Sicurezza sul lavoro

Covid manager, una nuova figura professionale?

Il termine “Covid manager” ha iniziato a diffondersi: una riflessione analitica su quello che dovrebbe rappresentare questo profilo professionale
Condividi
Covid manager, una nuova figura professionale?
L’epidemia di Covid-19 ha generato nuovi problemi. Quello sanitario è stato il primo e il prevalente: è diventato necessario imparare a conoscere un virus nuovo, sapere come si comporta e quali strategie sono più efficaci nel combatterlo. Vecchi problemi, come quello di gestire i posti letto in un ospedale, si sono moltiplicati in una scala inaspettata: nei momenti più neri della crisi ricordo l’intervista ad una “lettista”, la persona che si occupa di assegnare i letti, raccontare che il suo lavoro era passato dal gestire prima un reparto, poi un ospedale, poi trasporti terrestri e aerei per muovere pazienti in Italia e finanche all’estero. Persone che lavorano nelle amministrazioni, politici, economisti, hanno tutti dovuto elaborare nuove strategie per fare fronte all’ultima sfida. Vecchie professioni sono state sconvolte e nuove sono in vista.

Covid manager cercasi

Negli ultimi giorni, il termine “Covid manager” ha iniziato a diffondersi. Da un’analisi delle chiavi di ricerca su Google, questo ruolo inizia ad essere cercato in Italia nell’ultima settimana di marzo, per avere una breve pausa e poi crescere linearmente a partire da metà aprile. L’area geografica in cui è maggiormente ricercato è il Veneto, seguito dalla Lombardia. Se allarghiamo la ricerca a tutto il mondo, possiamo scoprire che la quasi totalità delle ricerche di Covid manager nel mondo provengono dall’Italia: evidentemente la necessità di individuare per ogni problema, uno specialista “specifico”, è connaturata nel nostro DNA nazionale!

Covid manager, chi è costui?

Il 17 aprile scorso, la Regione Veneto, che è stata pesantemente colpita dall’epidemia ma che ha anche mostrato una delle migliori capacità di reazione, ha annunciato il progetto “Fase 2 – Riapertura delle attività produttive”, lanciando la richiesta, ad aziende e organizzazioni, di fare pervenire osservazioni e suggerimenti. Nella nota stampa, si affacciava la possibilità che le aziende individuassero un Covid manager come figura di riferimento di un Piano aziendale dei rischi Covid. Il 12 maggio scorso la Regione ha approvato il documento Manuale per la ripresa delle attività produttive – Indicazioni operative per la tutela della salute negli ambienti di lavoro non sanitari. Secondo il sito openpolis.it, durante la crisi fino ad oggi, le istituzioni nazionali (Governo, Parlamento, Protezione Civile, Ministeri e simili), hanno emanato 263 atti con valore normativo; il sito regioni.it, invece, elenca 577 ordinanze e simili, oltre a 101 protocolli, note esplicative, “precisazioni e chiarimenti” eccetera: una libidine normativa che ha lasciato non solo il cittadino, ma anche il tecnico spesso disorientato, perché frequentemente il loro contenuto sono prescrizioni che si ripetono con minime variazioni l’una dall’altra, in modo che sia impossibile sapere quale di questa è effettivamente in vigore, di dubbio supporto per chi fa come per chi controlla.

Il Manuale della Regione Veneto cita il Covid manager

Con la doverosa constatazione che, anche in questa condizione di emergenza, “rimangono confermati ruoli e responsabilità previsti dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81”, e specialmente quelli di vigilanza e sorveglianza in capo a dirigenti e preposti, il Manuale della Regione Veneto stabilisce la necessità di individuare un referente unico per l’implementazione delle misure di prevenzione dal contagio, definendolo, appunto “Covid manager”, con la funzione di coordinare le attività e di fungere da punto di contatto per le strutture del Sistema Sanitario Regionale: la persona cui rivolgersi durante le ispezioni negli ambienti di lavoro per ricevere le informazioni necessarie. Questi, dice il Manuale, sarà il datore di lavoro (soprattutto per le aziende medie o piccole) o il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione e, comunque, un soggetto avente poteri organizzativi e direzionali. In sostanza, il Governo Regionale dice che ruoli e responsabilità restano quelli del Testo Unico per la Salute e Sicurezza (bella forza) e che il personale degli organismi ispettivi vuole parlare con il datore di lavoro, con l’RSPP o con “un soggetto avente poteri organizzativi e direzionali”, come peraltro fa di solito. In coda, è bene ricordare che “poteri organizzativi e direzionali” non sono previsti per l’RSPP, che è un ausilio tecnico del datore di lavoro e il massimo che fa è coordinare il servizio prevenzione e protezione (D.Lgs. 81/2008, art. 2 Definizioni, c. 1 lett. f). Tanto rumore per nulla.

E in Lombardia?

Quasi contemporaneamente, il 22 aprile, il bollettino informativo della Regione Lombardia, lombardianotizie.online, ha informato della sperimentazione della riapertura dei mercati alimentari comunali, introducendo anche qui la figura del “Covid Manager”, “individuata dal Comune per assistere clienti ed esercenti nello svolgersi dell’attività mercatale, a partire dal rispetto delle distanze e delle altre precauzioni di sicurezza”: in pratica un addetto alla gestione del flusso dei clienti.

Cosa succede nel settore privato

Nel frattempo, anche il settore privato si è mosso. Le imprese hanno necessità di tutelare loro stesse ed i propri lavoratori attraverso lo studio e l’implementazione di protocolli che siano realmente efficaci nella protezione dal rischio di contagio, massimizzino la produzione e si mostrino convincenti con le autorità, con l’obiettivo di evitare dolorose sospensioni delle attività lavorative e, comunque, contenziosi. Tutto quello che stiamo vivendo ci dice che dovremo abituarci a convivere con l’epidemia ancora a lungo e, anche se abbiamo riaperto sulla spinta più dell’entusiasmo, della frustrazione, potrà sopravvivere solo chi saprà dotarsi di una organizzazione efficace e bilanciata nel lungo termine. Già vengono offerti programmi di certificazione come Covid manager e questo termine ha iniziato a fare capolino tra le ricerche di personale.

Gestire la salute e la sicurezza sul lavoro durante una pandemia

Il tipo di sfida cui siamo di fronte è nuova, almeno in Europa, ed è da dubitare che si trovino sul mercato consulenti o tecnici che possano vantare una lunga esperienza in questo campo, anche se magari è possibile trovare qualcuno che abbia lavorato in estremo oriente tra 2002 e 2003, quando imperversò il predecessore del coronavirus attuale, che abbiamo chiamato SARS ma che in realtà era stato denominato SARS-CoV-1 (l’attuale è il SARS-CoV-2). Meglio riferirsi a professionisti che possano vantare una consolidata pratica nell’analisi e nell’adeguamento dei sistemi di gestione per la salute e la sicurezza; magari con una apertura internazionale, per accedere a esempi e informazioni che possono essere utili. Il fattore critico però deve essere il possesso di una pluralità di esperienze, in modo da trovarsi di fronte un professionista duttile, che abbia fatto della propria carriera un continuo studiare per rimettersi in gioco. Spesso, infatti, uno sgradevole effetto collaterale dell’anzianità lavorativa è una certa rigidità e il ripetersi delle medesime formule, perché magari sono quelle che hanno dato l’avvio a una carriera professionale di successo venti o trenta anni prima. Il mondo è cambiato…
Condividi

Potrebbero interessarti

Decreto Salva Casa

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 124 del 29 maggio 2024 il Decreto Legge 29 maggio 2024, n. 69 recante “Disposizioni urgenti in materia di...

Nuovo Codice appalti

Un vero e proprio cambio di paradigma, mirato a ristabilire un equilibrio tra la necessità di velocizzare le procedure di appalto e...