Superbonus, cessione del credito ed equo compenso: che fine faranno dopo la caduta del Governo Draghi?

La caduta del Governo Draghi, con le elezioni anticipate al 25 settembre, rischia di creare un vero e proprio sconquasso nel mondo dei professionisti. Tornano in forse una serie di misure fondamentali per il sistema economico. A cominciare dall’irrisolta questione della cessione del credito fiscale del Superbonus e degli altri sgravi per l’edilizia.
Ora, la Camera dei Deputati ha approvato l’emendamento che potrebbe sbloccare i crediti edilizi bloccati da mesi sulla piattaforma dell’Agenzia delle Entrate. Ma non solo: prendiamo la tematica dell’equo compenso. Dopo una lunga gestazione, il disegno di legge 2419 sull’equo compenso per le prestazioni dei liberi professionisti avrebbe dovuto passare al Senato, per il voto, il 20 luglio scorso, per il sì definitivo. Lo scioglimento delle Camere ha mandato di nuovo tutto a carte quarantotto. E il Codice degli Appalti? Sarà pronto per l’inizio del 2023? Tante le incognite. Analizziamole, una ad una.
La caduta del Governo Draghi e il destino del Superbonus e della cessione del credito
Partiamo dal Superbonus e dalla cessione del credito. L’ex Premier Draghi, nel suo discorso al Senato all’indomani delle dimissioni, era stato chiaro: “Per quanto riguarda le misure per l’efficientamento energetico e più in generale i bonus per l’edilizia, intendiamo affrontare le criticità nella cessione dei crediti fiscali. Ma al contempo ridurre la generosità dei contributi”.
Ora che il Governo non esiste più, restando in carica solo per il disbrigo degli affari correnti, il Superbonus sarà nell’elenco degli interventi urgenti? Che sorte avranno i titolari di crediti di imposta ancora bloccati? Le modifiche della disciplina apportate con la conversione del dl 50/2022, il cosiddetto dl Aiuti, sembrano infatti insufficienti a sbloccare la situazione, con tante aziende edili in crisi di liquidità perché non riescono a cedere i crediti.
Il Decreto Aiuti e caduta del Governo
Inizialmente il dl Aiuti prevedeva la prima cessione libera, la seconda e la terza da effettuare interamente e a favore di soggetti qualificati: banche, intermediari finanziari, assicurazioni abilitate ad operare in Italia. La novità introdotta dal dl era che alle banche e alle società appartenenti a un gruppo bancario è sempre consentita la cessione dei crediti a tutti i soggetti loro clienti. Quindi a società, professionisti e partite Iva, con la sola eccezione dei consumatori. Le criticità sono tante, troppe. In sede di conversione in legge del dl Aiuti, però, è stato mantenuto l’art. 57, comma 3 che prevedeva una limitazione temporale alle nuove disposizioni. Ora Il decreto Semplificazioni, approvato alla Camera prevede un emendamento che sblocca la cessione dei crediti. Con la modifica viene eliminata la data del 1° maggio 2022 come termine dal quale far decorrere le cessioni facilitate dei bonus.
Lo sblocco dei crediti
L’emendamento riammette al regime facilitato anche le cessioni e gli sconti in fattura comunicati all’Agenzia delle entrate prima di quella data, che rischiavano di rimanere bloccati. Il decreto ora passa al Senato per l’approvazione definitiva. La conversione in legge dovrà avvenire entro il 20 agosto. Importante il lavoro volto in Commissione presso la Camera dei Deputati. Un impegno che ha portato all’abrogazione dell’art. 57, comma 3 del Decreto Aiuti, eliminando anche i 3 regimi temporali e mantenendo solo quello legato alle disposizioni previste all’art. 14 del Decreto Aiuti stesso. Nessuna apertura, invece, in merito all’abrogazione della cosiddetta “responsabilità solidale”. Tocca sempre all’acquirente del credito, verificare tutte le condizioni che ne attestino la liceità. Altrimenti si corre il rischio di dover rispondere di eventuali frodi o inesattezze commesse dal venditore.
La “grana” equo compenso
Chi andrà al governo il prossimo autunno dovrà affrontare la questione, anche per rendere conto delle probabili promesse che si faranno in questa estate elettorale. Come il nuovo Esecutivo dovrà prendere di nuovo in esame il dl sull’equo compenso. Il provvedimento, frutto dell’unificazione di proposte normative di FdI, Lega, Fi e M5s, era stato approvato dalla Commissione Giustizia di palazzo Madama senza modifiche. Mancava solo l’ok del Senato. Ora, con la caduta di Mario Draghi, il ddl torna al punto di partenza. Con l’evidente sconcerto di chi, come il Consiglio Nazionale degli Ingegneri, ne chiedeva l’approvazione in tempi brevi per colmare un “vuoto di tutele che vive oggi il mondo delle professioni”. E invece, il nulla di fatto. Il testo decade e dovrà riaffrontare tutte le fasi dell’approvazione parlamentare. Le Camere sciolte, infatti, possono solo continuare ad esaminare ddl urgenti, come quelli per la conversione di un decreto legge. L’equo compenso non rientra tra questi.
Il Codice degli Appalti
Da gennaio 2023 entreranno in vigore le nuove regole per le gare d’appalto. La legge delega per il nuovo Codice degli Appalti è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso fine giugno. La riforma del Codice dei contratti pubblici è un tassello fondamentale per rispettare il timing per utilizzare al meglio le risorse del PNRR. La stesura del nuovo Codice Appalti, in cui il Consiglio di Stato avrà un ruolo fondamentale, dovrà seguire i 31 principi definiti dalla delega. L’obiettivo è garantire la realizzazione delle opere in tempi brevi, senza contenziosi e senza che gli effetti della crisi possano mettere in difficoltà le imprese. In questo caso si può tirare un sospiro di sollievo, visto che i lavori del Consiglio di Stato dovrebbero assorbire il periodo delle elezioni. Tra l’altro, negli affari correnti del Governo vi sono le attività connesse al PNRR, tra cui l’approvazione dei decreti attuativi per la revisione del Codice Appalti.
Caduta del Governo: stop alla rigenerazione urbana
Brusco stop, invece, per il disegno di legge “Ferrazzi” sulla rigenerazione urbana. Un iter procedurale lungo e tortuoso iniziato nel 2019, che era stato bocciato dalla Ragioneria di Stato lo scorso marzo perché, in teoria, avrebbe provocato costi aggiuntivi per il bilancio dello Stato. Lo scorso maggio poi il Ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, aveva annunciato lo sblocco. Tanto che il ddl al 12 luglio risultava all’esame della Commissione. Dopo l’esame della Commissione il testo avrebbe dovuto essere approvato dal Senato, per poi passare alla Camera. Stessa sorte, dunque, dell’equo compenso per un provvedimento particolarmente atteso da professionisti e associazioni di categoria. Solo poche settimane fa l’Ance dichiarava: “E’ indispensabile riprendere il percorso e impedire che il ddl resti bloccato e di conseguenza l’Italia rimanga ancora una volta ferma al secolo scorso”. Appunto…