Innovazione

Semplificazione digitale nella PA: fronte comune delle imprese e dei professionisti

Il DL 16 luglio 2020 da una spinta alle imprese, Università, enti di ricerca e società con caratteristiche di spin off o di start up universitari che intendono sperimentare iniziative attinenti all'innovazione tecnologica e alla digitalizzazione
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Semplificazione digitale nella PA: fronte comune delle imprese e dei professionisti
Le novità introdotte dall’art. 36 D.L. 16 luglio 2020, n. 76 mirano a semplificare e favorire le iniziative innovative con particolare riferimento alle sperimentazioni mediante l’impiego delle tecnologie emergenti, consentendo anche di chiedere la temporanea deroga alle norme che impediscono la sperimentazione, fatta eccezione per quelle a tutela della salute, dell’ambiente, dei beni culturali e paesaggistici, delle disposizioni penali o del codice delle leggi antimafia e dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea o da obblighi internazionali.

Le misure di semplificazione

Si offre così la possibilità alle imprese, Università, enti di ricerca e società con caratteristiche di spin off o di start up universitari che intendono sperimentare iniziative attinenti all’innovazione tecnologica e alla digitalizzazione di presentare alla struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per la trasformazione digitale i relativi progetti, con contestuale domanda di temporanea deroga alle norme che impediscono la sperimentazione. Particolarmente articolata la procedura. Le domande vengono contestualmente indirizzate anche al Ministero dello sviluppo economico che, sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per gli eventuali aspetti relativi alla sicurezza della circolazione, le esamina entro 30 giorni dal ricevimento e redige una relazione istruttoria contenente la proposta di autorizzazione alla struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri, che autorizza qualora i progetti presentino concreti ed effettivi profili di innovazione tecnologica stabilendo le modalità di svolgimento. Spetta alla stessa struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri, d’intesa col MISE, di vigilare sulla sperimentazione autorizzata e verificare il rispetto delle prescrizioni imposte, l’avanzamento dell’iniziativa, i risultati conseguiti e gli impatti sulla qualità dell’ambiente e della vita. Al termine della sperimentazione l’impresa richiedente trasmette una documentata relazione con la quale illustra i risultati del monitoraggio e della sperimentazione, nonché i benefici economici e sociali conseguiti. La struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri attesta se l’iniziativa si è conclusa positivamente ed esprime un parere al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro competente per materia sulla opportunità di modifica delle disposizioni di legge o di regolamento che disciplinano l’attività oggetto di sperimentazione. La procedura si chiude entro novanta giorni dalla data dell’attestazione positiva con l’impegno del Presidente del Consiglio dei ministri o Ministro delegato a promuovere le iniziative normative e regolamentari necessarie per disciplinare l’esercizio dell’attività oggetto di sperimentazione. Il comma 8 elenca infine alcuni casi in cui non può applicarsi la sperimentazione:
  • le attività relative al Fondo indennizzo risparmiatori (FIR), che eroga indennizzi a favore dei risparmiatori che hanno subito un pregiudizio ingiusto da parte di banche e loro controllate aventi sede legale in Italia, poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018 in ragione delle violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza;
  • le attività di raccolta del risparmio, credito, finanza, moneta, moneta elettronica, sistema dei pagamenti, assicurazioni e di ogni altro servizio finanziario oggetto di autorizzazione ai sensi di disposizioni dell’Unione europea o nazionali che danno attuazione a disposizioni dell’Unione europea;
  • la materia di sicurezza nazionale;
  • la materia anagrafica, di stato civile, di carta d’identità elettronica, elettorale e referendaria, nonché i procedimenti di competenza delle autorità provinciali di pubblica sicurezza relativi a pubbliche manifestazioni, misure di prevenzione personali e patrimoniali, autorizzazioni e altri provvedimenti a contenuto abilitativo, soggiorno, espulsione e allontanamento dal territorio nazionale degli stranieri e dei cittadini dell’Unione europea, o comunque ogni altro procedimento a carattere preventivo in materia di pubblica sicurezza e provvedimenti e comunicazioni ad essi connessi.

L’utilizzo della posta elettronica per la semplificazione digitale nella PA

L’art. 37 introduce modifiche atte a favorire l’utilizzo della posta elettronica certificata nei rapporti fra amministrazione, imprese e professionisti, attraverso il completamento dei percorsi di transizione digitale delle imprese e dei comparti amministrativi di riferimento, con l’obiettivo di agevolarne l’operatività, sia in situazioni emergenziale che nella prossima fase di recupero e rilancio produttivo. Le modifiche introdotte si propongono di dare effettiva attuazione alle disposizioni dell’art. 16, D.L. n. 185/2008 e dell’art. 5, D.L. n. 179/2012, oggi confluite nel CAD, che impongono alle imprese costituite in forma societaria la comunicazione del proprio indirizzo PEC al Registro delle imprese e, ai professionisti iscritti in albi ed elenchi, la comunicazione ai rispettivi ordini o collegi. Obbligo rimasto a tutt’oggi largamente inattuato. Il primo obbligo è proprio quello di comunicare, entro il 1° ottobre 2020, al Registro delle imprese il domicilio digitale, che prende il posto della classica posta elettronica certificata. Le imprese che non dovessero ottemperare sono sottoposte al doppio della sanzione prevista dall’art. 2630 del codice civile in caso di omessa esecuzione di denunce, comunicazioni e depositi, che va da 103 a 1.032 euro. All’irrogazione della sanzione provvede il Registro delle imprese che contestualmente assegna d’ufficio un nuovo e diverso domicilio digitale i cui costi sono a valere sui ricavati delle sanzioni riscosse. Viene inoltre riconosciuto al Conservatore dell’ufficio del Registro delle imprese che rileva un domicilio digitale inattivo di chiedere alla società di provvedere all’indicazione di un nuovo domicilio entro trenta giorni, decorsi i quali procede con propria determina alla cancellazione dell’indirizzo dal Registro. Nel caso di domanda di iscrizione da parte di un’impresa individuale che non ha indicato il proprio domicilio digitale, in luogo sanzione viene sospesa la domanda in attesa che venga integrata. La sanzione è invece triplicata nel caso di imprese individuali attive e non soggette a procedura concorsuale che non hanno indicato il proprio domicilio digitale entro il 1° ottobre 2020 o sia stato cancellato dall’ufficio del Registro delle imprese. Regole analoghe vengono innestate per i professionisti che, qualora non comunichino il proprio domicilio digitale all’albo o elenco di appartenenza, sono obbligatoriamente soggetti a diffida ad adempiere entro trenta giorni e in caso di mancata ottemperanza soggiacciono alla sanzione della sospensione dall’albo o elenco fino alla comunicazione del domicilio. Ma ce n’è anche per il collegio dell’ordine professionale, per il quale l’omessa pubblicazione dell’elenco riservato, il rifiuto reiterato di comunicare i dati alle pubbliche amministrazioni e la reiterata inadempienza dell’obbligo di comunicare l’elenco dei domicili digitali e il loro aggiornamento costituiscono motivo di scioglimento e di commissariamento ad opera del Ministero vigilante. Artt. 36, 37, D.L. 16 luglio 2020, n. 76 (G.U. 16 luglio 2020, n. 178, S.O. n. 24) Autore: Amedeo Di Flilippo  – Dirigente Comunale Questo articolo è offerto da Leggi d’Italia- Il Quotidiano per la P.A.  Per saperne di più clicca nel box qui sotto
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