le aree marine protette
Focalizzando l’attenzione in particolare sui territori costieri, le aree marine protette sono istituite ai sensi delle leggi n. 979 del 1982 e n. 394 del 1991 con un Decreto del Ministro dell’Ambiente, che contiene la denominazione e la delimitazione dell’area, gli obiettivi e la disciplina di tutela a cui è finalizzata la protezione. Tali aree sono costituite da ambienti marini, dati dalle acque, dai fondali e dai tratti di costa prospicenti, che presentano un rilevante interesse per le caratteristiche naturali, geomorfologiche, fisiche, biochimiche con particolare riguardo alla flora e alla fauna marine e costiere e per l’importanza scientifica, ecologica, culturale, educativa ed economica che rivestono.
Ogni area marina protetta generalmente è suddivisa in tre tipologie di zone con diversi gradi di tutela:
Zona A – Riserva Integrale
È interdetta a tutte le attività che possano arrecare danno o disturbo all’ambiente marino. La zona A è il vero cuore della riserva. In tale zona, individuata in ambiti ridotti, sono consentite in genere unicamente le attività di ricerca scientifica e le attività di servizio. L’intento è quello di assicurare la massima protezione agli ambiti di maggior valore ambientale, applicando in modo rigoroso i vincoli stabiliti dalla legge;
Zona B – Riserva Generale
Qui sono consentite, spesso regolamentate e autorizzate dall’organismo di gestione, una serie di attività che, pur concedendo una fruizione ed uso sostenibile dell’ambiente influiscono con il minor impatto possibile. Anche le zone B di solito non sono molto estese.
Zona C – Riserva Parziale
Rappresenta la fascia tampone tra le zone di maggior valore naturalistico e i settori esterni all’area marina protetta, dove sono consentite e regolamentate dall’organismo di gestione, oltre a quanto già consentito nelle altre zone, le attività di fruizione ed uso sostenibile del mare di modesto impatto ambientale. La maggior estensione dell’area marina protetta in genere ricade in zona C.
Con le zone B e C si vuole assicurare una gradualità di protezione attuando, attraverso i Decreti Istitutivi, delle eccezioni (deroghe) a tali vincoli al fine di coniugare la conservazione dei valori ambientali con la fruizione ed uso sostenibile dell’ambiente marino.
La fascia di inedificabilità e il caso Sardegna
Utilizzando questi strumenti normativi, in pochi mesi oltre 26 mila persone hanno sottoscritto una petizione popolare per la salvaguardia delle coste sarde rivolta al Ministro per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo e ai presidenti della Regione Autonoma della Sardegna e del relativo Consiglio regionale, proprio per il mantenimento dei vincoli di inedificabilità nella fascia dei 300 metri dal mare.
“Di-sa-stro” – Stefano Deliperi, portavoce del Gruppo d’Intervento Giuridico (GRIG), promotore della raccolta firme, scandisce bene ed alta voce la parola per sottolineare il rischio che corrono le coste sarde con il nuovo Piano Casa. Deliperi da anni si batte in prima persona per difendere la sua terra e le aree marine protette.
“L’ultimo tassello arriva dal centrodestra e dalla stessa Giunta Solinas, ma è in perfetta continuità con altre scelte compiute dal centrosinistra. Con la nuova legge, se andasse in porto, rischieremmo che decine e decine di alberghi costruiti entro il limite dei trecento metri dalla battigia, ottengano legittimamente il permesso di realizzare ampliamenti volumetrici. Parliamo – prosegue Deliperi – di alberghi a volte mostruosi. Sono quelle strutture realizzate tra gli anni ’60 e ’80, quando la sensibilità ambientale non esisteva”.
Facciamo qualche esempio concreto: “C’è quel gioiello che erano le Rocce Rosse (Teulada) oppure di Baia di Conte (Alghero). Ma la minaccia incombe anche su Stintino, Santa Teresa di Gallura, Villasimius e sulla Costa Smeralda già martoriata dal cemento”, spiega Deliperi. Aggiunge: “Si tratta di strutture realizzate secondo le leggi e di ampliamenti che sarebbero realizzati legittimamente”. Insomma, nessun abuso edilizio, qui le responsabilità sono politiche. E chi cerca di difendere il territorio rischia di avere le armi spuntate.
Il rischio di una nuova speculazione immobiliare
E infine Deliperi conclude: “Riprendere la speculazione immobiliare lungo le coste sarde è un intento ottuso ed autolesionista: si tratta della parte più pregiata del patrimonio ambientale e paesaggistico isolano, il fondamentale richiamo turistico, elemento di grande importanza per un’economia locale sempre più disastrata, grazie soprattutto alla mancanza di efficaci interventi nei settori nevralgici dei trasporti e della politica scolastica. Basti pensare che le strutture alberghiere vengono utilizzate per il 54% nel mese di agosto e solamente per l’1% nei mesi di gennaio e di dicembre. Chiunque abbia a cuore la Sardegna e le sue coste faccia concretamente la sua parte. Rimbocchiamoci le maniche, firmiamo e facciamo firmare la petizione per difendere le coste della Sardegna”.