Sicurezza sul lavoro

Maternità, sicurezza e salute sul luogo di lavoro

Condividi
Le procedure necessarie per ottenere l’interdizione anticipata del congedo e la proroga fino a sette mesi dopo il parto, qualora siano presenti rischi non eliminabili.

Nel caso in cui la lavoratrice sia adibita a lavori pericolosi ed insalubri – elencati negli allegati A, B e C al D.Lgs. n. 151/2001 e nelle Linee Guida della Commissione UE e, soprattutto, analizzati nel DVR specifico per le gestanti e puerpere – il datore di lavoro è tenuto ad adottare le misure necessarie per evitare l’esposizione al rischio e, se tale esposizione non è oggettivamente eliminabile, lo stesso è tenuto ad adibire la gestante e/o la puerpera a mansioni anche inferiori, mantenendole la normale retribuzione.

A volte, però, non è possibile adibire la donna ad altre mansioni perché, magari, non ve ne sono di non rischiose, o perché la lavoratrice non ha le capacità per svolgere eventuali mansioni disponibili in azienda che non presentino rischi o i cui rischi siano eliminabili, o ancora perché in azienda non vi sono altre mansioni “libere” esenti da rischi.

L’interdizione anticipata

Quando sussistono:

– condizioni di lavoro pregiudizievoli per la salute della gestante e del feto non eliminabili e

– l’impossibilità di adibire la lavoratrice a mansioni non a rischio,

la gestante stessa ha diritto all’anticipazione del congedo di maternità ai sensi dell’art. 17, comma 2, lett. b) e c), D.Lgs. n. 151/20001 e per ottenerla è necessario che la stessa, o il suo datore di lavoro, presentino apposita richiesta alla DPL competente per territorio, ovvero quella sita nella provincia ove si svolge la prestazione lavorativa, corredata da un certificato attestante la gravidanza in atto.

Gli Uffici competenti, per emettere il provvedimento sono tenuti a constatare, direttamente o tramite il SSN, la sussistenza del rischio e l’impossibilità di adibire la lavoratrice ad altre mansioni compatibili con il suo stato di gravidanza.

Tuttavia, come previsto dall’art. 18 del DPR n 1026/1976 e confermato dal Ministero del Lavoro con l’interpello prot. 97/2006, la DPL, fermo restando la facoltà di successivi accertamenti, può disporre immediatamente l’astensione dal lavoro nel caso in cui il datore di lavoro, anche tramite la lavoratrice, produca una dichiarazione nella quale risulti in modo chiaro, sulla base di elementi tecnici attinenti all’organizzazione aziendale, l’impossibilità di adibire la stessa ad altre mansioni.

Il provvedimento va adottato dall’Ufficio competente, entro sette giorni dalla presentazione di tutta la documentazione completa e la decorrenza dell’interdizione coinciderà con la data di emissione stessa, non potendo essere retroattiva, giusta specifica del Ministero del Lavoro.

Poiché l’interdizione “per lavoro a rischio” non può prescindere da un sottostante rapporto di lavoro, il provvedimento non può essere emanato dalla DPL qualora la lavoratrice sia disoccupata, sospesa, in Cassa Integrazione, ecc.

Inoltre, in caso di rapporto di lavoro a tempo determinato, il provvedimento avrà un termine di scadenza che coinciderà con la prevista cessazione del rapporto di lavoro.

Se la lavoratrice ha in essere più rapporti di lavoro part-time, potrebbe anche aver diritto all’interdizione anticipata per un solo rapporto (perché magari solo un rapporto di lavoro presenta dei rischi o perché magari solo in un caso non può essere adibita ad altre mansioni non a rischio), ed in tal caso la stessa continuerà le sue prestazioni con gli altri datori di lavoro.

Infine, in caso di intervenuta cessazione del rapporto di lavoro durante il periodo di interdizione anticipata disposto dalla DPL, l’INPS può chiedere alla DPL stessa di rettificare il provvedimento a suo tempo emesso.

La proroga del congedo di maternità

Le DPL possono anche autorizzare la proroga del congedo di maternità fino a sette mesi dopo il parto, ex art. 17, comma 2, lett. b) e c), D.Lgs. n. 151/2001:

– quando sussistono particolari rischi pregiudizievoli per la salute della donne e del bambino, non eliminabili, e

– l’impossibilità di spostare la puerpera a mansioni diverse non a rischio.

Anche in questo caso è necessario che la lavoratrice o il suo datore di lavoro presentino apposita richiesta alla DPL competente corredata dal certificato di nascita del bambino o apposita autocertificazione della madre (la DPL competente è sempre quella ove ha luogo la prestazione lavorativa).

Analogamente all’interdizione anticipata, il provvedimento di proroga può essere emesso previa constatazione della DPL o tramite il SSN, delle condizioni che ne giustifichino l’emissione, anche se, fermo restando la facoltà di successivi accertamenti, l’Ufficio può disporre immediatamente la proroga del congedo di maternità nel caso in cui il datore di lavoro, anche tramite la lavoratrice, produca una dichiarazione nella quale risulti in modo chiaro, sulla base di elementi tecnici attinenti all’organizzazione aziendale, l’impossibilità di adibire la stessa ad altre mansioni.

Anche la proroga del congedo di maternità è strettamente legata alla sussistenza di un rapporto di lavoro per cui non spetta a lavoratrici disoccupate, in CIGS o sospese, o oltre la scadenza di un contratto a termine. Il provvedimento di proroga del congedo di maternità non può essere retroattivo per cui decorrerà dall’emissione del provvedimento; a tal proposito, per evitare interruzioni nel congedo è preferibile che la lavoratrice o il suo datore di lavoro si attivino al più presto, dopo la nascita del bambino.

Sempre con riferimento alla proroga del congedo di maternità si segnala che l’NPS, con circolare n. 62 del 29 aprile 2010, superando il precedente orientamento, ha stabilito che, in caso di parto prematuro, i giorni di congedo obbligatorio non goduti prima del parto, vadano aggiunti al termine della proroga, consentendo un riconoscimento di un periodo di congedo post- parto maggiore. Tuttavia, poiché ai sensi dell’art. 6 del D.Lgs n. 151/2001, il Capo II prescrive misure per la tutela della sicurezza e della salute delle lavoratrici durante il periodo di gravidanza e fino a sette mesi di età del figlio, la DPL potrà emettere, al massimo, un provvedimento di proroga del congedo di maternità fino a sette mesi di età del bambino. Di conseguenza, in caso di parto prematuro, spetterà al datore di lavoro concedere alla lavoratrice, al termine del provvedimento interdittivo, gli ulteriori giorni non goduti prima della nascita del bambino. Il trattamento Durante il periodo di interdizione anticipata per “lavoro a rischio” o proroga del congedo di maternità fino a sette mesi dopo il parto, autorizzate dalle Direzioni Provinciali del Lavoro, alla lavoratrice spetta lo stesso trattamento economico, normativo e previdenziale, previsto per il congedo di maternità.

Condividi