Primi intoppi per la proposta di legge sull’equo compenso (n. 3179) presentata il 25 giugno scorso (“Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali”) dai deputati Giorgia Meloni (FdI), Jacopo Morrone (Lega) e Andrea Mandelli (FI). Sul testo è arrivato il
parere negativo della V Commissione Bilancio della Camera dei Deputati. Ora deve tornare in commissione Giustizia. In particolare, all’articolo 2 si chiede di
limitare l’applicazione della giusta remunerazione, prevista per “le convenzioni stipulate con imprese bancarie, assicurative e con imprese diverse da quelle piccole medie, anche alle convenzioni stipulate con società veicolo di cartolarizzazione, nonché con le loro controllate e mandatarie”. Ora, inoltre, la proposta di legge deve tornare in commissione Giustizia. Ma stanno piovendo una serie di
critiche che coinvolgono numerose associazioni di professionisti. Ecco la cronistoria di cosa sta succedendo intorno ad una legge che sta sollevando tante polemiche.
Equo compenso e Commissione Bilancio
La Camera ha quindi approvato soltanto l’articolo 1, relativo fondamentalmente ai principi generali sull’equo compenso. Secondo la Commissione Bilancio, infatti, andrebbero
esclusi dai soggetti destinatari dei nuovi obblighi anche gli agenti della riscossione. La motivazione? “
Oneri estremamente gravosi per l’Agenzia delle Entrate”, quantificabili in 150 milioni di euro annui “a titolo di spese per la rappresentanza e la difesa in giudizio”. Dubbi e perplessità anche su altri articoli del dettato normativo. In particolare, all’articolo 5 (comma 5) si introduce la
possibilità di sanzionare il professionista, da parte dell’Ordine o del Collegio in cui risulta iscritto, nel caso convenga un compenso non equo o proporzionato alla prestazione offerta.
Le critiche di Confprofessioni e Inarsind
Tra le critiche più sentite, quella di
Confprofessioni. Il presidente Gaetano Stella chiede la
correzione di alcune “distorsioni” che emergono dalla proposta di legge. Altrimenti “saranno ancora una volta i professionisti ad essere penalizzati da una norma nata per proteggerli”. Prima anomalia: gli Ordini professionali possono aggiornare i parametri di riferimento delle prestazioni professionali. Al tempo stesso, stipulare modelli standard di convenzioni che le imprese possono adottare anche in deroga ai parametri stessi. La domanda di Stella è consequenziale:
“A che cosa servono i parametri? Ma soprattutto: siamo davvero sicuri che un modello standard possa rispondere in maniera efficace a una prestazione professionale complessa? Che fine ha fatto il principio di libera pattuizione tra professionista e cliente?”.
Il ritorno del ddl in commissione Giustizia è stato accolto con viva soddisfazione da
Inarsind, l’Associazione sindacale che rappresenta ingegneri e architetti liberi professionisti, che auspica “un riesame complessivo del testo in direzione delle
osservazioni fin qui avanzate insieme alle associazioni sindacali dei liberi professionisti”. La criticità individuata nella proposta di legge della Meloni è relativa all’individuazione degli organi destinati all’aggiornamento e al controllo della corretta applicazione dei
parametri, oltre alla previsione della
class action e alla composizione di un Osservatorio. Il non prevedere la presenza delle associazioni di rappresentanza dei liberi professionisti è secondo Inarsind un vulnus pericoloso.
Le sanzioni ai professionisti
Altra distorsione secondo Confprofessioni:
“Nella norma si introducono
nuovi obblighi e nuove sanzioni a carico dei professionisti, senza che sia previsto alcun onere per l’impresa e la Pubblica Amministrazione che non rispetta l’equo compenso”. Ma non solo. Gaetano Stella ricorda che “c’è tempo per modifiche anche nell’ambito di applicazione del provvedimento rispetto alle aziende, perché così come congegnata si riferisce soltanto all’1% delle imprese presenti in Italia”. Dubbi anche sulla composizione dell’Osservatorio nazionale, che dovrebbe essere “maggiormente inclusivo e ricomprendere anche le associazioni di rappresentanza dei professionisti”. In tal modo, esprimerebbe “la più corretta dimensione della realtà del mondo professionale”.
La questione dei parametri
Un testo che “rischia di
creare confusione nel mondo professionale. È necessario chiarire la questione dei parametri di riferimento per le professioni associative, visto che non si capisce chi dovrà individuarli. Il sistema, inoltre, per come è pensato, sembra strutturato in particolare per i professionisti ordinistici, con un riferimento nemmeno troppo velato ad un ritorno delle tariffe professionali”. E’ questo il parere di Emiliana Alessandrucci, presidente di
CoLAP, Coordinamento Libere Associazioni Professionali. Il testo
lascia agli Ordini la facoltà di definire i parametri professionali da rispettare, “senza far riferimento al mondo dei professionisti associativi, per i quali non è chiaro chi dovrà definire i parametri. Questa impostazione, poi, ricorda quella delle tariffe professionali, senza però un riferimento preciso, con il rischio di creare solo confusione ai lavoratori autonomi italiani”, rincara Alessandrucci.