Inapplicabile il principio dell’affidamento nella responsabilità per infortuni sul lavoro
Sintesi
Il tema affrontato dalla Cassazione con la sentenza in commento attiene alla delicata questione concernente l’applicabilità, in materia antinfortunistica, del c.d. principio dell’affidamento.
Com’è noto, il principio dell’affidamento, in campo penale, è quello in virtù del quale ogni consociato può confidare che ciascuno si comporti secondo le regole precauzionali normalmente riferibili al modello di agente proprio dell’attività che di volta in volta viene in questione.
Tale principio, applicabile di regola ove venga in rilievo l’esistenza di una posizione di garanzia rispetto al bene protetto, non appare agevolmente applicabile nel campo degli infortuni sul lavoro, tenuto conto, da un lato, della particolare posizione del garante rispetto all’interesse giuridico oggetto di protezione e, dall’altro, della situazione soggettiva del destinatario della tutela penale, il lavoratore.
Proprio in ragione di quanto sopra, la Corte, con l’importante sentenza qui commentata, giunge ad affermare che detto principio non è invocabile allorché l’altrui condotta imprudente, ossia il non rispetto da parte di altri delle regole precauzionali imposte, si innesti sull’inosservanza di una regola precauzionale proprio da parte di chi invoca il principio; ed invero, precisa la Cassazione, tale principio deve sempre e comunque contemperarsi con il concorrente principio della salvaguardia degli interessi del soggetto nei cui confronti opera la posizione di garanzia, ossia, in materia prevenzionistica, del lavoratore, “garantito” dal rispetto della normativa antinfortunistica.
Il caso
L’infortunata, dipendente di una s.p.a., società appaltatrice dei servizi all’interno di un centro commerciale, incaricato di rifornire i banchi di esposizione del supermercato, con i prodotti di una ditta di alimentari, mentre sostava in prossimità degli scaffali del magazzino “generi vari” veniva investita da una parte del carico trasportato con un carrello elevatore da un dipendente del supermercato che stava movimentando un bancale di merce, che proprio la dipendente avrebbe poi dovuto trasportare nel supermercato.
All’imputato, nella qualità di caporeparto “generi alimentari”, è stato contestato il delitto di lesioni per non aver impedito che la p.o. sostasse in un’area vietata ad estranei e riservata ai soli dipendenti del supermercato.
Il ricorso
Condannato in sede di merito, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che a tutto il personale operante nei magazzini, erano state impartite specifiche disposizioni di dover intervenire, avendone a disposizione i materiali, a “filmare” la merce depositata qualora la stessa si presentasse non idoneamente sigillata: per cui l’operazione di controllo in tal senso non era demandata ai capi reparto ma a tutti coloro che operavano nel magazzino.
La decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione non ha tuttavia accolto la tesi difensiva. In particolare, i giudici di legittimità hanno affermato che non può invocarsi legittimamente l’affidamento nel comportamento altrui quando colui che si affida sia (già) in colpa per avere violato determinate norme precauzionali o per avere omesso determinate condotte e, ciononostante, confidi che altri, che gli succede nella stessa posizione di garanzia, elimini la violazione o ponga rimedio alla omissione. Il principio dell’affidamento, invero, deve sempre e comunque contemperarsi con il concorrente principio della salvaguardia degli interessi del soggetto nei cui confronti opera la posizione di garanzia, ossia, in materia prevenzionistica, del lavoratore, “garantito” dal rispetto della normativa antinfortunistica.
Del resto, è pacifico che non possa parlarsi, ai fini della esclusione di responsabilità, di “affidamento” quando colui che si affida sia in colpa per aver violato determinate norme precauzionali o per aver omesso determinate condotte e, ciò nonostante, confidi che altri, che gli succede nella stessa posizione di garanzia, elimini quella violazione o ponga rimedio a quella omissione (Cass. Pen., Sez. IV, 29 aprile 1991, n. 4793, imp. B. ed altri, in Ced Cass., n. 191804).
La soluzione della Corte, nel caso qui esaminato, merita ampia e convinta condivisione, soprattutto alla luce della peculiare posizione del destinatario della tutela prevenzionistica, ciò che ha portato sovente la Cassazione a ritenere inapplicabile il principio in .
A tal proposito, ad esempio, la Cassazione ha affermato che il datore di lavoro non può invocare a propria scusa il principio di affidamento assumendo che l’attività del lavoratore era imprevedibile, essendo ciò doppiamente erroneo, da un lato in quanto l’operatività del detto principio riguarda i fatti prevedibili e dall’altro atteso che esso comunque non opera nelle situazioni in cui sussiste una posizione di garanzia, come certamente è quella del datore di lavoro (Cass. Pen., Sez. IV, 22 ottobre 1999, n. 12115, imp. G., in Ced Cass., n. 214997; fattispecie in cui un lavoratore per sbloccare una macchina a 5-6 metri da terra anziché servirsi della apposita scala aveva fatto un uso improprio di un carrello elevatore).
Ancora, sulla questione, si è poi affermato che in tema di infortuni sul lavoro, il principio dell’affidamento non opera allorché il mancato rispetto da parte di terzi delle norme precauzionali di prudenza abbia la sua prima causa nell’inosservanza di tali norme di prudenza da parte di colui che invoca il suddetto principio.
Ne consegue, secondo la Corte, che l’imprenditore-costruttore che costruisca una macchina industriale priva dei dispositivi di sicurezza, nella specie priva del dispositivo di arresto, non può invocare il principio dell’affidamento qualora l’acquirente utilizzi la macchina ponendo in essere una condotta imprudente, in quanto tale condotta sarebbe stata innocua o, comunque, avrebbe avuto conseguenze di ben diverso spessore qualora la macchina fosse stata dotata dei presidi antinfortunistici (Cass. Pen., Sez. IV, 5 novembre 2003, n. 41985, P.G. in proc. M.ed altro, in Ced Cass., n. 227288).
La posizione rigorosa della giurisprudenza al riguardo si è, del resto, consolidata nella materia infortunistica. A tal proposito, ad esempio, il medesimo principio affermato con la sentenza qui commentata è stato affermato ritenendo che il datore di lavoro, al quale era stato contestato di non avere adeguatamente valutato i rischi correlati alla stabilità di pali messi a sua disposizione dall’ENEL, non potesse invocare a sua discolpa l’affidamento nella stabilità dei predetti pali (Cass. Pen., Sez. IV, 5 giugno 2008, n. 22622, imp. B. e altro, in Ced Cass., n. 240161).
Stessa soluzione è stata adottata con riferimento alla tema della successione delle posizioni di garanzia, affermando che, in base al principio dell’equivalenza delle cause, il comportamento colposo del garante sopravvenuto non è sufficiente ad interrompere il rapporto di causalità tra la violazione di una norma precauzionale operata dal primo garante e l’evento, quando tale comportamento non abbia fatto venir meno la situazione di pericolo originariamente determinata (Cass. Pen., Sez.IV. 9 luglio 2008, n. 27959, imp. S. e altri, in Ced Cass., n. 240519; fattispecie in tema di riconosciuta responsabilità concorrente del venditore e del datore di lavoro per l’infortunio cagionato al lavoratore dalla mancata installazione su di una macchina delle protezioni imposte dalla legge).
Infine, più di recente si è affermato che il responsabile della sicurezza sul lavoro, che ha negligentemente omesso di attivarsi per impedire l’evento, non può invocare, quale causa di esenzione dalla colpa, l’errore sulla legittima aspettativa che non si verifichino condotte imprudenti da parte dei lavoratori, poiché il rispetto della normativa antinfortunistica mira a salvaguardare l’incolumità del lavoratore anche dai rischi derivanti dalle sue stesse disattenzioni, imprudenze o disubbidienze, purché connesse allo svolgimento dell’attività lavorativa.
In applicazione del principio, si è ritenuto che il direttore e delegato alla sicurezza di uno stabilimento, cui era stato contestato di non avere predisposto o fatto predisporre idonee protezioni al fine di evitare cadute dall’alto degli operai che si recassero sui lucernai dello stabilimento per lavori di manutenzione dei canali di gronda, non potesse invocare a sua discolpa la condotta imprudente del lavoratore (Cass. Pen., Sez. IV, 6 maggio 2009, n. 18998, imp. T. e altro, in Ced Cass., n. 244005).