Professione

Opere di urbanizzazione primaria: è scontro tra ingegneri e architetti

Il TAR del Lazio riapre la diatriba sull'esclusività relativa agli interventi sulla viabilità che rientrano tra le opere di urbanizzazione primaria
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Opere di urbanizzazione primaria: è scontro tra ingegneri e architetti

Arriva una nuova precisazione in merito alle competenze professionali che coinvolgono ingegneri e architetti. Lo spunto è tratto dalla sentenza n. 170/2020 del TAR Lazio, sezione staccata di Latina, che torna ad argomentare sulla progettazione delle opere  di urbanizzazione viarie e la realizzazione di rotatorie stradali. A seguito del provvedimento del Tribunale amministrativo regionale, il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha diramato la circolare numero 612, con la quale cerca di fare ulteriore chiarezza in un ambito, quello delle competenze, che negli ultimi tempi ha visto spesso sovrapporsi ingegneri e architetti. Ecco un riassunto della sentenza del TAR e le specifiche del CNI.

Le competenze degli ingegneri

Lo scorso 25 maggio il TAR del Lazio ribadiva l’esclusiva competenza dei professionisti ingegneri per quanto concerne la progettazione delle opere di urbanizzazione primaria. I giudici avevano trovato plausibili le argomentazioni dei titolari di un bar nelle cui vicinanze il Comune di Supino, in provincia di Frosinone, intendeva realizzare una rotatoria. Tra i motivi del ricorso, la violazione della normativa speciale in materia di competenze professionali degli ingegneri e degli architetti. I lavori a Supino erano stati affidati ad architetti. Erroneamente. Visto che, come ha specificato il TAR, l’art. 51, r.d. n. 2537 del 1925, dispone che: “Sono di spettanza della professione d’ingegnere, il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto”.

Il ricorso al TAR

Successivamente, il Comune di Supino ha proposto ricorso in appello al Consiglio di Stato. Il quale, in sede cautelare, ha accolto la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza di primo grado. A seguito di ciò, il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori ha divulgato la circolare 27/07/2020 n. 92. Nel documento gli architetti scrivono, tra le altre cose, “che tutte le valutazioni e considerazioni della Circolare CNI 581/2020 sono parziali e distorte”. Ma non solo: “Non corrispondono a quanto ritenuto dalla giurisprudenza, e sono riferite ad una sentenza non definitiva, che il giudice di secondo grado ha già ritenuto non essere fondata. Ne deriva, in conclusione, che le attività relative ad opere di urbanizzazione primaria, all’interno del tessuto urbano possono essere espletate anche da architetti”. Ed ecco, in successione, la costituzione in giudizio, nel pendente ricorso davanti al Consiglio di Stato, sia del CNAPPC che del CNI.

Le deduzioni del CNI

Pronta la replica del CNI. Secondo cui non è vero che il Consiglio di Stato, nell’occasione, “ha già ritenuto non essere fondata” la sentenza del TAR del Lazio.  “Il giudizio cautelare – scrivono gli ingegneri – ha carattere provvisorio e interinale e giunge all’esito di una delibazione sommaria e non di merito. E’ quindi tecnicamente inesatto e fuorviante far passare una mera ordinanza cautelare come un giudizio definitivo”. Di conseguenza è errato far passare “la sospensione della sentenza del TAR come una pronuncia di illegittimità e non fondatezza della medesima decisione di primo grado”. Di una cosa sono sicuri i vertici della categoria. A prescindere dalla decisione finale del giudice amministrativo, “questo non influenzerà il consolidato assetto delle competenze professionali”. Insomma, la verità è che “i professionisti ingegneri sono gli unici legittimati alla progettazione di infrastrutture viarie, che non siano strettamente connesse ad un fabbricato”.

L’Autorità di Vigilanza sui Lavori Pubblici

Per avvalorare la propria tesi, il CNI fa anche riferimento alla determinazione 21/12/2000 n. 57 dell’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici. In quel caso, l’ente rammentò “l’esclusiva competenza degli ingegneri in materia di lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali”. Esclusività relativa anche alle “applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo, a meno che dette opere non siano strettamente connesse con singoli fabbricati”. Un richiamo a quanto sentenziato dal TAR laziale. Nel passaggio in cui si scrive che “la progettazione di infrastrutture viarie, che non siano strettamente connesse a un fabbricato e che dunque costituiscano interventi di urbanizzazione primaria, rientra tra le competenze esclusive degli ingegneri”. Ciò perché non riconducibili alle “opere di edilizia civile, che formano oggetto tanto della professione di ingegnere, quanto di quella di architetto”.

La “dignità dell’istituzione”

In ogni caso, il CNI prova a smorzare i toni delle polemiche con gli architetti, avviando un “sistema di relazioni tra le diverse professioni tecniche basato sul preventivo confronto”. Un confronto anche “vivace” ma basato sul “rispetto del principio di leale collaborazione istituzionale”. Dall’altro lato, però, gli ingegneri non indietreggiano di un millimetro rispetto alle loro convinzioni. Ecco, dunque, l’annuncio: “Gli Ordini territoriali saranno informati degli sviluppi delle iniziative intraprese, volte a difendere i diritti e le prerogative dei professionisti ingegneri”. Informative utili per “tutelare il buon nome e la dignità dell’istituzione che l’attuale Consiglio ha l’onore di rappresentare”.

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