L’impatto ambientale del Ponte sullo Stretto fa discutere

Il Ponte sullo Stretto continua a far discutere, per il suo impatto ambientale, i suoi costi e altro. Nei giorni scorsi si è tenuta la riunione della Conferenza di servizi istruttoria per il collegamento stabile tra la Calabria e la Sicilia, con la partecipazione della società Stretto di Messina, di tutti i Comuni dell’area, dell’Autorità portuale e degli enti interessati. Il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica ha richiesto intanto 239 integrazioni di documenti alla Società Stretto di Messina S.p.A.
Solo per la Valutazione di impatto ambientale (Via) sono state richieste 155 integrazioni. Altre 66 arrivano per la Valutazione di incidenza (Vinca), che verifica le conseguenze di un’opera sui siti Natura 2000, i siti protetti di interesse Ue. Tra le posizioni “contro”, da registrare quella di Italia Nostra, che “ribadisce le proprie motivate e articolate perplessità sulla sua realizzazione, dopo aver presentato insieme ad altre associazioni le proprie osservazioni alla Commissione VIA”.
Ponte sullo Stretto: l’impatto ambientale
La prima obiezione di Italia Nostra riguarda l’impatto sul paesaggio e l’ambiente: “Un contesto culturale e paesaggistico tra i più significativi ed espressivi al mondo e punto focale di un importantissimo sistema naturale oggi costituito da riserve e parchi naturali”. Importanti aree interessate dall’opera sono sottoposte a tutela 3 dal Piano paesaggistico territoriale Ambito 9: “aree che nelle Norme di Adozione del Piano Paesaggistico Territoriale sono dichiarate invarianti del paesaggio”, spiega Italia Nostra.
Altro capitolo, la mobilità: “Il traffico marittimo tra la Sicilia e i porti del Nord non è dirottabile sul Ponte, visto l’incontrastabile convenienza dei trasporti via mare; potendone quindi usufruire solo la tratta destinata all’Italia Centrale. Anche il traffico passeggeri risponde allo stesso principio”.
I costi di realizzazione
Tra le altre obiezioni, i costi di realizzazione, “enormemente superiori a opere comparabili (il ponte Sultan Selim sul Bosforo è costato € 2,3 miliardi; il ponte di Akashi Kaikyō € 3,38 miliardi)”. E ancora: “L’area di influenza del ponte ha una significatività economica relativamente modesta e il volume di pedaggi non sarebbe in grado di ripagarne le spese, che sarebbero invece a carico dello Stato”.
“Il progetto presentato alla Commissione VIA – ribadisce Italia Nostra – non supera le obiezioni mosse dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile (lo stesso MIT sotto altro nome) nello studio pubblicato nell’aprile del 2021”.
Infine, “a rigor di logica, la VIA dovrebbe essere rifatta, visto che sono passati molti anni dal parere del 2013”. Ecco perché “Italia Nostra intende convocare un incontro internazionale di tecnici esperti, per contribuire ad un necessario approfondimento delle conoscenze che oggi appaiono assai limitate”.
Le osservazioni del Mic
Tra le contestazioni che rafforzano la posizione di Italia Nostra, anche le osservazioni del Ministero della Cultura. Tra queste, la carenza di opere di compensazione per i beni storici, “per il tessuto edificato e per la riqualificazione ambientale e paesaggistica dei corsi d’acqua”.
“Le prescrizioni riguardano anche le interferenze delle piastre di ancoraggio con il limitrofo Fortino in località Piale, tutelato ope legis ai sensi dell’art. 10, comma 1 del D. Lgs 42\2004, e infine le rilevanze archeologiche per cui vengono prescritte indagini di archeologia preventiva, ancora tutte da progettare e realizzare”.
Italia Nostra, dunque, sostiene i giustissimi rilievi della Direzione Generale, compreso l’adeguamento del piano d’area del PTP. Un Ponte che “stravolgerà i luoghi e l’attuale economia, legata al turismo e all’agricoltura di pregio”.