Per le distanze delle costruzioni dal confine, quali regolamenti si applicano?
Edilizia
Per le distanze delle costruzioni dal confine, quali regolamenti si applicano?
La disciplina delle distanze è legata alla zona dove il fabbricato insiste, a prescindere dalla difformità e dalla destinazione del medesimo. Si applicano i regolamenti comunali sulla zona omogenea di costruzione
La disciplina delle distanze delle costruzioni dai confini applicabile ai fabbricati situati in una determinata zona omogenea va individuata nella disciplina dettata dagli strumenti urbanistici per i fabbricati insistenti in tale zona (regolamenti comunali), a prescindere dalla destinazione di tali fabbricati e dalla eventuale difformità della stessa rispetto alle destinazioni consentite dagli strumenti urbanistici per i fabbricati da realizzare in tale zona.
Questo il principio di diritto sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 9264 del 22 marzo 2022.
Distanze delle costruzioni dai confini: il fatto
Il proprietario di un immobile era stato condannato ad arretrare la propria costruzione, edificata in una zona omogenea E, sino alla distanza minima di 7 metri dal confine con il fondo del vicino, al quale era stato riconosciuto anche il risarcimento dei danni.
Gli eredi del proprietario hanno proposto ricorso in cassazione contro la sentenza di condanna della Corte d’appello. Sostengono che l’articolo 22 delle NTA del Piano Regolatore Generale del Comune non prescrive alcuna distanza minima dei fabbricato dal confine. L’unica disciplina delle distanze applicabile nella fattispecie – a loro dire – sarebbe quella delle distanze tra costruzioni prevista dall’art. 873 del codice civile. Contestano infine la sentenza nella parte in cui ha ritenuto abusivo il loro fabbricato. In realtà, l’immobile aveva ottenuto la sanatoria per mutamento di destinazione d’uso; in ogni casso, la rilevanza giuridica della concessione edilizia si esaurisce nei rapporti tra P.A. e privati, senza interferire nella sfera privatistica.
La questione
La questione sottoposta alla Cassazione è la seguente: se (come ha ritenuto la Corte d’appello) un fabbricato destinato a civile abitazione, abusivamente realizzato in una zona omogenea, nella quale possono essere realizzati solo fabbricato agricoli (o assimilati) – e per la quale non è prevista alcuna distanza minima delle costruzioni dai confini – sia soggetto alla disciplina delle distanze delle costruzioni di confini prevista per le zone omogenee dove possono essere realizzati i fabbricati destinati a civile abitazione; o se, al contrario, la disciplina delle distanze delle costruzioni dai confini debba ritenersi legata alla zona in cui insiste la costruzione e non alla destinazione della medesima.
La soluzione della Cassazione
I giudici di legittimità – ribaltando quanto deciso dalla Corte d’appello – ritengono che la disciplina delle distanze delle costruzioni dai confini applicabile ai fabbricati situati in una determinata zona omogenea vada individuata nella disciplina dettata dagli strumenti urbanistici per i fabbricato insistenti nella zona (regolamenti comunali). Ciò, a prescindere dalla destinazione di tali fabbricati e dalla eventuale difformità della stessa rispetto alle destinazioni consentite dagli strumenti urbanistici stessi.
Secondo la Cassazione, la tesi sostenuta dalla Corte d’appello (secondo cui la disciplina delle distanze dai confini applicabile andrebbe individuata in ragione della destinazione del fabbricato e non in ragione della sua ubicazione) è errata.
Così ragionando, infatti, ai fabbricati destinati a civile abitazione realizzati in una zona omogenea dove tali fabbricati non sono consentiti si dovrebbe applicare la disciplina delle distanze dai confini dettata per le zone in cui tali fabbricati sono consentiti.
Un ragionamento sbagliato, peraltro in contrasto con i precedenti della stessa Cassazione, secondo cui: “ciascun proprietario di un suolo edificatorio nel momento in cui realizza su di esso una costruzione trova i propri diritti ed i propri doveri conformati nella normativa applicabile alla zona in cui si sviluppa la propria attività costruttiva (Cass. civ. n.17339/03).
Distanze costruzioni dai confini e destinazione urbanistica difforme
La disciplina delle distanze di un fabbricato dal confine è, dunque, legata alla zona dove il fabbricato insiste, non alla destinazione del medesimo.
L’eventuale difformità della destinazione del fabbricato rispetto alle destinazioni consentite dallo strumento urbanistico nella zona in cui il fabbricato medesimo insiste non incide, quindi, sulla disciplina delle distanze dai confini.
Come ha chiarito la Corte Costituzionale nella sentenza n. 120 del 1996, infatti, “la rilevanza giuridica della licenza e della concessione edilizia si esaurisce nell’ambito del rapporto pubblicistico tra pubblica amministrazione e privati; gli effetti delle violazioni edilizie si muovono su due piani distinti di rapporti giuridici: uno, pubblicistico, tra costruttore ed organi pubblici preposti alla vigilanza del territorio ed alla repressione degli illeciti; l’altro, privatistico, tra lo stesso costruttore o proprietario dell’opera ed i titolari di diritti soggettivi che possono rimanere lesi dall’attività edificatoria del primo”.
La decisione
La Cassazione ha dunque accolto il ricorso dei proprietari. Sentenza annullata e causa rimessa alla corte d’appello, che dovrà definire la controversia in base alla disciplina sulle distanze fissata dai regolamenti locali per la zona omogenea in cui sorge la costruzione.
Lasentenza n. 9264 del 22 marzo 2022 è disponibile qui di seguito in free download.