Rigenerazione urbana e riqualificazione del patrimonio immobiliare, le stime di investimento
Edilizia
Rigenerazione urbana e riqualificazione del patrimonio immobiliare, le stime di investimento
Nel quaderno n. 4 di Assoimmobiliare informazioni e indicazioni sul tema della rigenerazione urbana in Italia e sull'impatto economico-finanziario degli investimenti in edilizia sostenibile
Il quaderno n. 4 del novembre 2022 di Assoimmobiliare (con Nomisma) è dedicato alla rigenerazione urbana in Italia, cioè ai programmi di recupero e riqualificazione del patrimonio immobiliare alla scala urbana che puntano a garantire qualità e sicurezza dell’abitare sia dal punto di vista sociale sia ambientale, in particolare nelle periferie più degradate.
Lo studio offre una quantità di informazioni e indicazioni sul tema, partendo da un dato di fondo: le città contribuiscono al 70% dell’economia mondiale, consumano il 60% dell’energia e generano il 70% dei gas serra e dei rifiuti. Le città devono affrontare sfide cruciali:
scarsi progressi nella transizione verso sistemi energetici puliti, accessibili e sicuri;
perdita della biodiversità, del patrimonio nazionale e culturale e dell’identità dei territori;
lenta transizione verso una mobilità sostenibile;
bassa qualità dello stock edilizio e scarsa dotazione di abitazioni a costi accessibili;
polarizzazione sociale come risultato della globalizzazione, dell’invecchiamento e della mancanza di intergenerazionalità;
bassi livelli di digitalizzazione e digital device.
La via per vincere tali sfide è mettere in campo saperi tecnici e competenze disciplinari, in capo ad una pluralità di attori sociali, culturali ed economici, per gestire processi complessi quali sono quelli della rigenerazione urbana abbinata alla sostenibilità, che comprende una serie di misure per la protezione dell’ambiente urbano (riduzione delle emissioni di gas-serra, incremento di fonti energetiche rinnovabili, eco-efficienza dei nuovi sviluppi urbani, promozione di una mobilità più sostenibile, riuso dei suoli), per l’attenzione alla dimensione sociale (inclusione e coesione, integrazione degli immigrati, occupazione) e per la valorizzazione di quella economica (ottimizzazione del capitale umano, sociale, culturale ed economico delle città per incrementarne il livello di competitività).
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr)
Il Pnrr dedica una parte importante dei fondi e delle riforme al tema della città. In particolare, “gli investimenti nella rigenerazione urbana sono finalizzati a ridurre le situazioni di emarginazione e degrado sociale nonché a migliorare la qualità del decoro urbano oltre che del contesto sociale e ambientale, attraverso la stabilità delle regole di finanza pubblica e i contributi diretti agli investimenti.
L’investimento può riguardare diverse tipologie di azione, quali:
manutenzione per il riutilizzo e la rifunzionalizzazione di aree pubbliche e strutture edilizie pubbliche esistenti a fini di pubblico interesse, compresa la demolizione di opere abusive;
miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale, anche attraverso la ristrutturazione edilizia di edifici pubblici, con particolare riferimento allo sviluppo di servizi sociali e culturali, educativi e didattici, o alla promozione di attività culturali e sportive;
interventi per la mobilità sostenibile”.
In particolare, la “Missione 5: Inclusione e coesione”, nella componente “M5C2 – Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore” fa esplicito riferimento alla rigenerazione urbana laddove riporta tra gli obiettivi quello di “integrare politiche e investimenti nazionali per garantire un approccio multiplo che riguardi sia la disponibilità di case pubbliche e private più accessibili, sia la rigenerazione urbana e territoriale”.
Gli investimenti previsti dalle misure del Pnrr a favore della rigenerazione urbana assommano a 64,10 mld di euro (investimento diretto, 27,3% del totale), a cui si aggiungono 171,03 mld di euro di investimento indiretto, 72,7% del totale)
Rigenerazione urbana e riqualificazione dell’edilizia
Il settore dell’edilizia racchiude un grande potenziale e riveste un ruolo fondamentale nella partita della rigenerazione urbana e per affrontare le sfide che pongono le esigenze di tutela ambientale e climatica. È stato stimato come il parco immobiliare dell’UE consumi il 40% di tutta l’energia primaria prodotta, con la conseguente responsabilità del 36% di tutte le emissioni di CO2. Considerando l’intero ciclo di vita degli immobili, tuttavia si arriva al 50% dell’energia primaria consumata, al 50% delle emissioni di CO2 ed al 50% di tutte le risorse minerali estratte del pianeta.
I processi di rigenerazione urbana passano necessariamente per la riqualificazione del patrimonio immobiliare, costituendo, da una parte, un volano di crescita economica e di creazione di posti di lavoro, dall’altra, l’occasione per intraprendere la strada della transizione ecologica e procedere nel percorso, segnato ma lontano, verso la “città sostenibile”. La vetustà del parco immobili in Italia impone da tempo politiche governative di incentivazione fiscale volte a mitigarne l’impatto negativo.
Il settore delle costruzioni vanta un coefficiente moltiplicativo di attivazione tra i più elevati nell’intera economia (3,216), generando un effetto diretto, indiretto e indotto. Si stima infatti che nel 2020 la domanda al settore abbia attivato, oltre ad una produzione diretta di 181,6 miliardi di euro, una produzione indiretta di 228,5 miliardi e una produzione indotta di 174 miliardi, per un totale di oltre 584 miliardi di euro lungo l’intera economia, pari al 19,2% della produzione nazionale ai prezzi base.9 Allo stesso tempo viene generata un’occupazione pari a 3,8 milioni di unità di lavoro, di cui occupazione diretta per 1,55 milioni, indiretta per 1,45 milioni e indotta per 765 mila unità di lavoro.
Il patrimonio immobiliare italiano
Con oltre 35,1 milioni di unità immobiliari, le abitazioni rappresentano il 53,7%16 dello stock edilizio del Paese. Allo stesso tempo costituiscono la principale forma di investimento delle famiglie italiane, rappresentando circa la metà della loro ricchezza lorda (51,6%), per un valore di 5.163 miliardi di euro. Dei circa 32,6 milioni di abitazioni di proprietà di persone fisiche, oltre 19,7 milioni (60,7%) riguardano abitazioni principali, circa 5,7 milioni abitazioni a disposizione (17,6%), tra cui le “seconde case”, e circa 3,6 milioni (11,1%) abitazioni locate. Inoltre, risultano 2,5 milioni di abitazioni di proprietà di persone non fisiche.
La produzione media annua di nuovi edifici residenziali in Italia è passata da poco meno di 200 mila edifici all’anno negli anni ’60 e ’70, a meno di 30.000 tra 2011 e 2019, contribuendo ad accrescere la vetustà degli immobili. Il patrimonio residenziale italiano è costituito da 12,5 milioni di edifici, di cui solo poco più di un quarto (26,6%) ha meno di 40 anni e solo un decimo (9,8%) meno di 20 anni.
Nel Paese, infatti, oltre il 45% è stato costruito tra il 1946 e il 1980, un patrimonio edilizio che nel 90% ha ancora oggi una classe energetica misurabile nelle classi F e G. In Italia, il 65% del parco edilizio totale è precedente alla legge n. 3733 del 1976, prima legge sul risparmio energetico. Di questi edifici, oltre il 25% registra consumi annuali da un minimo di 160 kWh/m2 anno ad oltre 220 kWh/m2.
Il patrimonio edilizio pubblico
I dati del censimento 2021 (riferiti al 2018) evidenziano che la maggior parte dei fabbricati censiti è di proprietà delle Amministrazioni locali, che pesano per il 70% circa in termini di unità immobiliari e per l’82% in termini di superficie. Nello specifico, i Comuni sono proprietari della quota più rilevante – circa il 65% in termini di numerosità e il 59% in termini di superficie. I fabbricati detenuti dalle Amministrazioni Centrali rappresentano solo il 3,4% in termini di numerosità e l’11% in termini di superficie.
Intervenire sul patrimonio edilizio pubblico impone l’adozione di metodi e strumenti di valutazione finalizzati a contenere gli impatti e soprattutto a migliorare la sostenibilità, come l’applicazione dei Criteri Ambientali Minimi (CAM) definiti nell’ambito del Piano d’Azione Nazionale per il Green Public Procurement (PAN GPP).
In particolare, relativamente al piano di fine vita, per quanto riguarda i progetti inerenti a interventi di nuova costruzione che includono interventi di demolizione e ricostruzione, va previsto un piano di disassemblaggio e demolizione selettiva dell’opera che permetta il riutilizzo o comunque il riciclo dei materiali, componenti edilizi e elementi prefabbricati utilizzati.
Una recente ricerca curata da Nomisma11 ha stimato che un piano di investimenti di 39,1 miliardi di euro per interventi di riqualificazione su 101,3 milioni di mq di patrimonio edilizio pubblico nazionale focalizzati su scuole e uffici, sarebbe potenzialmente in grado di attivare produzione in via diretta ed indiretta per 91,7 miliardi di euro, che salgono a 141,8 miliardi se si considera l’effetto complessivo derivante anche dall’indotto (effetto economico).
I benefici non si esauriscono con l’impulso economico generato dagli investimenti, ma genererebbe una rivalutazione del patrimonio immobiliare del 30% e un risparmio energetico di 450 milioni di euro l’anno (effetto property) e una riduzione delle emissioni stimata in 934 mila tonnellate annue di CO2 (effetto ambientale).
Un recente esercizio di stima dell’impatto economico-finanziario delle misure di incentivazione fiscale per il recupero edilizio e la riqualificazione energetica, antisismica e per il decoro delle facciate, messe in atto tra il 1998 e il 2021, ha valutato come i 23 milioni di interventi portati a termine abbiano attivato investimenti pari a 401 miliardi di euro a valori correnti. Allo stesso tempo il saldo complessivo per lo Stato sarebbe negativo per 48,8 miliardi di euro, pari a meno di 2,3 miliardi di euro medi annui in valori correnti, “compensato” tuttavia da un saldo positivo per l’intero sistema economico del Paese pari a 36 miliardi di euro. Inoltre, restringendo il periodo di osservazione al decennio 2011-2021, il saldo per il sistema economico del Paese risulterebbe positivo per quasi 26 miliardi di euro.
Per lo stock degli investimenti immobiliari corporate nel nostro Paese entro il 2030 si prevede un valore di 211 miliardi di euro (rispetto ai 126 miliardi di euro attuali). Per quanto riguarda il valore degli investimenti immobiliari su base annua, il potenziale italiano – in proporzione al PIL ed alle dimensioni dello stock immobiliare nazionale – è pari ad almeno 30 miliardi di euro l’anno, ovvero circa il triplo dei valori medi registrati nell’ultimo triennio. Per quanto concerne, infine, l’indotto diretto potenzialmente generabile dallo sviluppo del mercato, è stimabile una crescita, entro il 2030, del fatturato annuo dei servizi immobiliari (attualmente pari a circa 42 miliardi di euro) di circa il 22%, quantificabile in termini assoluti in oltre 9 miliardi di euro su base annua.
Il quaderno La Rigenerazione urbana in Italia è disponibile qui di seguito in free download.