Professione

Salta definitivamente l’Equo compenso: è tutto da rifare

ProfessionItaliane condanna duramente il mancato voto in Senato sull'equo compenso e promette battaglia una volta insediato il nuovo Parlamento
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Salta definitivamente l’Equo compenso: è tutto da rifare
Cala il sipario sull’equo compenso. Il provvedimento, pronto per il passaggio finale in Senato a luglio 2022, è caduto sotto la mannaia della crisi di governo. E non solo. ProfessionItaliane ha provato in questi mesi a mantenere alta l’attenzione della politica verso la legge, ma alla fine, anche l’ultima opportunità di trovare un accordo per l’approvazione finale del testo, è naufragata.

Equo compenso, il mancato accordo

Martedì scorso 13 settembre 2022, le forze politiche hanno perso l’ultima occasione per portare, sia pure in extremis – spiega la nota dell’associazione composta da RPT e CUP e che rappresenta i professionisti ordinistici  – in Senato la discussione e il voto sul disegno di legge sull’Equo compenso. La Capigruppo, ancora una volta, ha deciso di non decidere, rimandando la questione al prossimo Parlamento. Si tratta di una conclusione grave che ha suscitato il disappunto di tutte le categorie professionali, in attesa ormai da anni che un provvedimento sacrosanto e di pura giustizia diventi definitivamente realtà. Segnaliamo, in particolare – sottolinea ProfessionItaliane – il comportamento di alcuni rappresentanti politici che, a fronte di rassicurazioni sbandierate a destra e manca, in realtà hanno sempre lavorato per affossare il disegno di legge. La battaglia, però, non finisce qua, ricordano da ProfessionItaliane. “Una volta insediato il nuovo Parlamento, ricominceremo a batterci ancora con maggiore determinazione per l’approvazione di una legge di civiltà che riconosca il giusto compenso per il professionista e tuteli, al tempo stesso, i cittadini che hanno diritto a prestazioni professionali di qualità”. Ma ripartire con un iter parlamentare non sarà semplice, anche alle luce di promesse bipartisan, fatte a cavallo delle ferie d’agosto, per portare a termine l’iter del provvedimento nonostante non rientrasse tra le materie contrassegnate come affari correnti delle quali è possibile occuparsi a Camere di fatto sciolte per la crisi di governo. Promesse rinnegate e, come abbiamo visto, non mantenute.
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