La figura del preposto nel Testo Unico: identificazione importante quanto difficile
L’identificazione della figura
La definizione di preposto – al pari di quella delle altre figure chiave dell’impresa – è offerta dall’art. 2. Il quale, alla lettera e), precisa che per preposto si intende una
«persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa;»
Come è fin troppo facile notare, si tratta di una descrizione che corrisponde perfettamente a una figura frequentissima all’interno dell’impresa. Figura che – essendo il termine «preposto» sconosciuto alla pratica aziendale – può assumere di volta il nome di caporeparto, capocantiere, responsabile e così via.
Fin qui, dunque, nessuna difficoltà. Il vero problema è che tale posizione all’interno dell’impresa, se così spesso obbedisce alla realtà dei fatti, non altrettanto spesso viene individuata in via ufficiale. Di talché numerosi lavoratori finiscono per trovarsi in posizione gerarchica sovraordinata non in virtù di un atto ufficiale, bensì in virtù di uno stato di fatto dei cui riflessi giuridici possono essere coscienti solo in parte, od anche per nulla.
È del resto fin troppo facile cogliere la profonda differenza rispetto al datore di lavoro, al lavoratore, al medico competente, al RLS: ruoli che – ognuno a suo modo – risultano individuati univocamente da un atto avente preciso significato giuridico (visura camerale, contratto di lavoro, atto di nomina). Certo, nel caso del preposto possono fare fede atti come il mansionario e/o il manuale della qualità: ma si tratta di documenti che – contrariamente a quelli precedentemente citati – hanno efficacia probatoria e non (diciamo così) costitutiva. Il che, tra l’altro, ha conseguenze enormi dal punto di vista della maggiore o minore attualità dei documenti in questione: ché il mansionario o il manuale potrebbero essere stati superati da un nuovo stato di fatto cui non sia conseguito un tempestivo aggiornamento delle carte.
Gli effetti di una simile situazione – come sempre – esplodono in tutta la loro negatività in caso di incidente o di qualche altra situazione di una certa gravità. Nei quali casi, chi si veda contestare di non aver ottemperato ai doveri del preposto risponderà di frequente di non sapere… di essere preposto; linea difensiva che difficilmente avrà qualche effetto, a fronte di una giurisprudenza che configura le responsabilità tipiche del preposto «anche in assenza di una formale delega in materia di sicurezza sul lavoro» (così Cass. Pen., sez. V, 16088/2012). Situazione tanto più frequente – è appena il caso di notarlo – nelle aziende di minori dimensioni, dove la scala gerarchica o non esiste o è abbozzata – per l’appunto – in maniera pericolosamente empirica.
Simile orientamento giurisprudenziale, del resto, era già vivo sotto l’impero del D.Lgs. 626/1994. Basti richiamare Cass. Pen. 6277/2007, la quale sanciva che “in tema di infortuni sul lavoro, pur nell’ipotesi in cui venga nominato un titolare del servizio di prevenzione, a rispondere dell’incidente sono, oltre a questo, il datore e il dirigente addetto alla sicurezza, in quanto è la stessa formulazione della legge che consente di ritenere che il legislatore abbia voluto rendere i dirigenti e i preposti destinatari delle norme antinfortunistiche , prescindendo dall’eventuale delega”. Orientamento che, a prescindere dal fatto di essere stato ribadito nella pronuncia richiamata poc’anzi, espleta comunque un suo residuo peso anche a fronte dell’abrogazione del D.Lgs. 626/1994, in virtù di quel principio di continuità normativa enunciato a chiare lettere – proprio in relazione agli obblighi di datore di lavoro, dirigente e preposto – da Cass. Pen. (sez. IV) 42018/2011.
Come al solito, a una situazione di questo tipo esistono soltanto soluzioni «a monte». La più semplice delle quali consiste nell’individuare il preposto in via ufficiale in tutti i possibili documenti, ricordandosi, ivi, di far esplicito uso del termine «preposto» ai sensi e per gli effetti del Testo Unico per la Salute e la Sicurezza dei Lavoratori. In maniera tale da aggirare il rischio rappresentato dall’utilizzo di un termine estraneo alla pratica aziendale, riconducendo la relativa natura a termini noti a tutte le maestranze.
Le attribuzioni
Ai sensi dell’art. 19 del TUSL, i preposti sono tenuti a:
a) sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di persistenza della inosservanza, informare i loro superiori diretti;
b) verificare affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
c) richiedere l’osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
d) informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
e) astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato;
f) segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta;
g) frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto dall’articolo 37.
Come al solito, tale elenco di obblighi appare stilato senza seguire alcun logico criterio. E come al solito, sarà dunque opportuno riordinare e raggruppare tali obblighi in virtù della loro natura. In particolare:
– obblighi di direzione (lettere a) e c));
– obblighi di sorveglianza (lettera b));
– obblighi di informazione e segnalazione (lettere d) e f));
– obblighi di formazione (lettera g)).
Da tale classificazione resta escluso l’obbligo previsto dalla lettera e), il quale – come vedremo – merita una trattazione del tutto autonoma.
Obblighi di direzione
Sono previsti dalle lettere a) e c). Le quali, se ben si osserva, hanno un oggetto assolutamente analogo proiettato su due diverse ipotesi: la lettera a) si occupa delle situazioni ordinarie, mentre la lettera c) si occupa delle situazioni di pericolo.
Nell’un caso e nell’altro, il preposto è chiamato a utilizzare i propri poteri per garantire il rispetto delle norme applicabili; per altro verso, egli dovrà informare i superiori della reiterata inosservanza delle disposizioni da lui impartite.
Caso, quest’ultimo, che si richiama al più puro dei modelli gerarchici, secondo uno schema che non sempre trova piena attuazione all’interno delle aziende e che invece, come tra poco vedremo, è fatto quantomai proprio dalla recente giurisprudenza.
Obblighi di sorveglianza
Sono previsti dalla sola lettera b), che – come troppo spesso – si caratterizza per il pessimo utilizzo della lingua italiana. Tali obblighi hanno sostanza identica a quanto previsto a proposito del datore di lavoro dall’art. 18, lettera e). Possiamo quindi rimandare alle osservazioni rese nel contributo dedicato al datore di lavoro stesso; alla concreta applicabilità in capo al preposto, per contro, di questa come di altre norme verrà dedicata infra – come già accennato – l’analisi di un’importante pronuncia giurisprudenziale.
Obblighi di informazione e segnalazione
Sono previsti dalle lettere d) e f). La lettera d) introduce anche in relazione ai preposti il concetto di pericolo grave ed immediato; che in questo caso è richiamato al solo scopo di una sua pronta segnalazione ai lavoratori che potrebbero esserne vittima, e che diviene invece fondamentale – come vedremo – a proposito della lettera e).
Quanto alla lettera f), si tratta di un fondamentale ruolo di «cinghia di trasmissione» ai livelli gerarchici superiori sia delle inefficienze del sistema, sia dell’insorgere di ogni nuovo rischio. In questo secondo senso, la lettera f) si pone a monte della lettera e): i pericoli gravi ed immediati di cui parla quest’ultima devono infatti essere oggetto – per quanto possibile – di segnalazione preventiva.
Gli altri obblighi
Nessun particolare problema si pone in relazione al consueto obbligo di formazione, previsto dalla lettera g).
Completamente diversa la situazione per quanto riguarda invece la lettera e). La quale – caso unico nella norma in esame – detta non un obbligo di fare, bensì un obbligo di non fare. Tale disposizione è identica a quella dettata dall’art. 18, lettera m) in relazione al datore di lavoro: per quanto riguarda i delicati profili di diritto penale inerenti l’applicabilità o meno – nei singoli casi – della sanzione comminata per la mancata osservanza degli obblighi ivi previsti, si può dunque rimandare ad un precedente contributo interamente dedicato a tale norma.
Ulteriori delicate questioni di diritto penale, questa volta inerenti non una singola fattispecie bensì in generale la figura del preposto, sono invece analizzate – come preannunciato – nel paragrafo successivo.
I profili di responsabilità penale
Come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, la figura del preposto appare tipica forma di manifestazione del sistema gerarchico sul quale si fonda il funzionamento dell’azienda.
Trattandosi di figura subordinata da un lato e sovraordinata dall’altro, non è ovviamente facile tracciare il confine esatto delle sue responsabilità e delle sue attribuzioni; comprendere, cioè, fino a che punto il preposto sia responsabile di per sé e in che momento, invece, subentrino le maggiori responsabilità del datore di lavoro (o, ben s’intende, quelle di ulteriori preposti che occupino livelli superiori della scala gerarchica).
Sul punto, le più recenti prese di posizione della giurisprudenza vanno nel senso di una forte responsabilizzazione del preposto. A convincersene, basti notare che Cass. Pen. (sez. IV) 4412/2011 ribadisce che “Il preposto, in quanto delegato alla diretta sorveglianza dei lavoratori a lui affidati, è certamente tenuto, indipendentemente dalla presenza al momento del fatto, ad una attenta ed assidua vigilanza e specialmente a dare istruzioni anche per lavori che possono ritenersi di semplice esecuzione, tanto più quando, come nel presente caso, si sia trattato di un lavoro che egli stesso aveva ordinato e di lavoratore che vi era stato addetto per la prima volta”.
Appare opportuno sintetizzare tre importanti cardini della massima in questione:
– la responsabilità del preposto è indipendente dalla presenza del preposto stesso al momento del fatto;
– egli è tenuto a vigilare e a impartire istruzioni;
– la sua responsabilità è rafforzata dal fatto che i lavori siano stati ordinati da lui stesso;
– essa è, del pari, rafforzata nel caso in cui il lavoratore sia inesperto.
Da tale sintesi emerge un quadro di attribuzioni e responsabilità assai cospicuo ed intenso. Il quale, nella sua chiarezza, non richiede commenti particolarmente approfonditi; se non il fatto che, in tale sentenza, la Suprema Corte ribadisce a chiare lettere il dualismo tra doveri di comando e doveri di vigilanza già enucleato nei paragrafi precedenti.
Considerazioni conclusive
In un ordinamento nel quale le norme poco chiare sono sempre troppo numerose, nel caso del preposto i maggiori pericoli – una volta tanto – derivano non da questo fronte, bensì dalla scarsa chiarezza della situazione di fatto. Che troppo spesso, come abbiamo visto, omette di qualificare formalmente un dipendente come preposto esponendolo alle severe conseguenze previste non solo dalle norme, ma anche da una giurisprudenza piuttosto severa.
Non resta dunque che applicare puntualmente le indicazioni inerenti una precisa identificazione ufficiale del preposto con specifico riferimento ai doveri impostigli dall’art. 19 TUSL. Soltanto in questo modo sarà possibile evitare, in caso di incidente, di incorrere in conseguenze tanto spiacevoli quanto apparentemente imprevedibili.