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I minimi tariffari per architetti e ingegneri sono compatibili con il diritto dell’Unione?

Anche in caso di contrasto con la direttiva "servizi" Ue, il giudice non può disapplicare il diritto nazionale in una causa tra privati
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I minimi tariffari per architetti e ingegneri sono compatibili con il diritto dell’Unione?
C’è contrasto tra le norme nazionali che impongono ad architetti ed ingegneri i minimi tariffari e la direttiva servizi dell’UE a salvaguardia della libera concorrenza. Tuttavia, la Corte di Giustizia Europea (CGUE Grande Sezione, sent. 261/20 del 18.01.2022) chiarisce che il giudice non può disapplicare il diritto nazionale in una causa tra privati. Ma la parte danneggiata dal mancato rispetto delle norme europee ha diritto al risarcimento del danno.

La direttiva servizi

Con l’obiettivo di realizzare un “vero mercato interno dei servizi”, la direttiva 2006/123/CE invita gli Stati membri ad eliminare e gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori negli Stati membri e alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri. A tal fine l’art. 15 della direttiva impone agli Stati di verificare se l’ordinamento interno subordini la prestazione al rispetto di requisiti non discriminatori, fra i quali è espressamente incluso il fatto di imporre al prestatore il rispetto di tariffe obbligatorie minime e/o massime. Tali requisiti, aggiunge la direttiva, devono essere:
  • non discriminatori in funzione della cittadinanza o in base all’ubicazione della sede legale delle società;
  • necessari, cioè giustificati da un motivo imperativo di interesse generale;
  • proporzionali, ovvero tali da garantire l’obiettivo perseguito senza andare al di là del necessario.

Minimi tariffari architetti e ingegneri: Il caso esaminato

All’esame della Corte di giustizia, un caso nato in Germania, in relazione al contratto stipulato tra una società immobiliare e un ingegnere, per il quale era stato pattuito un certo compenso. A seguito del recesso dal contratto da parte dell’ingegnere, questi aveva rimesso fattura a saldo per l’importo dovuto in base alle tariffe minime (prestabilite dal regolamento sugli onorari di architetti e ingegneri – HOAI) più alte di quelle pattuite nel contratto con il cliente. Insorta la controversia tra le parti, la causa arrivava fino alla Corte Suprema tedesca. Il giudice supremo, richiamava l’esistenza di una precedente sentenza della Corte di Giustizia Europea che aveva già dichiarato incompatibile il regolamento tedesco sulle tariffe di architetti e degli ingegneri con la direttiva servizi. Anche se poi il legislatore tedesco non si era adeguato alla sentenza, lasciando in vigore l’obbligo tariffario. Per risolvere il caso, la Corte suprema tedesca non poteva interpretare la norma interna del regolamento in modo conforme ai contenuti della direttiva, perché il regolamento stabiliva la nullità del contratto sotto i minimi tariffari, creando dunque una posizione di totale incompatibilità tra diritto nazionale e diritto europeo. I Giudici della Suprema Corte si rivolgevano quindi alla Corte di Giustizia per chiedere se al fine di decidere il caso, potessero disapplicare il regolamento sulle tariffe.

Primato del diritto dell’Unione

Nella sentenza in commento, la Corte di Giustizia ha innanzitutto chiarito che significa il principio del “primato del diritto dell’Unione”. Secondo questo principio, tutte le istituzioni degli Stati membri devono garantire piena efficacia alle norme europee, ed in particolare i giudici nazionali devono, per quanto possibile, interpretare il diritto interno in modo conforme al diritto dell’Unione. Il problema si pone, come nel caso in esame, quando non sia possibile dare un’interpretazione conforme, senza andare contro la legge interna. In casi come questo, precisa la Corte di Giustizia, il giudice nazionale deve disapplicare di propria iniziativa qualsiasi disposizione della legge nazionale contrastante col diritto dell’Unione, anche se emanata successivamente. Ma, attenzione, nel caso della direttiva servizi, il diritto europeo consiste in una direttiva, quindi in un provvedimento normativo che non crea diritti ed obblighi per i privati cittadini, e che non può essere direttamente applicato per decidere una causa.

Direttiva e disapplicazione del diritto nazionale

La direttiva è un tipo di atto normativo dell’Unione che non crea obblighi tra i privati, ma vincola gli Stati ad emanare norme interne conformi. “Il carattere vincolante di una direttiva, sul quale si fonda la possibilità di invocarla, sussiste solo nei confronti dello “Stato membro cui è rivolta”, e l’Unione ha il potere di sancire, in modo generale e astratto, con effetto immediato, obblighi a carico dei cittadini solo ove le sia attribuito il potere di adottare regolamenti. Pertanto, anche se chiara, precisa e incondizionata, una disposizione di una direttiva non consente al giudice nazionale di disapplicare una disposizione del suo diritto interno ad essa contraria se, in tal modo, venisse imposto un obbligo aggiuntivo a un soggetto di diritto” Secondo la Corte di Giustizia dunque, il giudice tedesco non può disapplicare il regolamento tariffario nella causa tra la società immobiliare e l’ingegnere.

Risarcimento dello Stato

E tuttavia, la parte che ha subito un danno a causa dell’inadempimento dello Stato di adeguare il proprio ordinamento giuridico a quello dell’Unione Europea, ha diritto a chiedere allo Stato il risarcimento del danno subito, “a prescindere dalla pubblica autorità che abbia commesso tale violazione e a prescindere da quella cui, in linea di principio, incomba, ai sensi della legge dello Stato membro interessato, l’onere di tale risarcimento”. Il diritto al risarcimento del danno, deve essere accertato dal giudice nazionale, e può essere accordato al privato quando sono dimostrate tre condizioni:
  • la norma di diritto dell’Unione deve avere lo scopo di conferire diritti al presunto danneggiato
  • la violazione della norma deve essere “sufficientemente qualificata”
  • deve esistere un nesso causale diretto tra la violazione della norma europea e il danno subito dal privato.

Violazione “sufficientemente qualificata”

La Corte di Giustizia precisa poi che “una violazione del diritto dell’Unione è manifestamente qualificata qualora si sia protratta nonostante la pronuncia di una sentenza dichiarativa dell’inadempimento, di una sentenza pregiudiziale, o malgrado l’esistenza di una giurisprudenza consolidata della Corte in materia, dalle quali risulti il carattere illegittimo del comportamento in questione”. Nel caso tedesco, questa condizione era dimostrata, perché c’era già stata una precedente pronuncia della stessa Corte di Giustizia che aveva dichiarato la violazione da parte della Germania dell’obbligo di adeguarsi alla direttiva servizi, proprio in relazione al tariffario degli ingegneri e degli architetti, (sentenza del 4 luglio 2019, Commissione/Germania, C-377/17, EU:C:2019:562) per violazione del divieto di concordare, nei contratti conclusi con architetti o ingegneri, un onorario inferiore alle tariffe minime calcolate in base alle suddette tariffe obbligatorie (v., in tal senso, ordinanza del 6 febbraio 2020, hapeg dresden, C-137/18, non pubblicata, EU:C:2020:84, punto 21)”

Minimi tariffari architetti e ingegneri: Conclusioni della Corte di Giustizia

La Grande Sezione della Corte di Giustizia, decidendo quindi della questione sottoposta dalla Suprema Corte tedesca, ha affermato il seguente principio: “Il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale, chiamato a pronunciarsi su una controversia intercorrente esclusivamente tra privati, non è tenuto, sulla sola base di detto diritto, a disapplicare una normativa nazionale che fissa, in violazione dell’articolo 15, paragrafo 1, paragrafo 2, lettera g), e paragrafo 3, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, tariffe minime per le prestazioni di architetti e ingegneri e che stabilisce la nullità dei contratti che derogano a tale normativa, fermi restando, tuttavia, da un lato, la possibilità, per tale giudice, di disapplicare detta normativa in base al diritto interno nell’ambito di una siffatta controversia e, dall’altro, il diritto della parte lesa dalla non conformità del diritto nazionale al diritto dell’Unione di chiedere il risarcimento del danno da essa subito.”
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