Continua il dibattito giurisprudenziale sull’inapplicabilità dell’equo compenso

La disciplina del codice dei contratti pubblici è compiuta ed autosufficiente in materia di corrispettivi per gli affidamenti dei servizi di architettura e ingegneria, e non si applicano le disposizioni sull’equo compenso, ragione per la quale non si può invocare le nullità delle clausole in violazione di tali regole, né la rideterminazione giudiziale del compenso. È quanto statuito dal Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento, sentenza n. 59 del 13 marzo 2025.
L’equo compenso e la nullità delle clausole
Tra gli istituti della nuova disciplina sui contratti pubblici l’equo compenso è quello che ha sollevato maggiori questioni interpretative, non ancora completamente risolte. In particolare, successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 36/2023, era entrata in vigore la legge 20 maggio 2023 n. 49, recante “Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali”: dall’applicazione combinata dei due plessi normativi sono sorte frizioni tra dottrina e giurisprudenza in ordine all’applicabilità al settore dei contratti pubblici della nuova normativa sull’equo compenso.
In precedenti contributi abbiamo cercato di ricostruire il quadro normativo, peraltro recentemente modificato con il correttivo al codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 209/2024 “Disposizioni integrative e correttive al codice dei contratti pubblici”).
Il caso all’attenzione del TAR Trento
Singolare è l’intervento del TAR Trento all’interno del complesso quadro descritto. In particolare, con la sentenza in commento, riprendendo le tesi già espresse dal Consiglio di Stato di cui avevamo già parlato, si è sostenuta l’inapplicabilità dell’equo compenso nelle gare pubbliche per servizi di ingegneria e architettura.
Il giudizio veniva introdotto per l’impugnazione degli atti di una procedura ristretta per la realizzazione del nuovo polo ospedaliero e universitario di Trento, da parte dell’Ordine degli ingegneri, dell’Ordine degli architetti e dell’Ordine dei geologi di Trento. Gli Ordini professionali ritenevano illegittimi gli atti poiché ammettevano la ribassabili in sede di offerta anche della componente compenso del corrispettivo posto a base d’asta, in supposta violazione della normativa sull’equo compenso e dei contratti pubblici.
Le censure sono state ritenute infondate e il ricorso rigettato.
L’inapplicabilità dell’equo compenso alle gare per servizi di architettura e ingegneria
Occorre chiarire un aspetto fondamentale della vicenda in esame: la stessa è stata esaminata solamente alla luce della normativa previgente al correttivo appalti, siccome intervenuto nelle more della procedura.
Il TAR Trento ha richiamato alcuni precedenti del Consiglio di Stato (n. 594/2025 e 844/2025) nei quali si è stabilito che il Codice dei contratti pubblici presenta una disciplina in sé compiuta ed autosufficiente in materia di corrispettivi per gli affidamenti dei servizi di architettura e ingegneria, ivi inclusa la componente del compenso professionale, con la conseguenza che le regole sull’equo compenso di cui alla legge n. 49 del 2023 non trovano diretta applicazione nell’ambito di procedure di affidamenti pubblici di servizi e non possono fondatamente essere invocate per eterointegrare le regole di gara. Né la normativa sui contratti pubblici prevede meccanismi nell’individuazione del corrispettivo dovuto al professionista analoghi a quelli della normativa sull’equo compenso (nullità delle clausole e di rideterminazione giudiziale del compenso).
Ciò posto, non potendosi applicare la disciplina sull’equo compenso ai contratti pubblici, non si configura alcun contrasto tra la prima e la lex specialis né tantomeno si può dar seguito ad un meccanismo di eterointegrazione contrattuale per la rideterminazione del compenso, così da renderlo “equo”.