Sicurezza sul lavoro

Beep, gli infortuni sul lavoro da temperature estreme

Il progetto Beep analizza gli incidenti occupazionali dovuti al caldo e al freddo in Italia dal 2006 al 2010 e l’importanza della prevenzione
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Beep, gli infortuni sul lavoro da temperature estreme

L’Inail ha presentato i dati del progetto Beep, in merito agli effetti delle temperature estreme e la loro influenza sugli infortuni occupazionali in Italia. Lo studio, realizzato in collaborazione con il Cnr e il Dipartimento di epidemiologia della Regione Lazio, è il primo di dimensione nazionale realizzato nel nostro Paese. I numeri sono notevoli: sono stati presi in considerazione 2.277.432 infortuni sul lavoro nel periodo 2006-2010. Ecco i risultati più interessanti del progetto.

Il caldo, il freddo e le differenze di genere

Gli infortuni attribuibili all’esposizione alle temperature estreme sono 5.211 all’anno, l’1,14% del totale. Nella determinazione dell’infortunistica rientrano diversi fattori. A cominciare dall’età: tra i più giovani, infatti, sono maggiori i rischi legati al caldo. Per i lavoratori con più esperienza, invece, il nemico numero uno è il freddo. Differenze emergono anche per quanto concerne l’appartenenza di genere: le donne sono più sensibili alle basse temperature rispetto agli uomini, mentre l’effetto del caldo è più rilevante nelle piccole imprese. Lo studio epidemiologico nazionale realizzato dagli analisti del Progetto Beep indica che più della metà degli infortuni sono riferiti a lavoratori di età compresa tra 35 e 60 anni (61% negli uomini e 69% nelle donne). La durata del congedo è statisticamente inferiore ai 15 giorni, senza differenze significative di genere.

I settori più a rischio secondo Beep

Interessanti anche i risultati che arrivano dai differenti ambiti di lavoro. I lavoratori nel settore dell’edilizia sono risultati essere i più suscettibili alle elevate temperature. Chi invece è occupato nella pesca e nei trasporti pare proprio non soffrire il freddo. E ancora: magazzinieri, operai generici e meccanici presentano rischi significativi di infortuni sul lavoro se esposti a temperature elevate. La maggior parte degli infortuni (37,9%) si è verificata nelle piccole imprese.

L’importanza della prevenzione alla luce di Beep

Un’analisi molto utile e che servirà sicuramente a definire le misure di prevenzione per evitare infortuni in determinate situazioni climatiche e geografiche. “Alla luce degli scenari di cambiamento climatico – si legge in una nota Inail -, in particolare all’intensificarsi dell’intensità e della frequenza delle ondate di calore, è necessario considerare la protezione dei lavoratori dai rischi di infortunio connessi alle temperature come una priorità”. Si tratta di una priorità anche per l’Organizzazione mondiale della sanità: secondo il Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc), senza interventi di mitigazione, fra il 2030 ed il 2050 il riscaldamento globale raggiungerà 1,5°C.

Il rapporto dell’Ipcc

In un recente rapporto dell’Ipcc, tra l’altro, emergerebbe proprio la necessità di limitare il global warming a 1,5° rispetto ai 2 previsti da numerosi scienziati internazionali. Il documento mette in evidenza un numero di impatti dei cambiamenti climatici che potrebbero essere evitati limitando il riscaldamento globale. Per esempio, entro il 2100 l’innalzamento del livello del mare su scala globale sarebbe più basso di 10 cm con un riscaldamento di 1,5°C rispetto a 2°C. Le barriere coralline diminuirebbero del 70-90% con un riscaldamento globale di 1,5°C, mentre con 2°C se ne perderebbe praticamente la totalità.

Le emissioni di CO2

Secondo l’Ipcc, infine, limitare il riscaldamento globale a 1,5°C richiederebbe “rapide e lungimiranti” trasformazioni in molti settori: dal suolo all’energia, dall’industria, all’edilizia. Senza dimenticare i trasporti e la pianificazione urbana. In tutta questa rivoluzione climatica, le emissioni di CO2 nette globali prodotte dall’attività umana dovrebbero diminuire di circa il 45% entro il 2030, raggiungendo lo zero intorno al 2050. Questo vuol dire che ogni emissione rimanente dovrebbe essere bilanciata dalla rimozione di CO2 dall’atmosfera.

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