Sicurezza sul lavoro

Subappalto e costi della sicurezza: gli influssi del TUSL sul Codice appalti

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Stanno inevitabilmente emergendo, con l'andare del tempo, le difficoltà applicative causate dall'art. 26, comma 5, TUSL (D.Lgs. n. 81/2008): nel quale si impone che nei singoli contratti di subappalto vengano evidenziati i costi relativi alla sicurezza del lavoro. Una norma destinata a creare grave scompiglio nella già complicata gestione dei subabbalti (in ispecie pubblici); anche – e soprattutto – a causa dell'ulteriore obbligo di estendere tale regime anche ai contratti in corso. Obbligo che, alla luce della clausola di nullità infelicemente inclusa nella norma in esame, è destinato a causare sui contratti in questione conseguenze quanto meno paradossali.

L’oggetto della norma

Recita l’art. 26, V comma del TUSL:

Nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di somministrazione, anche qualora in essere al momento della data di entrata in vigore del presente decreto, di cui agli articoli 1559, ad esclusione dei contratti di somministrazione di beni e servizi essenziali, 1655, 1656 e 1677 del codice civile, devono essere specificamente indicati a pena di nullità ai sensi dell’articolo 1418 del codice civile i costi delle misure adottate per eliminare o, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi in materia di salute e sicurezza sul lavoro derivanti dalle interferenze delle lavorazioni. I costi di cui primo periodo non sono soggetti a ribasso. Con riferimento ai contratti di cui al precedente periodo stipulati prima del 25 agosto 2007 i costi della sicurezza del lavoro devono essere indicati entro il 31 dicembre 2008, qualora gli stessi contratti siano ancora in corso a tale data. A tali dati possono accedere, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

I contratti ai quali si applica la norma in esame sono, in particolare:

– i contratti di somministrazione (art. 1559 cod.civ.);

– i contratti di appalto (artt. 1655 e 1656);

– gli appalti aventi ad oggetto prestazioni continuative o periodiche di servizi, per i quali l’art. 1677 del codice impone l’osservanza delle norme sulla somministrazione.

Le singole tipologie di contratti così individuate vengono in considerazione soltanto quando si sia in una situazione di subappalto. A questo punto, onde evitare una contraddizione nella norma, il concetto di subappalto deve essere inteso in senso ampio, ricomprendendovi per l’appunto sia i subappalti veri e propri (contratto di appalto a valle di un altro contratto di appalto), sia i contratti di somministrazione e i contratti aventi ad oggetto prestazioni continuative e periodiche di servizi i quali – a loro volta – stiano a valle di un contratto di appalto.

I costi da indicare

Tralasciando per ora il regime di nullità dei contratti, che impegnerà nel prosieguo la trattazione, per tali contratti «devono essere specificamente indicati […] i costi delle misure adottate per eliminare o, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi in materia di salute e sicurezza sul lavoro derivanti dalle interferenze delle lavorazioni».

Per il resto, nessun problema interpretativo è offerto dal concetto di eliminazione o riduzione al minimo dei rischi, il quale è figlio dei più ampi e generali principi del TUSL.

Per altro verso, i costi di cui si parla sono quelli sostenuti per rimuovere – o ridurre al minimo – i rischi «derivanti da interferenze nelle lavorazioni». Si tratta di un passaggio di non immediata comprensione: perché infatti i costi non devono essere indicati per tutti rischi tipici del cantiere, bensì solo per quelli causati dalle interferenze nelle lavorazioni? E in che cosa consiste, di preciso, questa categoria di rischi?

Il fatto è che il legislatore, con quel suo operare sempre un po’ dettato dall’approssimazione e dall’urgenza, ha voluto scattare una sorta di frettolosa ideale fotografia alla situazione dei subappalti. Fotografia dalla quale emerge che – in ispecie nella più vasta e complessa realtà degli appalti pubblici – si pongono spesso gravi problemi di coesistenza tra l’una e l’altra impresa: le quali, operando fianco a fianco, negli stessi siti e con tempistiche accavallate, tendono molto semplicemente a darsi fastidio tra di loro, correlativamente moltiplicando i rischi cui vanno incontro i singoli lavoratori.

La particolare attenzione del legislatore alla situazione di interferenza operativa appare dunque tecnicamente giustificata; viene soltanto da domandarsi perché ciò non sia stato considerato come parte dei costi per la sicurezza di cantiere bensì come unico centro di costo da evidenziare. Fatto che, se da un lato limita il numero di dati di cui tener conto in sede di evidenziazione dei costi, dall’altro può rendere assai arduo il loro scorporo dai costi generali di sicurezza del cantiere. Donde la prevedibile tendenza delle imprese a includere nel contratto, , tutti i costi di tale natura.

Il divieto di ribasso

Ai sensi della norma in esame, «i costi di cui al primo periodo non sono soggetti a ribasso». Si tratta di una clausola che non compariva nel testo originario dell’articolo, e che è stata inserita con il D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106 (c.d. «decreto correttivo»).

In questo modo, il legislatore ha ovviato a una dimenticanza che si trascinava sin dall’entrata in vigore del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice appalti), il cui art. 131, al comma 2, prevede che gli oneri per la sicurezza non siano mai soggetti a ribasso d’asta. Norma, quest’ultima, che governa le offerte da presentare in sede di gara di appalto, e che il legislatore non aveva mai riverberato sui relativi contratti di subappalto, nei quali, dunque, si rischiava che l’impresa subappaltatrice «facesse lo sconto» all’impresa appaltatrice in tema di obbligo di sicurezza, con conseguente disattendimento della filosofia di cui all’art. 131 stesso.

Orbene, tale lacuna risulta oggi colmata dall’art. 26 TUSL. Al di là del fatto che il legislatore abbia approfittato di una sede non in sé opportuna per colmare una sua dimenticanza (la norma sarebbe stata assai meglio ospitata nel Codice degli Appalti), non resta che notare che l’obbligo di evidenziazione dei costi viene ad avere a questo punto il principale scopo di verificare che non sia stato violato tale divieto di ribasso.

La clausola di nullità

Gravi problemi interpretativi vengono causati – come accennato – dal fatto che l’inclusione nel contratto dei costi per la sicurezza sia prevista dalla norma a pena di nullità del contratto stesso.

Non è così infrequente, in realtà, che il legislatore recente preveda una clausola contrattuale a pena di nullità, così integrando la classica norma generale che ancora la nullità alla mancanza di uno degli elementi essenziali del contratto. Né, del resto, è nuovo il fatto che la nullità in questione venga graduata ed adattata alle esigenze contingenti del legislatore: fatto che storicamente mal si concilia con l’ampiezza e la “graniticità” della principessa delle clausole di invalidità del contratto.

Un esempio su tutti: in tema di vendita di immobili da costruire, la nullità del contratto per omissione della fideiussione a garanzia del completamento dell’immobile può essere fatta valere unicamente dall’acquirente (art. 2, D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122): eccezione assai significativa al generale principio art. 1421 cod.civ, secondo il quale la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse (eccezione peraltro espressamente consentita dallo stesso articolo, il quale fa salvo il caso in cui la legge disponga altrimenti).

Il problema, in questo caso, è però un altro. La norma in esame impone che l’esposizione dei costi nel contratto sia acclusa anche ai contratti già in corso al momento dell’entrata in vigore del TUSL. Ordunque, è noto che la nullità produce i suoi effetti – vale a dire come se il contratto nullo non fosse mai venuto in essere; e come è allora possibile che un contratto validamente stipulato in allora, il quale sia già in piena e magari avanzata esecuzione, venga obliterato retroattivamente dall’omesso adeguamento a una disposizione sopravvenuta?

Tutto ciò è visceralmente contrario al generale divieto di retroattività della legge fissato dall’art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale (c.d. Preleggi), in base al quale la legge non dispone che per l’avvenire. Ma, pur volendo esulare da una così profonda censura e dalle conseguenze che ne deriverebbero, viene da chiedersi che cosa accada ai contratti già in essere nei quali – per l’appunto – non sia stata inclusa la prescritta evidenziazione dei costi per la sicurezza.

Considerazioni conclusive

Nonostante i tre anni abbondanti di vigenza della norma in esame, è ancora presto per capire se la «clausola di nullità sopravvenuta» avrà davvero i temibili effetti da noi ipotizzati: se, cioè, qualche azione in giudizio incentrata su tale punto si concluderà con la declaratoria di nullità del contratto e il conseguente, di fatto assai poco attuabile obbligo di cancellare ogni traccia dell’esecuzione del contratto stesso.

Nelle more, non si può che auspicare vivamente un intervento correttivo del legislatore, il quale, avvezzo ormai a tamponare troppo spesso leggi dalla freschissima vigenza, dovrebbe forse in questo caso assumere l’iniziativa di correggere un marchiano paradosso tracciato ai danni del diritto e – ciò che forse è più grave – della pura e semplice realtà dei fatti.

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