Rifiuti

La gestione dei rifiuti tra costi e opportunità

Economia circolare e crescita economica e ambientale: i costi della gestione rifiuti e le opportunità. L'Istat fa i conti e FISE Assoambiente propone una Strategia nazionale
Condividi
La gestione dei rifiuti tra costi e opportunità

L’ISTAT ha pubblicato l’aggiornamento al 2018 degli indici annuali dei costi di gestione dei rifiuti, che mostrano come, rispetto al 2017, ci sia un aumento dello 0,6% trainato dagli acquisti di beni e servizi.

Quasi contemporaneamente FISE ASSOAMBIENTE ha pubblicato il RapportoPer una Strategia Nazionale dei rifiuti”, nel quale si sottolinea che, per non perdere l’opportunità di crescita fornita dalla Circular Economy in termini economici e di sostenibilità ambientale, è ora di definire su scala nazionale una “strategia per la gestione rifiuti” di lungo periodo che indirizzi tutto il sistema pubblico e gli operatori privati nella stessa direzione.

L’indice dei costi di gestione dei rifiuti secondo l’ISTAT Guida alla lettura dei dati L’economia circolare e le molteplici sostenibilità La Strategia Nazionale per la gestione dei rifiuti di FISE Assoambiente Le quattro direttrici della Strategia

L’indice dei costi di gestione dei rifiuti secondo l’ISTAT

Rispetto al 2017 il costo di gestione dei rifiuti risulta in aumento dello 0,6%, trainato dagli acquisti di beni e servizi (+1,4%), a fronte di riduzioni per le spese del personale (-1,2%) e del costo d’uso del capitale (-1,0%).

Questi, in estrema sintesi, i risultati dell’analisi condotta dall’ISTAT sull’aggiornamento al 2018 degli indici annuali dei costi di gestione dei rifiuti (con base di riferimento 2015=100): negli ultimi anni l’incremento nell’indice è più marcato per quanto riguarda la voce “recupero dei materiali” rispetto a quella dedicata a “raccolta, trattamento e smaltimento”.

Nel comunicato stampa che accompagna il report, l’ISTAT sottolinea che “rispetto ai due sotto-settori economici che compongono l’indice totale (raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti il primo, recupero dei materiali il secondo), l’andamento dei costi nel 2018 mostra che il settore che ha fatto registrare maggiori aumenti è stato quello del recupero dei materiali (+1,1%) rispetto a quello dell’attività di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti (+0,3%)”.

Guida alla lettura dei costi di gestione rifiuti 

Gli indici dei costi di gestione dei rifiuti, che misurano l’andamento nel tempo dei costi di produzione delle attività di gestione dei rifiuti, con riferimento all’acquisto di beni e servizi, al costo del personale dipendente e al costo d’uso del capitale:
  • si riferiscono alle attività di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti e al recupero dei materiali (divisione 38 dell’Ateco 2007), e
  • sono calcolati con la formulazione di Laspeyres e sistema di ponderazione fisso riferito all’anno 2015 (media aritmetica ponderata con la struttura di ponderazione dell’anno 2015). In assenza di fonti informative rilevanti per la produzione di indici di prezzo alla produzione per il settore della gestione dei rifiuti, l’ISTAT ha progettato e implementato un nuovo indicatore di tipo indiretto, in grado di sfruttare tutto il patrimonio informativo disponibile presso l’Istituto.

In conclusione, l’ISTAT evidenzia che il costo per la gestione dei circa 135 milioni di tonnellate di rifiuti speciali e dei circa 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani è ingente e comporta investimenti dedicati, ma ha indubbi vantaggi ambientali e sociali, purché l’ottica sia quella che fa perno sulla sostenibilità e sulla prossimità.

In Italia si producono ogni anno 135 milioni di ton di rifiuti speciali e circa 30 milioni di rifiuti urbani, di cui avviamo a riciclo, rispettivamente, il 65% (92 milioni di tonnellate) e il 47% (15 milioni di tonnellate).

L’economia circolare e le molteplici sostenibilità

Benefici ambientali ed economici possono derivare anche dalla Circular Economy: per realizzarli, tuttavia, è necessario ripensare con un approccio pragmatico e programmatico alla gestione dei rifiuti.

L’Economia circolare e il potenziamento delle attività di riciclo rappresentano la strada per una crescita all’insegna delle molteplici sostenibilità (ambientale, ma anche economica, finanziaria, sociale; basti pensare al dilemma: lavoro, salute o salubrità ambientale, che finora ha caratterizzato grande parte delle scelte industriali), anche al fine di rispondere alla sempre più scarsa disponibilità di materie prime.

Ma per rendere effettivo e completo un modello di economia circolare, è imprescindibile appunto realizzare le condizioni per “chiudere il cerchio” della gestione rifiuti: aumentare riciclo e recupero energetico per minimizzare l’uso delle discariche.

La Strategia Nazionale per la gestione dei rifiuti di FISE Assoambiente

  • “Per cogliere la sfida europea della Circular Economy (65% di riciclo effettivo e 10% in discarica al 2035 per i rifiuti urbani) occorrerà: aumentare sensibilmente la raccolta differenziata (fino all’80%, considerato il tasso di resa rispetto ai rifiuti urbani intercettati) e la capacità di riciclo (+4 mln di tonnellate) del nostro Paese,
  • limitando il tasso di conferimento in discarica e innalzando al 25% la percentuale di valorizzazione energetica dei rifiuti al fine di chiudere il ciclo”.
E “per non perdere questa opportunità di crescita in termini economici e di sostenibilità ambientale è ora di definire su scala nazionale una “strategia per la gestione rifiuti” di lungo periodo che indirizzi tutto il sistema pubblico e gli operatori privati nella stessa direzione. Necessari investimenti in impianti di riciclo, recupero e smaltimento per 10 miliardi di euro”. Sono questi i principali risultati emersi dal Rapporto “Per una Strategia Nazionale dei rifiuti”, presentato pochi giorni fa a Roma da FISE Assoambiente, l’Associazione delle imprese di igiene urbana, riciclo, recupero e smaltimento di rifiuti urbani e speciali ed attività di bonifica: uno studio dal quale emerge che, per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità occorrerà:
  • ricorrere a strumenti economici a sostegno dell’utilizzo dei materiali riciclati;
  • aumentare l’uso di sottoprodotti e materiali end of waste;
  • adottare un quadro normativo chiaro per il settore che semplifichi le procedure di autorizzazione, spinga investimenti e competizione fra imprese, consentendo di realizzare tutti gli impianti necessari;
  • adottare – per dirla con le parole di Chicco Testa, presidente dell’associazione, una “Strategia Nazionale di gestione dei rifiuti che, al pari di quella energetica, fornisca una visione nel medio-lungo periodo (almeno ventennale) migliorando le attuali performance. Fare economia circolare significa disporre degli impianti di gestione dei rifiuti con capacità e dimensioni adeguate alla domanda. In Italia servono impianti di recupero (di materia e di energia) capaci non solo di sostenere il flusso crescente in particolare delle raccolte differenziate di rifiuti, ma anche di sopportare fasi di crisi dei mercati esteri; servono anche impianti di smaltimento finale (discariche), capaci di gestire i rifiuti residuali quali gli scarti generati dal processo di riciclo e quelli che non possono essere avviati a recupero o a trattamenti. Un investimento complessivo che richiederà 10 mld di euro”.

Le quattro direttrici della Strategia nazionale per gli obiettivi 2035

Lo studio evidenzia che, per raggiungere gli obiettivi fissati al 2035, l’Italia dovrà muoversi lungo 4 direttrici. La prima – secondo FISE Assoambiente – riguarda la limitazione dell’import/export dei rifiuti da e per l’Italia, che movimenta ogni anno quasi 10 mln di tonnellate di rifiuti: una diseconomia che, per carenza di impianti, produce una perdita di potenziale di materia ed energia.

In secondo luogo occorre dotarsi di un sistema impiantistico adeguato al proprio fabbisogno, pianificando la realizzazione nei prossimi 15/20 anni: servono oltre 20 impianti per le principali filiere del riciclo, 22 impianti di digestione anaerobica per il riciclo della frazione umida, 24 impianti di termovalorizzazione, 53 impianti di discarica per gestire i flussi dei rifiuti urbani e speciali.

Quindi occorre bloccare quello che l’associazione chiama il “turismo dei rifiuti” all’interno dei confini nazionali: rifiuti che vengono movimentati da una regione all’altra, a causa della mancanza di impianti di smaltimento. Con buona pace del principio di prossimità…

Infine, occorre riconsiderare la gestione delle discariche, facendo riferimento solo a impianti moderni e sostenibili cui destinare esclusivamente le frazioni residuali opportunamente trattate.

Condividi

Potrebbero interessarti

Condominio

Dalla costituzione del condominio alla gestione delle tabelle millesimali, dalle delibere assembleari ai lavori edilizi e ai titoli abilitativi:...

Decreto Salva Casa

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 124 del 29 maggio 2024 il Decreto Legge 29 maggio 2024, n. 69 recante “Disposizioni urgenti in materia di...