Il
servizio idrico ha avviato negli ultimi anni un percorso di
digital transformation, ma l’adozione di tecnologie digitali è ancora in uno stadio iniziale. Perché possa esprimere appieno l’ampio potenziale di benefici che ne possono derivare, andrebbe sostenuta con azioni concrete su più fronti: normativo, regolatorio e finanziario.
Questo è quanto emerge dal
position paper “Water 4.0: la rivoluzione digitale nel servizio idrico integrato”, pubblicato a fine febbraio dal
Laboratorio Ref Ricerche, un think tank che intende riunire selezionati rappresentanti del mondo dell’impresa, delle istituzioni e della finanza al fine di rilanciare il dibattito sul futuro dei Servizi Pubblici Locali. Il documento sottolinea come il connubio tra digitalizzazione e Servizio Idrico Integrato sia destinato a rafforzarsi sempre più.
Il report parte dalla premessa che la trasformazione digitale in cui siamo immersi da ormai 10 anni non è limitata solo al modo di produrre, ma coinvolge anche la modalità di erogazione dei servizi. In questa ottica, la tecnologia digitale diventa uno strumento per
ottimizzare la gestione dei processi, l’uso delle risorse e la soddisfazione dell’utenza. Prestando contemporaneamente attenzione a ridurre gli
impatti sull’ambiente, a rispettare normative e regolamentazioni, e a mantenere la
sostenibilità della tariffa.
Le sfide prioritarie per il settore
Per quanto riguarda il settore idrico, secondo il think tank, le
sfide più importanti e urgenti da affrontare sono: frenare il degrado dell’infrastruttura e proseguire nella manutenzione del patrimonio idrico; garantire la qualità della risorsa idrica; migliorare il rilevamento delle perdite; efficientare i processi; soddisfare la crescente domanda di acqua; e decentralizzare i sistemi idrici.
Gli autori del documento delineano come la trasformazione digitale del settore possa aiutare il Servizio Idrico integrato a
raggiungere questi obiettivi. Si tratta di
applicazioni 4.0 come i Big Data, l’Internet of Things (IoT), la Cyber-Security, l’intelligenza artificiale, e le tecnologie cloud. Che possono essere integrate lungo tutta la catena di valore del ciclo dell’acqua.
Gli strumenti a disposizione
Il think tank insiste in particolare sull’importanza delle
“cyber-infrastrutture”, composte da sistemi di raccolta dati e di conservazione, elaborazione e visualizzazione degli stessi. Nel primo caso, parliamo di sensori e strumentazioni, nel secondo di smart water network, IoT, tecniche di data-science, augmented intelligence e blockchain. Si tratta di strumenti che permettono di
prendere decisioni più consapevoli in tempo reale. Questi sistemi, infatti, sono interconnessi tramite software e reti e offrono nuove possibilità di analizzare, automatizzare, correggere, prevedere e minimizzare i rischi.
Il secondo step della rivoluzione digitale nel settore, secondo gli autori del documento, riguarda le tecnologie basate sull’
analisi cognitiva che consentono di ottenere valore dai dati, orientare le scelte verso l’azione migliore, prevedere i potenziali guasti e automatizzare i processi e le scelte. Qui subentrano altre applicazioni 4.0, come
l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico, che migliorano la gestione operativa in tempo reale. Fino all’utilizzo dei “gemelli digitali”, repliche virtuali di un processo o di un sistema che possono essere usate per formare operatori e tecnici a prendere decisioni e ad abilitare sistemi automatici di comando e controllo.
Il ruolo della comunicazione
Nel paper viene messo in luce come la digitalizzazione nel servizio idrico può diventare anche un’occasione per
instaurare un legame forte e proficuo con i cittadini-utenti. Le applicazioni mobile, la messaggistica istantanea con chatbot, gli sportelli online, le aree utenti web personali, le piattaforme informative e interattive, ad esempio, possono creare uno spazio di coinvolgimento maggiore, comunicare in modo trasparente e immediato, semplificare l’espletamento di pratiche amministrative end to end. Ma anche veicolare consigli sul risparmio idrico in ambito domestico e favorire l’educazione ambientale.
Una customer experience più intensa e partecipata, spiegano gli autori del documento, ha anche il vantaggio di contribuire alla
costruzione della fiducia e della credibilità nei riguardi del gestore. E può anche arrivare a trasformare la relazione gestore-utente da mero rapporto commerciale a contratto sociale fatto di diritti e doveri, in cui utenti e gestori agiscono insieme per creare valore e qualità a beneficio della comunità.
La situazione in Italia
Il rapporto rileva che in Italia la digitalizzazione del servizio idrico si trova ancora in uno stadio iniziale, indietro rispetto ad altre utility o a settori come le banche, le telecomunicazioni, il commercio o la logistica. E cita quanto emerge dai dati presentati nell’Orange Book 2018 di Utilitatis: il
settore idrico presenta la più bassa percentuale di investimenti in tecnologie digitali tra i servizi a rete nel triennio 2015-2017.
Inoltre, rimarca che il settore idrico necessita ancora di una grande mole di investimenti nelle infrastrutture fisiche per recuperare l’arretratezza accumulata fino all’avvento della regolazione ARERA del 2012. Dai dati resi pubblici dall’Autorità Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (Arera) nella Relazione Annuale 2020, infatti, emerge come la
georeferenziazione delle reti è stata completata solo per il 77% degli acquedotti e per il 71% delle fogne gestite dai principali operatori del Paese. Con situazioni carenti soprattutto al Sud e nelle Isole.
Gli investimenti in digitalizzazione
Il think tank riporta che la quota maggiore di investimenti digitali nel settore, il 49% del realizzato nel biennio 2018/19 e il 27% del programmato nel quadriennio 2020/23, riguarda l’
acquisizione e l’
affidabilità dei dati. Seguono, con il 14% del realizzato e il 23% del programmato, gli
investimenti in telelettura e telecontrollo, monitoraggio da remoto e automazione,
distrettualizzazione, modellazione reti, software di simulazione idraulica e smart metering.
Gli
interventi di contrasto alle interruzioni di servizio coprono l’8% degli investimenti; la
telegestione, l’automazione, e il monitoraggio in continuo delle portate e modellazione delle reti fognarie hanno ottenuto il 6% e l’8%; e un 5% e 6% sono andati alla
riduzione dei fanghi in discarica. Una quota residuale riguarda l’automazione e il telecontrollo presso gli impianti di potabilizzazione e depurazione. Infine, il 2-3% degli investimenti digitali è dedicato a rafforzare il rapporto con l’utenza.
Dal report emerge che le
aziende di maggiori dimensioni, cioè quelle sopra il milione di abitanti serviti, sono quelle che investono più risorse nella digitalizzazione e che trainano gli investimenti. Gli autori sottolineano anche che le esperienze più avanzate hanno inserito l’innovazione e la digitalizzazione tra i
pilastri dei propri piani industriali e delle strategie di sostenibilità.
Gli ostacoli alla digitalizzazione
Il paper analizza anche le cause del basso livello di digitalizzazione del settore idrico in Italia. In primis,la
connettività non ottimale e l’
inadeguatezza delle infrastrutture di trasmissione dei dati generano problemi operativi al personale tecnico che si occupa di manutenzioni o interventi sulle reti. Un’altra carenza è legata alla
cultura e organizzazione aziendale, al cambio di mentalità da parte del management, alla riorganizzazione del modo di lavorare in azienda e all’aggiornamento del capitale umano.
Ulteriori barriere sono legate all’
indeterminatezza del contesto di riferimento, alla
mancanza di standard industriali e all’
incertezza della validità delle soluzioni tecniche proposte. Infine, a rallentare gli investimenti in digitalizzazione contribuisce anche il fatto che non trovano
completa copertura finanziaria in tariffa, a causa della necessità di tener conto dell’equilibrio economico-finanziario delle tariffe e della loro sostenibilità-accettabilità da parte dell’utenza.
Per superare questi ostacoli agli investimenti, il position paper suggerisce di cercare forme alternative di finanziamento, come ad esempioi fondi europei del
Recovery Fund e i
crediti d’imposta del “Piano Transizione 4.0”. Inoltre, perora la causa di
un intervento di ARERA per una progressiva revisione della regolazione esistente, l’avvio di sandbox per permettere ai gestori di sperimentare e innovare con minori vincoli regolatori, lo sviluppo di progetti pilota, e attività di indagine e informazione sui risultati delle pratiche e delle sperimentazioni.