Quanto è importante migliorare la
capacità previsionale delle maree per la salvaguardia di Venezia? Ovviamente lo è molto. Ed è sempre più importante il
continuo avanzamento e aggiornamento degli studi e delle ricerche sui meccanismi che guidano il loro funzionamento. Una capacità previsionale sempre più efficace è strumento tra i più importanti da cui dipende la progettazione delle infrastrutture a difesa della città patrimonio Unesco. Oggi Venezia è finalmente difesa dal
MOSE,
operativo dal 2020 dopo quasi 20 anni di difficile progettazione e realizzazione. Ma non è detto che in futuro sia sufficiente a proteggere la città e la sua laguna.
Alcuni dei più recenti progressi scientifici in questo specifico campo sono riassunti all’interno di tre articoli pubblicati sulla rivista “
Natural Hazards and Earth System Sciences”. Restituiscono i
risultati delle ricerche sul rischio acqua alta a Venezia portate avanti da un gruppo coordinato da Università del Salento, Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche e Università Ca’ Foscari Venezia.
Il problema: Venezia e l’acqua alta
La storia di Venezia è da sempre strettamente legata alla presenza dell’acqua. È oggi sempre più determinata dalla minaccia che l’acqua rappresenta per la sua stessa esistenza e per la salvaguardia di un patrimonio riconosciuto dall’Unesco nel 1987.
Il
fenomeno dell’acqua alta non colpisce la città in modo uniforme perché il suo suolo calpestabile non ha una quota omogenea. Il livello è estremamente variabile dai minimi, ritrovabili ad esempio in piazza San Marco, ai massimi, collocati nelle prossimità della stazione ferroviaria di Santa Lucia.
Le maree di norma sono eventi passeggeri e di breve durata, durante le quali la città ha imparato a rendersi praticabile e percorribile.
Eccezionali sono considerati gli
innalzamenti delle acque che
superano i 140 cm. Le rilevazioni ufficiali delle maree veneziane sono iniziate nel 1871, con una
progressiva intensificazione degli eventi eccezionali corrispondente agli ultimi 20 anni. Dal 2000 a oggi il livello delle acque ha infatti superato i 140 cm per ben 16 volte, quasi una volta ogni anno. Ha raggiunto la
cifra record di 187 cm nel novembre 2019, momento che è stato battuto solo dai 194 cm registrati nel 1966.
I danni ‘indiretti’ del MOSE
Anche i danni che le maree provocano sono estremamente variabili, alcuni diretti e altri indiretti. L’acqua colpisce gli edifici e il costruito e rende la città difficilmente vivibile, ma di danni si può parlare anche considerando il ricorso al MOSE. Il suo utilizzo può avere infatti
conseguenze economiche, portate dalla limitazione dell’operatività del porto e dalla chiusura della città. Conseguenze meno rilevabili, ma in proiezione futura non secondarie, riguardano tuttavia anche l
’ecosistema lagunare che potrebbe essere danneggiato da
chiusure della laguna sempre più frequenti durante l’anno.
Una più precisa e affidabile capacità previsionale può quindi avere conseguenze positive anche sul corretto utilizzo del MOSE. Il sistema di paratie mobili è oggi azionato sulla base di previsioni fatte nelle 4-6 ore precedenti il picco massimo della marea. La sua
messa in funzione deve essere attentamente pianificata, frutto del delicato equilibrio tra le necessità di protezione e di evitare chiusure non necessarie.
Risultati e implicazioni
I contenuti degli articoli precedentemente citati si concentrano sia sull’importanza di rendere sempre migliore la comprensione dei meccanismi previsionali delle maree che sulla gestione delle loro conseguenze.
L’innalzamento del livello del mare relativo (RSL-Rise Sea Level) sarà in futuro la
causa principale di maree sempre più estreme a Venezia e le
cause principali sono due. La prima è la
subsidenza, il naturale graduale abbassamento del livello del suolo che tuttavia negli ultimi 100 anni è stato grandemente influenzato dall’intervento umano. La seconda è invece imputabile ai
cambiamenti climatici indotti dall’uomo.
Per controllare la prima si può fare molto. C’è una maggiore consapevolezza delle conseguenze sui terreni di attività industriali, estrazione di acqua di falda ed eccessivo sfruttamento agricolo del territorio. Più difficile invece è l’intervento sui secondi, risultato planetario di
emissioni globali di gas serra che stanno contribuendo all’aumento delle temperature. È quindi i primis necessario il supporto ad azioni internazionali mirate alla riduzione delle emissioni nell’atmosfera, soprattutto quelle contenute nell’Accordo di Parigi. Ma è fondamentale anche considerare e dare seguito ai contenuti dei report periodici dell’
Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC). Nella consapevolezza che la stabilizzazione delle temperature avrà conseguenze sull’aumento del livello del mare.
Nello specifico caso di Venezia, altro punto fondamentale per la programmazione delle azioni future è
l’individuazione del momento in cui sarà necessario un cambio della strategia difensiva. Il MOSE, che oggi sembra avere una promettente azione protettiva, potrebbe diventare obsoleto ma non è possibile fare previsioni sicure su quando. Le proiezioni attuali sull’innalzamento dei mari, influenzate da una grande molteplicità di fattori diversi, restituiscono risultati piuttosto variabili. Entro il 2100 si prevede infatti un aumento compreso tra i 17 e i 120 centimetri, intervallo che rende ancora più concreta la necessità di maggiore accuratezza previsionale.