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Ispra, consumo di suolo in aumento in tutte le città italiane

Nel 2018 secondo l'Ispra abbiamo perso 24 metri quadrati per ogni ettaro di area verde. Soltanto Torino ha fermato la cementificazione urbana
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Ispra, consumo di suolo in aumento in tutte le città italiane

Per contrastare il cambiamento climatico avremmo bisogno di più verde e invece continuiamo a colare cemento. Secondo gli ultimi dati Ispra, infatti, il consumo di suolo delle città italiane è in aumento. E in modo ingiustificabile. Sebbene la crescita demografica sia pressoché ferma, si continua a costruire e a farlo senza considerarne l’impatto sull’ambiente.

Secondo il Rapporto ISPRA SNPA 2019 sul consumo di suolo, è all’interno delle metropoli che si concentra lo maggior parte dello spreco di suolo. Basti pensare che soltanto nel 2018 abbiamo perso 24 metri quadrati per ogni ettaro di area verde.

Torino, l’unica città virtuosa secondo l’Ispra

Torino è l’unica città che si distingue dalla massa, invertendo la rotta e iniziando a recuperare terreno (7 ettari di suolo riconquistati nel 2018). I restanti centri urbani danno invece un cattivissimo esempio.

Roma è in cima ala lista con il più alto consumo di suolo, ma in valore assoluto e non rispetto al numero di abitanti: 75 ettari in totale e 57 nelle aree verdi cittadine. Milano sfiora il record di 11,5 ettari consumati in un anno, di cui undici aree verde. A seguire, troviamo Verona (con più 33 ettari), L’Aquila (29), Olbia (25), Foggia (23), Alessandria (21), Venezia (19) e Bari (18). Mentre tra i municipi minori spicca Nogarole Rocca, in provincia di Verona, che sfiora un incremento di 45 ettari.

La crescita demografica diminuisce e il consumo di suolo aumenta

Il fenomeno, come dicevamo, non procede di pari passo con la crescita demografica: ogni abitante italiano ha in ‘carico’ oltre 380 m2 di superfici occupate da cemento, asfalto o altri materiali artificiali, un valore che cresce di quasi 2 metri quadrati ogni anno, con la popolazione che, al contrario, diminuisce sempre di più. È come se, nell’ultimo anno, avessimo costruito 456 m2 per ogni abitante in meno.

La cementificazione aumenta l’isola di calore

Il consumo di suolo in città ha un forte legame anche con l’aumento delle temperature. Dalla maggiore presenza di superfici artificiali a scapito del verde urbano, infatti, deriva anche un aumento dell’intensità del fenomeno delle isole di calore. Con una differenza di temperatura estiva delle aree urbane rispetto a quelle rurali, che raggiunge spesso valori superiori a 2°C nelle città più grandi.

Consumo di suolo anche nelle aree protette

Ma il consumo di suolo – non necessariamente abusivo – cresce anche nelle aree protette (+108 ettari nell’ultimo anno), nelle aree vincolate per la tutela paesaggistica (+1074 ettari), in quelle a pericolosità idraulica media (+673 ettari) e da frana (+350 ettari) e nelle zone a pericolosità sismica (+1803 ettari).

Danni ambientali ed economici

Negli ultimi sei anni, secondo le prime stime, l’Italia ha perso superfici che erano in grado di produrre tre milioni di quintali di prodotti agricoli e ventimila quintali di prodotti legnosi. Oltre ad assicurare lo stoccaggio di due milioni di tonnellate di carbonio e l’infiltrazione di più di 250 milioni di metri cubi di acqua di pioggia che ora, scorrendo in superficie, non sono più disponibili per la ricarica delle falde aggravando la pericolosità idraulica dei nostri territori.

Al danno ambientale si unisce anche quello economico, che l’Ispra stima tra i 2 e i 3 miliardi di euro all’anno dovuti alla perdita dei servizi ecosistemici del suolo.

Serve un nuovo assetto normativo nazionale

Questi dati allarmanti spingono a riflettere sul fenomeno e soprattutto sull’urgenza di misure concrete per contrastarlo. ISPRA e SNPA, all’interno del progetto europeo SOlL4LIFE, stanno lavorando con le Regioni alla realizzazione di Osservatori Regionali sul consumo di suolo, ai quali spetterà il compito di supportare, con il monitoraggio del SNPA sul consumo di suolo, le attività di pianificazione sostenibile del territorio.

Ma per ottenere dei risultati concreti, sottolineano dall’Istituto, serve la definizione di un assetto normativo nazionale.

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