Nel pieno dell’inverno di quest’anno la Commissione europea ha pubblicato un importante documento, in chiave “transizione ecologica”. Si tratta degli “orientamenti tecnici sull’applicazione del principio non arrecare un danno significativo a norma del regolamento sul dispositivo per la ripresa e la resilienza, il regolamento che ha dato il là al nostro PNRR (che di recente ha ottenuto il “via libera a pieni voti” dalla Commissione europea).
In particolare, il regolamento RRF (Recovery and Resilience Facility) stabilisce che nessuna misura inserita in un piano per la ripresa e la resilienza (RRP, Recovery and Resilience Plan) debba arrecare danno agli obiettivi ambientali ai sensi dell’articolo 17 del “regolamento Tassonomia”. Detto in altri termini, ai sensi del regolamento RRF, la valutazione degli RRP deve garantire che ogni singola misura (ossia ciascuna riforma e ciascun investimento) inclusa nel piano sia conforme al principio «non arrecare un danno significativo» (DNSH, «do no significant harm»).
Con il regolamento Tassonomia si indica il regolamento (UE) 2020/852 relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili, tramite la definizione di un sistema di classificazione (tassonomia) delle attività economiche ecosostenibili.
(Ma) che cos’è il principio “non arrecare un danno significativo”?
Lo sintetizza bene la stessa Commissione, che elenca – ai sensi del regolamento RRF – i sei casi nei quali, a contrario, un’attività deve essere considerata causa di un danno significativo.
In estrema sintesi, “si considera che un’attività arreca un danno significativo alla:
mitigazione dei cambiamenti climatici se conduce a significative emissioni di gas a effetto serra;
adattamento ai cambiamenti climatici se conduce a un peggioramento degli effetti negativi del clima attuale e del clima futuro;
uso sostenibile e alla protezione delle acque e delle risorse marine se compromette il buono stato o il buon potenziale ecologico di corpi idrici, comprese le acque di superficie e sotterranee, o al buono stato ecologico delle acque marine;
economia circolare, compresi la prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti, se conduce a inefficienze significative nell’uso dei materiali o nell’uso diretto o indiretto di risorse naturali, o se comporta un aumento significativo della produzione, dell’incenerimento o dello smaltimento dei rifiuti. Oppure se lo smaltimento a lungo termine dei rifiuti potrebbe causare un danno significativo e a lungo termine all’ambiente;
prevenzione e alla riduzione dell’inquinamento se comporta un aumento significativo delle emissioni di sostanze inquinanti nell’aria, nell’acqua o nel suolo;
protezione e al ripristino della biodiversità e degli ecosistemi se nuoce in misura significativa alla buona condizione e alla resilienza degli ecosistemi, o nuoce allo stato di conservazione degli habitat e delle specie, compresi quelli di interesse per l’Unione.
Il danno significativo da incenerimento
Un “classico” esempio di “non conformità con il principio DNSH” – specifica la Commissione, è quello “da incenerimento di rifiuti”, tout court.
Nel descrivere la misura, la Commissione spiega i “singoli perché” della sua presa di posizione. E, nel rispondere alla “domanda clou” afferma che, sebbene questa misura miri a evitare, tra le altre cose, il conferimento in discarica di rifiuti combustibili non riciclabili, tuttavia “è probabile che essa generi o «comporti un aumento significativo della produzione, dell’incenerimento o dello smaltimento dei rifiuti, ad eccezione dell’incenerimento di rifiuti pericolosi non riciclabili» per una serie di motivi.
La misura consiste in un investimento volto a sostenere la costruzione di nuovi inceneritori di rifiuti per aumentare la capacità esistente nel paese. L’obiettivo della misura è ridurre il conferimento in discarica dei rifiuti solidi urbani non pericolosi e produrre energia attraverso l’incenerimento”, altrimenti detto termovalorizzazione.
La “domanda clou” ha a che fare con la transizione verso un’economia circolare, compresi la prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti.
“Ci si attende – si chiede retoricamente la Commissione – che la misura: (i)comporti un aumento significativo della produzione, dell’incenerimento o dello smaltimento dei rifiuti, ad eccezione dell’incenerimento di rifiuti pericolosi non riciclabili; o
(ii)comporti inefficienze significative, non minimizzate da misure adeguate, nell’uso diretto o indiretto di risorse naturali in qualunque fase del loro ciclo di vita; o
(iii)causi un danno ambientale significativo e a lungo termine sotto il profilo dell’economia circolare?”
Danni ambientali e le alternative a basso impatto
Innanzitutto “la costruzione di nuovi inceneritori di rifiuti per aumentare la capacità di incenerimento esistente nel paese comporta un aumento significativo dell’incenerimento di rifiuti che non rientrano nella categoria dei rifiuti pericolosi non riciclabili”. Di conseguenza, essa costituisce una violazione del divieto di arrecare danni significativi agli obiettivi ambientali.
Quindi, la misura ostacola lo sviluppo e la diffusione delle alternative a basso impatto disponibili che hanno livelli più elevati di prestazioni ambientali (ad esempio riutilizzo, riciclaggio). E potrebbe determinare una dipendenza da beni che, tenuto conto della loro durata di vita e della loro capacità, sono ad alto impatto.
Infine, quantità significative di rifiuti non pericolosi (senza una distinzione tra rifiuti riciclabili e non riciclabili) potrebbero essere utilizzate come materia prima, impedendo così, per i rifiuti riciclabili, un trattamento più elevato nella gerarchia dei rifiuti, compreso il riciclaggio. “Ciò comprometterebbe il conseguimento degli obiettivi di riciclaggio a livello nazionale/regionale e la realizzazione del piano nazionale/regionale/locale di gestione dei rifiuti adottato conformemente alla direttiva quadro sui rifiuti modificata”.
Il ruolo del Waste To Energy nella transizione verde
Di diverso avviso un recente report del “Laboratorio REF”, che in uno snello documento dello scorso dicembre (“Il ruolo del Waste-to-energy nella transizione verde”) ha svolto più di una riflessione “che si rende necessaria in vista del ruolo che il Waste To Energysarà chiamato ad assolvere a complemento degli obiettivi di riciclaggio e smaltimento in discarica, anche oltre il 2035.
Senza dimenticare l’importanza che il Waste To Energy può rivestire nell’ambizioso percorso di decarbonizzazione. Che, entro il 2050, mira a rendere l’Unione Europea (UE) neutrale dal punto di vista delle emissioni nette di gas a effetto serra”.
Conclusioni (inattese?)
E così, dopo aver correttamente richiamato la gerarchia dei rifiuti, e fatto cenno agli strumenti economici a sostegno del riciclaggio (sintetizzati in una eloquente infografica); dopo aver spiegato perché il “WTE può contribuire alla decarbonizzazione”; e dopo aver sottolineato che “i nuovi strumenti economici sembrano suggerire un ruolo residuale per l’incentivazione dell’incenerimento”, e che i parametri ambientali di finanziamento sono sempre più stringenti; e ancora, dopo aver evidenziato che “gli incentivi al WTE vanno mantenuti, ma modulati in ossequio alla gerarchia dei rifiuti”; ecco, dopo tutto questo e tanto altro (valutazioni tecniche; incidenza degli oneri di sistema in bolletta; incentivazione delle rinnovabili in Italia; incidenza del costo dell’incentivazione agli inceneritori), e senza dimenticare l’analisi sulla eventuale “overcapacity”, è giunta a conclusioni differenti da quelle che, di lì a poche settimane, sarebbero state fatte proprie dalla Commissione.
Waste to energy e incenerimento in discarica, il quadro
“Va da sé che l’analisi sulla eventuale «overcapacity» debba essere condotta analizzando i dati reali, evitando visioni ideologiche sulle traiettorie di sviluppo della riduzione di produzione di rifiuti, di incremento delle raccolte differenziate e di performance del riciclo, che portano ad escludere la necessità di realizzare gli impianti.
Dai recenti criteri di impiego del JTF e dai nuovi criteri per i fondi regionali del Cohesion Fund, sembra arrivare un’ulteriore stretta alla possibilità di finanziare con fondi europei nuovi inceneritori e nuove discariche, orientando le risorse verso i livelli più elevati della gerarchia dei rifiuti.
In sintesi, siamo di fronte a due elementi fattuali, apparentemente in contrasto fra loro, ma che invece andrebbero coniugati:
Il Waste To Energy potrà avere un ruolo nel processo di decarbonizzazione della gestione dei rifiuti, che non può prescindere da una sottrazione del rifiuto alle discariche attraverso un incremento della raccolta differenziata e del riciclaggio, ma che passa anche per il trattamento degli scarti e dei sovvalli. Questo primo elemento sembra essere ricompreso nell’impostazione pragmatica del Commissario europeo Sinkevičius, che specifica come i suddetti impianti possano essere finanziati dalla BEI, a patto che riducano al minimo le emissioni: un approccio coerente con quanto prescritto dal Green Deal.
L’incenerimento e lo smaltimento in discarica andranno scoraggiati. Prediligendo forme di gestione del rifiuto gerarchicamente preordinate, a partire dal riutilizzo e dal riciclaggio:
un’impostazione coerente con quanto prescritto dalla Direttiva 2018/851 del Pacchetto Economia Circolare, di recente recepita nel nostro ordinamento, dal nuovo Piano d’Azione per l’Economia Circolare e dai più recenti criteri sull’impiego dei nuovi fondi europei”.
Est modus in rebus: c’è incenerimento ed incenerimento
Conclusioni che appaiono ispirate – lo si è appena visto a proposito della “overcapacity” – ad un sano pragmatismo. Laddove sano significa sostenibile, nella sua moderna e più corretta declinazione: non solo sostenibilità ambientale, ma anche economica, sociale, sanitaria. Sano se, tuttavia, conscio dei propri limiti, anche giuridici.
Al recupero di energia dai rifiuti – si sottolinea nel report – “non è stato ancora riconosciuto un ruolo nel percorso di decarbonizzazione, coerente con il suo potenziale”.
Non si discute l’obiettivo finale. Ma si sottolinea che “la produzione di energia da rifiuti, in qualità di tecnologia transitoria, continuerà a giocare un ruolo nella promozione dell’Economia Circolare, atteso che il complemento allo sviluppo del riciclaggio e alla minimizzazione dello smaltimento in discarica è rappresentato proprio dal recupero di energia dai rifiuti”.
“Se gli orientamenti comunitari spingono per un graduale abbandono degli incentivi per incenerimento e discarica, concentrando gli sforzi su prevenzione e reimpiego dei prodotti, viene comunque ribadito il peso specifico per il WTE nella chiusura del ciclo di gestione, quale opzione ambientalmente preferibile alla discarica”.
L’ultimo riferimento alla carenza di impianti Waste To Energy in vaste aree del Paese, e alla consapevolezza della loro necessità spingono verso la soluzione opposta a quella indicata dalla Commissione: occorre costruire più inceneritori.
Abbandoniamo gli integralismi
Forse una terza via, fra chi ritiene che gli inceneritori non siano sostenibili, e chi al contrario ne auspica l’ampliamento in termini numerici e tecnologici, esiste. Ovvero: spogliarsi delle ideologie preconfezionate, dagli opposti integralismi. E– come (solo) in parte sembra emergere dal report – considerare che l’incenerimento, come opzione residuale fra quelle volte al recupero, è comunque indispensabile, per chiudere un cerchio che diversamente si chiuderebbe altrove (in discarica), con danni diversamente (in peggio) significativi.
E che non tutte le operazioni di incenerimento sono uguali:
quelle effettuate in impianti di incenerimento (“incenerimento tout court”) costituiscono a tutti gli effetti un’attività di smaltimento dei rifiuti, anche se viene recuperata una parte di energia;
quelle effettuate in altri impianti (in cui questo può avvenire: ad esempio, nei cementifici), la stessa operazione non è di smaltimento, ma di recupero (di energia, laddove diversamente, per produrre cemento, si sarebbe utilizzata una fonte fossile primaria, il petrolio e i suoi derivati).
La Corte di Giustizia lo dice da quasi una ventina d’anni. E forse sarebbe il caso di spiegarlo bene agli integralisti di ogni latitudine…
Con ordinanza 9 ottobre 2025, n. 887 il TAR Brescia ha sollevato due potenziali questioni di legittimità costituzionale relative alla L.R. Lombardia...