Le nuove procedure standardizzate di valutazione dei rischi
Le “vecchie” procedure standardizzate
L’idea di guidare le piccole e medie imprese nel percorso di valutazione dei rischi in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, nonché di aiutarle negli adempimenti documentali a supporto di tale valutazione, non è nuova e non nasce con il “Testo Unico” di cui al D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i.
Già il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, recante attuazione delle direttive comunitarie riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, così come modificato dal D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242, prevedeva all’art. 4, comma 9, che per le piccole e medie aziende sarebbe stato emanato da parte degli ex Ministri del Lavoro e della Previdenza Sociale, dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, e della Sanità, sentita la Commissione Consultiva Permanente per la prevenzione degli infortuni e per l’igiene del lavoro, in relazione alla natura dei rischi e alle dimensioni dell’azienda, un apposito decreto ministeriale recante le procedure standardizzate per gli adempimenti documentali relativi alla valutazione del rischi presenti sul luogo di lavoro, di cui dell’art. 4, comma 2, del medesimo decreto legislativo.
In attuazione della previsione di legge veniva così predisposto il Decreto Ministeriale 5 dicembre 1996, ad oggetto “Procedure standardizzate per gli adempimenti documentali ai sensi dell’art. 4, comma 9, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, modificato ed integrato dal decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 294 del 16 dicembre 1996.
Il decreto stabiliva che le piccole e medie imprese, tenuto conto della natura del rischio, potessero utilizzare il modello allegato al provvedimento, per la redazione del documento di valutazione dei rischi di cui all’art. 4, comma 2, del D.Lgs. n. 626/1994 e s.m.i. Per piccole e medie imprese si intendevano quelle di cui all’allegato I del citato decreto “626”, cioè le aziende artigiane e industriali fino a 30 addetti, le aziende agricole e zootecniche fino a 10 addetti, purché assunti a tempo indeterminato, le aziende della pesca fino a 20 addetti e le altre aziende fino a 200 addetti.
Non potevano viceversa adottare le procedure standardizzate, per la particolarità e gravità dei rischi presenti a prescindere dalla dimensione aziendale, le aziende industriali “a rischio d’incidente rilevante” sottoposte alla direttiva “Seveso”, le centrali termoelettriche, gli impianti ed i laboratori nucleari, le aziende estrattive e le altre attività minerarie, le aziende per la fabbricazione ed il deposito di esplosivi, polveri e munizioni e le strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
Il modello standardizzato proposto dal decreto 5 dicembre 1996 era stato messo a punto per agevolare i datori di lavoro esercenti piccole e medie imprese nella redazione del documento di valutazione dei rischi, introdotto per la prima volta nella legislazione italiana a seguito del recepimento delle direttive europee, avendo però chiarito che esso non sostituiva il processo di valutazione dei rischi ma costituiva un riferimento non obbligatorio che il datore di lavoro delle aziende caratterizzate da una bassa incidenza di rischio avrebbe potuto utilizzare come guida alla compilazione del già richiamato documento.
Nelle “vecchie” procedure standardizzate, ora superate dalla “nuove” di cui si dirà nel seguito, era previsto che l’imprenditore che intendeva servirsi del modello avrebbe dovuto compilarlo in tutte le sue parti e corredarlo dalla documentazione di volta in volta necessaria ad illustrare la reale situazione aziendale per tenere sotto controllo i rischi effettivamente presenti, a maggior ragione se il datore di lavoro avesse avuto l’intenzione di assumere personalmente il compito e le responsabilità del servizio di prevenzione e protezione. Veniva così conseguito l’obiettivo di documentare che la valutazione dei rischi fosse stata fatta nel rispetto sia dei criteri formali (coinvolgimento delle persone incaricate o associate, tempi di attuazione, consultazione delle parti interessate, ecc) sia dei criteri sostanziali (concretezza, globalità, congruenza, programmazione delle misure, ecc.) previsti dall’art. 4 del D.Lgs. n. 626/1994 e s.m.i.
Le “nuove” procedure standardizzate
Con il Comunicato “Recepimento delle procedure standardizzate di effettuazione della valutazione dei rischi di cui all’articolo 29, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modifiche ed integrazioni, ai sensi dell’articolo 6, comma 8, lettera f), del medesimo decreto legislativo” (G.U. 6 dicembre 2012 n. 285), il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha reso noto che con Decreto Interministeriale del 30 novembre 2012 sono state approvate le “procedure standardizzate” per la valutazione dei rischi di cui all’articolo 29, comma 5, del decreto legislativo n. 81/2008 e s.m.i., redatte ai sensi dell’articolo 6, comma 8, lettera f), del medesimo decreto.
Il Decreto Interministeriale Lavoro e Politiche Sociali-Salute-Interno del 30 novembre 2012 arriva al termine di un lungo periodo di gestazione e di elaborazione.
L’art. 6, comma 8, lettera f), del D.Lgs. 9 aprile 2008 “Attuazione dell’articolo 1 della Legge 3 agosto 2007, n. 123 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” e s.m.i. prevedeva infatti che la Commissione Consultiva Permanente per la salute e sicurezza sul lavoro avrebbe dovuto elaborare, entro e non oltre il 31 dicembre 2010, le procedure standardizzate di effettuazione della valutazione dei rischi di cui all’articolo 29, comma 5, tenendo conto dei profili di rischio e degli indici infortunistici di settore, da recepirsi con decreto dei Ministeri del Lavoro e delle Politiche Sociali, della Salute e dell’Interno, acquisito il parere della Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano. In realtà, con il consueto ritardo che accompagna tutto il processo di attuazione del “Testo Unico”, solo il 16 maggio 2012 la Commissione Consultiva licenziava le “nuove” procedure standardizzate che ricevevano il parere favorevole della Conferenza Permanente il 25 ottobre 2012 per poi essere definitivamente approvate con il citato Decreto Interministeriale del 30 novembre 2012.
Il modello di riferimento e i destinatari
Il documento sulle procedure standardizzate individua il modello di riferimento per la valutazione dei rischi per le imprese che occupano fino a 10 lavoratori, ma può essere utilizzato anche dalle imprese con numero di lavoratori non superiore a 50.
Scopo della procedura standardizzata è proprio quello di indicare un percorso per effettuare la valutazione dei rischi o aggiornarla, in modo da individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e programmare gli interventi da mettere in atto per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza.
Similmente alle “vecchie” procedure sono escluse dall’utilizzo delle procedure standardizzate le aziende che, a prescindere dalla consistenza numerica, presentano rischi particolari, e cioè ai sensi dell’art. 31, comma 6, del D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i., le aziende industriali a rischio d’incidente rilevante, le centrali termoelettriche, gli impianti ed le installazioni nucleari e le aziende per la fabbricazione ed il deposito di esplosivi, polveri e munizioni. Quanto alle aziende fino a 50 lavoratori, sono escluse dalla possibilità di adottare le procedure, oltre a quelle appena citate, anche le aziende in cui si svolgano attività che espongano i lavoratori a rischi chimici, biologici, da atmosfere esplosive, cancerogeni, mutageni, connessi alla esposizione all’amianto.
Le procedure standardizzate possono invece essere adottate anche dalle aziende, ricomprese nei limiti dimensionali indicati, che rientrano nel campo di applicazione del titolo IV del D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. (attività edili e di genio civile) per la valutazione dei rischi generali d’impresa (resta infatti fermo l’obbligo di elaborazione di uno specifico POS – Piano Operativo di Sicurezza – per ogni cantiere in cui l’azienda andrà ad operare), come fatto intendere, a dire il vero con una formulazione non troppo chiara, dall’art. 29, comma 6-bis, del decreto “81”.
Le procedure standardizzate per la valutazione dei rischi sono composte di due parti, cioè le procedure vere e proprie con le istruzioni per l’utilizzo e la modulistica per la redazione del documento di valutazione dei rischi, e prevedono.
Le fasi operative
Il primo passo è relativo alla descrizione dell’azienda, del ciclo lavorativo e delle attività aziendali e delle mansioni svolte dai lavoratori. A questo proposito sono presenti due diversi moduli (modulo 1.1 e 1.2) da compilare il primo per la descrizione generale dell’azienda e il secondo per la descrizione delle lavorazioni aziendali e l’identificazione delle mansioni dei lavoratori. L’esame delle fasi che compongono il ciclo di attività aziendali deve essere completo, includendo anche quelle di manutenzione, ordinaria e straordinaria, riparazione, pulizia, arresto e riattivazione, cambio di lavorazioni, ecc. Ad esempio è importante evidenziare, ove presenti, le situazioni lavorative particolari quali il lavoro notturno, il lavoro in solitario, le attività esterne effettuate presso aziende in qualità di appaltatore, le attività svolte in ambienti confinati e i lavori in quota.
Il secondo passo è invece relativo all’individuazione dei pericoli presenti in azienda e nell’attività lavorativa. Tali pericoli sono legati alle caratteristiche degli ambienti di lavoro, delle attrezzature di lavoro, degli impianti, degli agenti fisici, chimici, cancerogeni, mutageni o biologici, pertinenti in tutte le attività svolte, comprese quelle di manutenzione, ordinaria e straordinaria, riparazione, pulizia, arresto e riattivazione, cambio di lavorazioni, ecc. Inoltre vanno presi in considerazione i pericoli legati a fattori correlati all’organizzazione del lavoro adottata, alla formazione, informazione e addestramento necessari e, in generale, a qualunque altro fattore potenzialmente dannoso per la salute e la sicurezza dei lavoratori. Per individuare i pericoli di ogni attività, ai quali si dovrà cercare di non esporvi senza necessità i lavoratori addetti ad altre lavorazioni, va utilizzato il modulo 2 presente nel documento allegato al decreto interministeriale. Il modulo riporta le famiglie di pericoli, i pericoli singoli, i riferimenti legislativi pertinenti ai vari pericoli e alcuni esempi di incidenti e criticità. In riferimento alle attività svolgentesi nei cantieri temporanei e mobili non vanno applicate le disposizioni del Titolo II del D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. ma quelle contenute nel Titolo IV del medesimo decreto per l’individuazione dei pericoli nel luogo di lavoro temporaneo o mobile.
Il terzo passo è la valutazione dei rischi associati ai pericoli individuati e l’identificazione delle misure di prevenzione e protezione da attuarsi ai sensi della legislazione pertinente di salute e sicurezza. Qualora si verifichi che non tutte le misure di prevenzione e protezione previste dalla legislazione sono state attuate, si dovrà dar conto che si provvederà con interventi immediati di prevenzione e protezione. Quindi per ciascun pericolo individuato nel modulo 2 si deve accertare che i requisiti previsti dalla legislazione vigente siano soddisfatti (se del caso, anche avvalendosi delle norme tecniche), verificando che siano attuate tutte le misure tecniche, organizzative, procedurali, di dotazione di dispositivi di protezione collettivi DPC e individuali DPI, di informazione, formazione e addestramento, di sorveglianza sanitaria (ove prevista), necessarie a garantire la salute e sicurezza dei lavoratori. Inoltre nella valutazione si deve tener conto delle condizioni che possono determinare una specifica esposizione ai rischi, tra i quali si citano quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal D.Lgs. 26 marzo 2001 n. 151 e s.m.i., quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale. Il modulo 3 (suddiviso in due sezioni, “Valutazione dei rischi e misure attuate” e “Programma di miglioramento”) permette di documentare sinteticamente la valutazione dei rischi, l’individuazione delle misure di prevenzione e protezione attuate e il programma di miglioramento. Per avere una più efficiente gestione delle misure di prevenzione e protezione di ciascun lavoratore è possibile inserire una codifica specifica per ciascuna mansione identificata svolta in azienda dai lavoratori, in modo da collegare il nominativo dei lavoratori operanti in azienda alle mansioni svolte. La valutazione dei rischi deve essere effettuata per tutti i pericoli individuati, utilizzando le metodiche ed i criteri ritenuti più adeguati alle situazioni lavorative aziendali, tenendo conto dei principi generali di tutela previsti dall’art. 15 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. In particolare laddove la legislazione fornisce indicazioni specifiche sulle modalità di valutazione (ad es. rischi fisici, chimici, biologici, incendio, videoterminali, movimentazione manuale dei carichi, stress lavoro-correlato, ecc) si adotteranno le modalità indicate dalla legislazione stessa, avvalendosi anche delle informazioni contenute in banche dati istituzionali nazionali ed internazionali; in assenza invece di indicazioni legislative specifiche sulle modalità di valutazione, si utilizzeranno criteri basati sull’esperienza e conoscenza delle effettive condizioni lavorative dell’azienda e, ove disponibili, come strumenti di supporto, sui dati desumibili dal registro infortuni, dai profili di rischio, dagli indici infortunistici, dalle dinamiche infortunistiche ricostruite, dalle liste di controllo, dalle norme tecniche, dalle istruzioni di uso e manutenzione, ecc.
Infine il quarto passo è relativo alla definizione del programma di miglioramento, inteso come il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza (fra le quali ad esempio il controllo delle misure di sicurezza attuate per verificarne lo stato di efficienza e di funzionalità). Le misure che saranno ritenute opportune per il miglioramento della tutela della salute e sicurezza dei lavoratori devono essere indicate nel modulo 3, assieme ai dati relativi all’incaricato della realizzazione (che può essere lo stesso datore di lavoro) e alla data di attuazione delle stesse.
Qualora il datore di lavoro lo ritenga opportuno ai fini di una migliore descrizione del processo di valutazione del rischio eseguito e della gestione della attuazione delle misure di prevenzione e protezione, la modulistica proposta, reperibile all’indirizzo Internet www.lavoro.gov.it in formato editabile, può essere ampliata con informazioni ulteriori da riportarsi in colonne aggiuntive ai moduli.
Da quanto detto risulta che, a ben vedere, le procedure standardizzate per la valutazione dei rischi non sono procedure “semplificate”; pertanto la compilazione del DVR – Documento di Valutazione dei Rischi- secondo il modello proposto, richiede competenze ed esperienze simili a quelle previste per la realizzazione di un DVR “tradizionale”, in quanto sono comunque necessarie le valutazioni dei rischi specifici effettuate secondo le pertinenti indicazioni legislative (rumore, vibrazioni, ROA, chimico, cancerogeno, biologico, incendio, atmosfere esplosive, attrezzature di lavoro, movimentazione manuale dei carichi, movimenti e sforzi ripetuti degli arti superiori, microclima, caduta dall’alto, stress lavoro-correlato, ecc). Il datore di lavoro, privo delle necessarie competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro, sarà certamente in difficoltà nell’uso, “in proprio”, dello strumento da tanto tempo atteso.
L’adozione delle procedure standardizzate per le imprese fino a 10 dipendenti
Ai sensi dell’art. 29, comma 5, del D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. i datori di lavoro delle imprese che occupano fino a 10 lavoratori (numero computato, è bene ricordalo, in conformità dell’articolo 4 del decreto “81”) devono effettuare la valutazione dei rischi presenti in azienda sulla base delle procedure standardizzate, una volta terminato il periodo transitorio di “autocertificazione”.
L’adozione delle procedure rappresenta quindi un passaggio temporale che fa terminare definitivamente il regime dell’ “autocertificazione” dei rischi, che tanto dibattito aveva suscitato nel tempo. Basta ricordare, ad esempio, che la sentenza della Cassazione Penale n. 23968 del 15 giugno 2011 aveva chiarito che autocertificazione non significava assenza di valutazione e documentazione, in quanto l’art. 4, comma 11, del D. Lgs n. 626/1994 e s.m.i., poi ripreso dall’art. 29, comma 5, del D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i., non andava inteso come un esonero per il datore di lavoro di predisporre e tenere un documento, certamente di contenuti meno analitici; ma comunque contenente una valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tenendo conto delle attrezzature di lavoro, delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché della sistemazione dei luoghi di lavoro.
L’entrata in vigore dell’obbligo di adozione delle procedure standardizzate necessita però di un attento esame, alla luce sia del Decreto Interministeriale 30 novembre 2012 sia della disposizione contenuta nella legge di stabilità 2013 (Legge 24 dicembre 2012, n. 228 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”), con riferimento al già citato art. 29 del D.Lgs. n. 81/2008, come modificato dall’art.1, comma 2, del Decreto Legge 12 maggio 2012, n. 57 “Disposizioni urgenti in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro nel settore dei trasporti e delle microimprese”, in vigore dal 14 maggio 2012, convertito nella Legge 12 luglio 2012, n. 101, in vigore dal 14 luglio 2012.
L’art. 29, comma 5, come novellato dal D.L. n. 57/2012 , prorogando il termine del 30 giugno 2012, ha previsto infatti che fino alla scadenza del terzo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale di approvazione delle procedure standardizzate e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2012 fosse consentita l’autocertificazione della valutazione dei rischi, nel senso di cui all’elaborazione giurisprudenziale sopra evidenziata.
L’art. 1, comma 388, della L. n. 228/2012 (Legge di stabilità per il 2013) fissa ora al 30 giugno 2013 il termine di scadenza del regime giuridico indicato all’articolo 29, comma 5, del Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e s.m.i., in virtù dell’indicazione fornita alla voce numero 9 della tabella 2 allegata alla medesima legge.
Ma il termine ultimativo del 30 giugno 2013 posto dalla Legge di stabilità 2013 va confrontato anche con il termine scaturente dal capoverso “fino alla scadenza del terzo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale di cui all’articolo 6, comma 8, lettera f)” presente nell’art. 29, comma 5, del D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. Il decreto interministeriale di cui all’articolo 6, comma 8, lettera f), è il già citato Decreto Interministeriale 30 novembre 2012, del quale si è data notizia sulla Gazzetta Ufficiale n. 285 del 6 dicembre 2012, il quale indica all’articolo 2, comma 1, che la sua entrata in vigore decorre dal sessantesimo giorno successivo alla notizia della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, cioè il 4 febbraio 2013 (il sessantesimo giorno dopo il 6 dicembre 2012). Pertanto la scadenza del terzo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale è la data del 4 maggio 2013, che è precedente al 30 giugno 2013.
Dunque il termine ultimo entro il quale le imprese che occupano fino a 10 lavoratori possono autocertificare la valutazione dei rischi, dopodiché si dovranno avvalere delle procedure standardizzate, è da considerarsi il 4 maggio 2013 e non il 30 giugno 2013. Va da sé che una impresa che abbia autocertificato la valutazione dei rischi precedentemente al 4 maggio 2013 da tale data è obbligata alla sostituzione dell’autocertificazione con un nuovo Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) redatto secondo le procedure standardizzate.
È stato altresì chiarito, con Interpello n. 7/2012 del 15 novembre 2012 emanato dalla Commissione Interpelli di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i., che le imprese fino a 10 dipendenti che, precedentemente alle procedure standardizzate, hanno già adottato la procedura “ordinaria” di valutazione dei rischi (art. 17, 28 e 29 del D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i.), non dovranno rielaborare il DVR secondo le indicazioni delle procedure, stante l’obbligo di aggiornamento che potrà successivamente avvenire in modo “ordinario” o con le procedure standardizzate. Analogamente, sempre dalla lettura del citato Interpello, il datore di lavoro di una azienda fino a 10 lavoratori ha la facoltà di elaborare il proprio DVR per mezzo di procedure alternative (“ordinarie”) a quelle standardizzate, purché riesca a dimostrare di avere rispettato integralmente le disposizioni in materia di valutazione dei rischi di cui agli articoli 17, 28 e 29 del D.Lgs.81/2008, in quanto la finalità della redazione del DVR è la dimostrazione di avere rispettato gli obblighi in materia di valutazione dei rischi; tale dimostrazione può essere fornita dal datore di lavoro in qualunque modo idoneo allo scopo e quindi attraverso qualunque procedura che consenta di preparare un DVR coerente con i criteri di semplicità, brevità, comprensibilità, completezza e idoneità di uno strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali di prevenzione.
L’adozione delle procedure standardizzate per le imprese fino a 50 dipendenti
L’art. 29, comma 6, del D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. prevede che i datori di lavoro che occupano fino a 50 lavoratori (sempre computati con riferimento all’art. 4 del decreto “81”) possano effettuare la valutazione dei rischi sulla base delle procedure standardizzate di cui al decreto interministeriale 30 novembre 2012. A differenza delle imprese sotto i 10 dipendenti però, la data di entrata in vigore di tale possibilità è stabilita direttamente al 4 febbraio 2013 (60 giorni dalla pubblicazione dell’avviso in Gazzetta Ufficiale n. 285 del 6 dicembre 2012).
Per le imprese che abbiano già una propria valutazione “ordinaria” dei rischi e un DVR (Documento di Valutazione dei Rischi) non è necessaria alcuna operazione di adeguamento; nel momento in cui sorgesse l’occorrenza di un aggiornamento alla valutazione dei rischi l’impresa potrà procedervi, dal 4 febbraio 2013, o seguendo il modello delle procedure standardizzate o provvedendovi autonomamente secondo i metodi “ordinari” che ritenga migliori e più confacenti alle proprie necessità, in analogia a quanto già detto precedentemente.
Alcune criticità
Per terminare l’esame delle appena emanate procedure standardizzate, si ritiene utile mettere in luce quegli aspetti che, a parere dello scrivente, possono rappresentare delle criticità presenti nelle procedure stesse e nei relativi moduli.
Si sottolinea infatti che:
— le procedure non dettagliano i pericoli presenti nelle imprese che svolgono “attività itineranti” (ad esempio autotrasportatori) o nelle imprese che svolgono “attività in cantieri temporanei o mobili” (ad esempio edili), soffermandosi per lo più sui rischi di imprese in “unità produttiva fissa e stabile”;
— non vengono indicati esplicitamente i pericoli derivanti dall’ambiente circostante in cui è ubicata l’attività in analisi; questi possono essere ricompresi nella dicitura “altri pericoli”;
— non sono presenti sezioni che esplicitino in maniera esaustiva le problematiche di sicurezza scaturenti dalla presenza di lavoratori atipici (intermittenti/a chiamata, somministrati, distaccati, a domicilio, ecc.);
— non è prevista l’individuazione puntuale delle mansioni che espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento;
— non è indicata una valutazione quantitativa del rischio (ad esempio del tipo R rischio = P probabilità x D danno), risulta quindi difficile ragionare immediatamente in termini di piano di miglioramento;
— non è prevista una schematizzazione diretta che consenta di correlare il DVR standardizzato alle singole valutazioni specifiche dettate dalle pertinenti norme di legge (es. rumore, vibrazioni, ecc);
— la compilazione di tutti i rischi e delle relative misure di prevenzione e protezione riferite alla mansione non risulta di facile compilazione ed immediata rappresentazione all’interno del modulo 3 (sia ai fini gestionali – individuazione della formazione necessaria, consegna dei DPI, definizione del protocollo di sorveglianza sanitaria – sia ai fini di lettura degli organi di vigilanza);
— non è prevista una sezione dedicata all’analisi degli infortuni (incidenti) e malattie professionali occorse in azienda, anche se nella istruzione alla procedura è sottolineata tale risorsa come strumento per la valutazione dei rischi;
— non è prevista una sezione dedicata appositamente agli aggiornamenti, in modo da far emergere chiaramente l’evoluzione del DVR nel tempo, in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità;
— non è prevista, ma sarebbe opportuna, una sezione dedicata alle procedure/istruzioni operative di lavoro e di emergenza;
— non è prevista, ma sarebbe opportuna, una sezione dedicata alla segnaletica di sicurezza da adottare, anche in considerazione alla gestione delle emergenze;
— è prevista la segnalazione, all’interno del documento, di quelle misure che devono essere attuate con interventi immediati in quanto le situazioni in essere non garantiscono il rispetto della legislazione vigente; ma particolare attenzione va posta nell’indicare che l’ambiente, l’attrezzatura, l’impianto non può essere utilizzato fino al suo avvenuto adeguamento.
Si auspica quindi che, come previsto dall’art. 2, comma 2, del decreto interministeriale 30 novembre 2012, nei 24 mesi successivi all’entrata in vigore del decreto stesso, cioè entro il 4 febbraio 2015, la Commissione Consultiva Permanente per la salute e sicurezza sul lavoro provveda ad integrare e rielaborare le procedure standardizzate, sia riflettendo sulle criticità che emergeranno nell’applicazione pratica sia calibrandole meglio in relazione ai settori a basso rischio infortunistico, ancora da individuare.