Gli impianti di telefonia mobile tra limiti e divieti nazionali e comunali
La liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni, il progresso tecnologico, l’utilizzo sempre più massiccio di dispositivi come smartphone e tablet, sono tutti fattori che hanno fatto crescere esponenzialmente la necessità di avere una rete di telecomunicazioni che sia dotata di un segnale forte, nonché di una diffusione capillare su tutto il territorio. Ciò presuppone l’esistenza di impianti di telefonia mobile estremamente sofisticati, e che per questo motivo dispongono anche di limiti e divieti ben chiari.
Limiti e divieti agli impianti di telefonia mobile: tutto parte dall’Europa
Tale esigenza, tra l’altro è anche un vero e proprio obbligo per gli stati membri dell’Unione Europea poiché, già a partire dalla c.d. “direttiva servizio universale” (direttiva n. 2002/22/CE), si erano iniziati a stabilire i diritti degli utenti ed i corrispondenti obblighi delle imprese che forniscono reti e servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, nonché a fissare i limiti delle legislazioni nazionali a tale necessaria diffusione.
Su tale tematica, due recenti sentenze del Consiglio di Stato fanno il punto sulla normativa in vigore con particolare riferimento ai limiti comunali e regionali.
Le pronunce emesse dal Consiglio di Stato sono: la sentenza n. 5104 del 7 giugno e la sentenza n. 5215 dell’11 giugno 2024.
Il difficile bilanciamento di interessi
La tematica in esame è molto delicata oltre che attuale poiché, fin da subito, è emersa la necessità di un bilanciamento fra opposte esigenze ed interessi primari:
- da un lato si trova il diritto all’informazione dei cittadini (da valutare in senso ampio, ricomprendendo anche la facoltà di poter chiamare gratuitamente i numeri d’emergenza);
- mentre dall’altro si trova il diritto alla salute (in termini di tutela dalle emissioni elettromagnetiche potenzialmente dannose), alla tutela dell’ambiente nonché quello al corretto assetto del territorio (uso indiscriminato di pali, tralicci o antenne).
La soluzione trovata, anche se di difficile attuazione pratica, è stata quindi che se da una parte le emissioni delle antenne dovranno essere sempre inferiori ai limiti cautelativi posti sulla base delle risultanze scientifiche, dall’altra, dato che il diritto alla comunicazione non può essere arbitrariamente e ingiustificatamente compresso o limitato da norme nazionali o locali, le amministrazioni dovranno trovare le soluzioni che di volta in volta meglio consentano il minor sacrificio dello stesso e, allo stesso tempo, la massima tutela del diritto alla comunicazione.
La legge nazionale e la necessaria capillarità della localizzazione degli impianti
Alla luce dei principi summenzionati la prima normativa interna a cui fare riferimento è sicuramente quella prevista dall’art. 86 del d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259, grazie al quale si sono assimilate le infrastrutture di reti pubbliche di telecomunicazione alle opere di urbanizzazione primaria, con la conseguenza che le stesse devono collegarsi ed essere poste al servizio dei cittadini e quindi nei centri abitati dove effettivamente sussiste la necessità della loro collocazione.
Successivamente, la legge 36 del 2001 («Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici»), all’art. 4 riserva allo Stato “l’individuazione di puntuali limiti di esposizione, valori di attenzione e obiettivi di qualità”, facoltà che non può però tradursi in un divieto generalizzato di installazione in aree urbanistiche predefinite, al di là della loro ubicazione o connotazione.
Limiti e divieti agli impianti di telefonia mobile: quali sono applicabili, quali no
Alla luce di tali due impianti normativi, il legislatore nazionale non potrà quindi imporre divieti alla localizzazione degli impianti telefonici se pregiudicano la copertura sul territorio nazionale, incidendo così sull’esigenza di garantire la completa realizzazione della rete di infrastrutture per le telecomunicazioni.
Di contro, eventuali limiti e divieti saranno invece tollerati ed ammissibili (con finalità di tutela della salute, ambiente e decoro urbano) se non incidono sulla capillarità della localizzazione degli impianti e, dunque, sulla possibilità di usufruire dei relativi servizi in qualsiasi area del territorio nazionale, nonché se si mantengono entro i limiti delineati dall’art. 8 legge n. 36 del 22 febbraio 2001.
I poteri della Regione e dei Comuni
La stessa normativa che ha previsto i poteri della legislazione nazionale, la legge 22 febbraio 1981, n. 36, ha altresì previsto all’articolo 8 (rubricato «Competenze delle Regioni, delle Province e dei Comuni»), che spetta alle Regioni la competenza per l’individuazione dei luoghi ove posizionare gli impianti per la telefonia mobile, da attuare nel rispetto del diritto alla salute pubblica, alla compatibilità ambientale ed alle esigenze di tutela dell’ambiente e del paesaggio.
In merito invece alla competenza dei Comuni, il comma 6 del predetto articolo 8, prevede espressamente che “I Comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato ai sensi dell’articolo 4”.
Alle Regioni ed ai Comuni è, dunque, consentito – nell’ambito delle rispettive competenze – individuare criteri localizzativi degli impianti di telefonia mobile (anche espressi sotto forma di divieto) quali ad esempio il divieto di collocare antenne su specifici edifici (ospedali, case di cura ecc.), mentre non è loro consentito introdurre limitazioni alla localizzazione, che si traducono in un limite alla localizzazione (non consentito) e non un criterio di localizzazione (consentito).
Il principio da ricordare
Alla luce del quadro normativo delineato e sulla scorta delle due sentenze del Consiglio di Stato summenzionate, la giurisprudenza costituzionale sembra confermare l’impossibilità, per le Regioni ed i comuni, di individuare dove posizionare gli impianti per la telecomunicazione imponendo divieti e limiti generalizzati. Non è, inoltre, neppure possibile derogare ai valori soglia stabiliti dalla legge nazionale oppure pregiudicare lo sviluppo e la funzionalità degli impianti di telecomunicazione così come la capillare diffusione sul territorio.
Ne deriva pertanto che l’ambito di manovra nel quale potrà muoversi validamente la Regione e i Comuni, prevedendo eventuali limiti e divieti saranno invece tollerati ed ammissibili (con finalità di tutela della salute, ambiente e decoro urbano) se non incidono sulla capillarità della localizzazione degli impianti e, dunque, sulla possibilità di usufruire dei relativi servizi in qualsiasi area del territorio nazionale, nonché se si mantengono entro i limiti delineati dall’art. 8 legge n. 36 del 22 febbraio 2001.

