Sicurezza sul lavoro

Dirigente tecnico e assessore comunale: quale responsabilità?

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La sentenza Cass. Pen. Sez. IV 4 dicembre 2015, n. 48246 si è approfonditamente soffermata sulla responsabilità penale dell’organo politico (nella specie, un assessore comunale) ove si verifichi un infortunio (nella specie, mortale) durante una manifestazione nella quale le scelte politiche avevano svolto un ruolo preponderante.

Massima

In tema di infortuni sul lavoro, è configurabile una responsabilità penale per omesso impedimento dell’evento ex art. 40, comma secondo, cod. pen., a carico di un assessore comunale per non aver impedito la morte di un addetto alla vigilanza dal rischio di precipitazione nel vuoto precipitazione nel vuoto dovuto alla conformazione architettonica dell’edificio ove era in corso una manifestazione, rischio enfatizzato insidiosamente nelle ore notturne; ed invero, ove emerga che l’assessore responsabilmente assuma su di sè il governo della struttura affidata all’amministrazione comunale nella prospettiva di renderla pienamente fruibile da parte della comunità locale, ne discende che questi riveste il ruolo di gestore del rischio, al più alto livello afferente alle scelte di fondo in ordine alla gestione del bene, non rilevando la circostanza che nella gestione dello stesso risulti coinvolto anche il livello tecnico dell’organizzazione comunale, atteso che ove il rischio si concretizzi ad un livello che coinvolge le scelte di alta amministrazione (o latamente politiche) di cui l’assessore aveva la responsabilità, la presenza di responsabilità concorrente al livello dirigenziale non è, in prima approssimazione, in grado di esonerare da responsabilità l’amministratore locale.

Sintesi

Con la sentenza 4 dicembre 2015, n. 48246, la Sezione IV Penale della Corte di Cassazione approfondisce la responsabilità penale dell’organo politico (nella specie, un assessore comunale) ove si verifichi un infortunio (nella specie, mortale) durante una manifestazione nella quale le scelte politiche avevano svolto un ruolo preponderante. In particolare, i giudici di Piazza Cavour – con affermazione destinata sicuramente a far discutere ma assolutamente condivisibile, logica e rigorosamente aderente al dato normativo -, hanno sottolineato che la piena consapevolezza del pericolo, poi concretizzatosi nell’evento mortale, avrebbe imposto, al livello alto della responsabilità istituzionale, una più puntuale ed esaustiva disamina del rischio e l’approntamento, di concerto con gli organi tecnici, di misure di sicurezza efficaci, sistemiche che nella specie, invece furono omesse.

La vicenda processuale segue alla sentenza con la quale, per quanto qui di interesse, era stata confermata la responsabilità penale dell’assessore alla cultura di un Comune per la morte di un addetto alla vigilanza che prestava servizio durante una manifestazione pubblica. In particolare, nel corso della notte, durante una manifestazione, l’uomo cadeva da un bastione del Forte Belvedere in F. La vittima precipitava all’interno di una “cannoniera” (cioè uno spazio vuoto inserito tra due terrapieni di uguale aspetto ed altezza, delimitati da camminamenti del tutto simili), mentre si spostava da un terrapieno all’altro ignorando la presenza di tale vuoto non segnalato né adeguatamente visibile a causa dell’ora notturna e della particolare conformazione dei luoghi. Nei confronti dell’assessore alla cultura del Comune era stato ritenuto l’addebito di aver consentito lo svolgimento di attività di pubblico spettacolo all’aperto negli spazi del Forte fino alle tre della notte, in una situazione incompatibile con le caratteristiche della struttura e con la tipologia di uso che era stata predisposta. Si era ritenuto in particolare che la struttura non fosse stata adeguata alle esigenze di sicurezza in conseguenza dei pericoli già segnalati negli anni precedenti e collegati anche ad incidenti occorsi a due cani sempre nella medesima, pericolosa zona. Si era reputato altresì che il luogo costituiva una vera propria insidia soprattutto per chi non conosceva i luoghi e la conformazione degli spalti, a causa della scarsissima illuminazione, dell’altezza dei camminamenti e dei bassi muretti. In breve, chi si trovava su un terrapieno, in una situazione di scarsa visibilità, non immaginava che al di là del camminamento vi fosse un precipizio.

Contro la sentenza proponeva ricorso per cassazione l’assessore, censurando la motivazione della sentenza in relazione alla ritenuta affermazione della sua responsabilità penale. Si esponeva la disciplina recata dal decreto legislativo n. 29/1993 che regola la ripartizione di funzioni e responsabilità tra organo politico e tecnico nell’ambito delle amministrazioni locali, emergendone una ripartizione di compiti: l’organo politico ha una funzione di indirizzo politico amministrativo, mentre a quello tecnico compete l’attività di gestione finanziaria tecnica ed amministrativa che concretizza le scelte politiche. Il Forte era stato consegnato dal Demanio nelle mani dell’architetto C., Direttore del servizio Belle arti, dirigente del comune. L’atto di concessione chiarisce che agli organi tecnici sono demandati tutti gli atti necessari all’attuazione del provvedimento, compresi gli impegni di spesa. Il dirigente ha assoluta autonomia gestionale come emerge dalla giurisprudenza di legittimità. Nonostante tale ripartizione di compiti, i giudici di merito avevano assunto, con una petizione di principio, una sorta di responsabilità da posizione dell’assessore, trascurando completamente il ruolo del dirigente architetto C. al quale il compendio immobiliare era stato affidato per la gestione. Infine, si sosteneva, in ogni caso, erroneamente si era attribuita all’Assessore alla cultura una responsabilità politica che andava semmai addebitata all’organo collegiale che aveva assunto gli atti deliberativi, essendo stato l’assessore mero proponente delle deliberazioni che affidavano all’associazione P. l’organizzazione del programma estivo notturno.

La Cassazione, nell’affermare il principio di cui in massima, ha respinto il ricorso, in particolare precisando che, se è ben vero che il Forte era stato consegnato a seguito della convenzione con il demanio al dirigente del servizio tecnico delle Belle arti architetto C. il quale, nella qualità di organo tecnico, assumeva l’onere di curarne la conservazione ed il mantenimento, tuttavia la delibera comunale aveva consentito l’apertura in orario notturno senza che fosse stata verificata la agibilità in tale orario, ovvero che fosse stato eliminato ogni pericolo, nonostante fosse notorio e conosciuto dallo stesso assessore il pericolo di caduta dai bastioni e nonostante che l’illuminazione esterna non fosse stata mai realizzata con la finalità di rendere accessibile al pubblico l’area in questione. Non c’è dubbio, secondo la Corte di Cassazione, che l’assessore delegato dal sindaco rivesta una posizione di garanzia in merito alla corretta gestione del patrimonio comunale dovendo egli vigilare sull’attività svolta dalla struttura tecnica dell’assessorato da lui guidato. E l’imputato, nel caso di specie, aveva la competenza per decidere l’utilizzo del Forte e lo aveva fatto autorizzandone l’apertura al pubblico anche in orario notturno. Infine, si è ritenuto irrilevante il fatto che la decisione fosse stata assunta collegialmente dalla Giunta, in considerazione della attività di impulso dell’assessore ed essendosi comunque in una situazione che poteva semmai configurare una responsabilità concorrente ma non escludere quella dell’assessore: costui, in virtù della indicata posizione di garanzia nei confronti degli utenti della struttura, aveva il compito di vigilare sulla loro incolumità ovvero di eliminare tutti i pericoli noti o prevedibili eliminabili con interventi fattibili. Questi, come dallo stesso ammesso, era a conoscenza del pericolo di caduta dai bastioni, tanto che il dirigente tecnico formulò generici progetti di intervento per eliminarlo. Avrebbero dovuto essere adottati comunque provvedimenti per prevenire il pericolo, come la predisposizione di migliore illuminazione o di strutture per impedire l’accesso ai bastioni.

Da qui, dunque, il rigetto del ricorso.

Precedenti giurisprudenziali

La Cassazione, conclusivamente, riconosce la responsabilità del livello politico per il verificarsi dell’infortunio mortale, precisando che la presenza di un dirigente tecnico non esclude la configurabilità di una posizione di garanzia dell’organo politico assessoriale né, soprattutto, esonera da responsabilità penale quest’ultimo per omesso impedimento dell’evento ex art. 40, comma secondo, cod. pen., quale garante dell’altrui sicurezza. Detta responsabilità, nata per sintetizzare la violazione dell’obbligo giuridico di fare che fonda l’imputazione causale ai sensi dell’art. 40 cpv cod. pen., ha assunto un significato più ampio: serve ad individuare una definita sfera di rischio ed il soggetto che è chiamata a governarla. Nella giurisprudenza di legittimità, tuttavia, si è osservato che in tema di tutela della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro negli enti locali, l’organo di direzione politica che non abbia espressamente attribuito la qualifica di datore di lavoro al dirigente del settore competente, conserva lui stesso la qualifica (Cass. pen., Sez. IV, 12 luglio 2013, n. 30214 R.C. e O., in CED Cass., n. 255896). Quanto poi alla ripartizione di competenze tra organo politico e organo tecnico in seno all’amministrazione comunale, si è invece precisato che in tema di norme per la prevenzione dagli infortuni, non si può ascrivere al dirigente ogni violazione di specifiche norme antinfortunistiche atteso che, sebbene l’art. 2, lett. b), seconda parte, D.Lgs. n. 626/1994 (oggi, D.Lgs. n. 81/ 2008), individua la nozione di datore di lavoro pubblico nel dirigente al quale spettano i poteri di gestione, l’art. 4, comma 12, D.Lgs. citato ribadisce il principio fondamentale in materia di delega di funzioni secondo cui, attesa la posizione di garanzia assunta dal Sindaco e dagli assessori in materia di prevenzione, la delega in favore del dirigente assume valore solo ove gli organi elettivi e politici siano incolpevolmente estranei alle inadempienze del delegato e non siano stati informati, assumendo un atteggiamento di inerzia e di colpevole tolleranza (Cass. pen., Sez. III, 15 gennaio 2001, n. 257, B. e altro, in CED Cass., n. 217718, relativa a fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito i quali avevano affermato, oltre quella del dirigente che non si era avvalso dei dipendenti comunali per effettuare le opere minimali necessarie, anche la responsabilità penale del Sindaco il quale, messo a conoscenza delle violazioni esistenti e delle misure da adottare, non aveva provveduto a richiedere le necessarie variazioni in bilancio per una partita relativa a poche opere provvisionali e neppure azionato i poteri di impegnativa di spese del cd. fondo di riserva).

Salute e sicurezza – Infortunio mortale di un addetto alla vigilanza durante una manifestazione pubblica – Amministrazione comunale – Soggetti responsabili – Assessore – Configurabilità di una responsabilità penale per omesso impedimento dell’evento – Sussistenza – Ragioni.

Cass. Pen., Sez. IV, 4 dicembre 2015, n. 48246

Testo della sentenza

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