Il ruolo degli Ingegneri nella transizione ecologica
Il 67° Congresso Nazionale degli Ingegneri ha discusso i temi del Green Building, della transizione ecologica ed energetica e dell’ingegneria al servizio della protezione del territorio, introdotti da Ermete Realacci, Presidente della Fondazione Symbola. “La transizione verde – ha detto Realacci – ha bisogno dei saperi e delle competenze degli ingegneri, ma a cento anni dalla nascita dell’Albo questi possono trovare nella sostenibilità una nuova missione. La sostenibilità non va vista come un obbligo, ma come una chance. Questa è una sfida importante perché muove l’economia. Non a caso l’Europa ha individuato tre parole attorno a cui organizzare sia il Recovery che i Fondi ordinari: coesione, transizione verde e digitale. Credo che gli ingegneri siano parte di questa partita”.
Transizione ecologica e patrimonio edilizio in Italia
Il Vice Presidente Vicario Remo Vaudano ha illustrato i punti essenziali del Piano di risanamento del patrimonio edilizio, mentre il Consigliere Tesoriere Irene Sassetti che si è soffermata sugli aspetti relativi alla rigenerazione urbana. E’ emerso, tra le altre cose, che il risparmio energetico realizzato grazie ai bonus è stato di 16000 Gwh/anno pari a 1,4 miliardi di metri cubi di gas. Inoltre il numero di alloggi che entro il 2033 dovranno passare alla classe D è pari a 13,4 milioni. Gli obiettivi di risparmio energetico imposti dall’Europa potranno essere realizzati solo con un supporto economico, anche attraverso una riformulazione dei bonus edilizi, da parte dello Stato.
La fragilità del territorio e la prevenzione del rischio idrogeologico
In tema di fragilità del territorio, è intervenuto il Consigliere del Cni Alberto Romagnoli che ha ricordato che 9,2 milioni di italiani sono direttamente interessati alla prevenzione del rischio idrogeologico, in quanto residenti in zone a rischio medio (6,8 milioni) e alto (2,4 milioni). Occorre quindi puntare sulla prevenzione che consente di risparmiare vite umane e risorse economiche spese per riparare i danni conseguenti ai sistematici disastri.
Per fronteggiare in modo sistematico il problema del dissesto idrogeologico in Italia si stima un fabbisogno
minimo di 26,58 miliardi di euro per opere di prevenzione e mitigazione. E’ questo il valore delle richieste
di finanziamento, provenienti dagli Enti locali, registrati sulla piattaforma RENDIS, il Repertorio Nazionale
degli interventi per la Difesa del Suolo. La piattaforma contiene attualmente 7.811 richieste di
finanziamento per opere di contrasto ad eventi alluvionali e franosi e sono considerate come il
“potenziale” di interventi per fare fronte in modo stabile e più efficace (rispetto a quanto fatto finora) alla
situazione di emergenza permanente dovuta alla fragilità geomorfologica del nostro territorio.
L’Ispra rileva che negli ultimi 20 anni la spesa per interventi sia stata pari a 6,6 miliardi di euro, per un
totale di 6.063 interventi ed un valore medio di poco superiore a 300 milioni di euro. Per innalzare in modo
“efficace” il livello di sicurezza contro i rischi sempre più imminenti, servirebbero ancora 8.000 opere di
prevenzione per una spesa intorno a 27 miliardi di euro.
Il Piano Nazionale per la Mitigazione del Rischio Idrogeologico (ProteggItalia) varato nel 2019, prevede per il periodo compreso tra il 2019 ed il 2030 stanziamenti per 14,3 miliardi di euro, parte dei quali destinati a opere emergenziali connesse ad eventi calamitosi, interventi di messa in sicurezza dei territori ed infrastrutture, interventi per la mitigazione del rischio idraulico e idrogeologico.
Transizione ecologica e PNRR: a che punto siamo?
Alle risorse messe a disposizione da questo Piano si aggiungono quelle messe a disposizione dal Pnrr, pari a 2,4 miliardi di euro per “Misure per la gestione del rischio alluvionale e per la riduzione del rischio idrogeologico” nell’ambito della Missione “Rivoluzione verde e transizione ecologica”. Insomma, nel breve periodo sembrano esservi risorse pubbliche relativamente sufficienti per effettuare almeno gli interventi più urgenti.
A rendere ancora più urgente la prevenzione del rischio idrogeologico è la questione del consumo di suolo e cementificazione nel nostro Paese. L’Ispra avverte che il problema della impermeabilizzazione del terreno in Italia non accenna a diminuire. Nel 2021 le nuove coperture artificiali hanno occupato una superficie di 69,1 km2, corrispondenti ad una media di 19 ettari al giorno. Si tratta di uno dei valori tra i più elevati registrati negli ultimi anni. Il suolo consumato pro-capite è aumentato in un anno di 3,46 m2, passando da 359 a 363 m2 per abitante. La copertura artificiale del suolo al 7,13% della superficie totale a fronte di una media del 4% in Europa.
Secondo il Centro Studi Cni, occorre concentrarsi, anche molto velocemente, su una molteplicità di interventi di prevenzione e di manutenzione organica e sistematica del territorio, e riformulare in tempi assai brevi, le modalità di gestione di un piano nazionale di contrasto sistematico al rischio idrogeologico.

