Edilizia

Tutela paesaggistica e sanatoria: rileva solo la superficie utile

L’ampliamento di superfici accessorie esterne (balconi, ballatoi, terrazze) non integrano gli estremi della superficie utile
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Tutela paesaggistica e sanatoria: rileva solo la superficie utile
Il Consiglio di Stato, Sezione VI, nella sentenza n. 3352 del 26 aprile 2021 affronta la tematica della tutela paesaggistica e sanatoria. Facendo chiarezza sulla nozione di superficie utile lorda in relazione alla tutela dei beni paesaggistici, trattando il ricorso contro il rigetto di istanza di sanatoria ex art. 36 dpr n. 380/2001, della porzione di un quarto di un fabbricato adibito ad abitazione composta da piano terra di mq. 125 e tetto di copertura, per alcune difformità realizzate rispetto ai titoli edilizi in precedenza rilasciati dal Comune. Il Comune aveva rigettato l’istanza, rilevando l’insussistenza dei presupposti per la sanatoria, perché:
  • le opere oggetto di accertamento di conformità avevano comportato sia un aumento di superficie utile lorda (vietato dal Prg e dalla Lr Campania n. 19/2001) mediante l’ampliamento del terrazzo anteriore (mt 1,60 x mt 4,00) e posteriore (mt 1,05 x 4,05), di profondità maggiore di 0,80 mt; sia un aumento di volume, mediante l’innalzamento della quota del solaio di copertura del garage di 50 cm;
  • le opere ricadevano in zona soggetta a vincolo paesaggistico. Ragion per cui non sussistevano i presupposti per l’accertamento di compatibilità paesaggistica, ammissibile soltanto per lavori non comportanti la creazione di superfici utili o volumi, e comunque, anche in caso di aumento entro il limite del 10%;
  • l’autorizzazione paesaggistica semplificata avrebbe richiesto la conformità alle norme edilizie/urbanistiche;
  • risultava integrato un cambio di destinazione d’uso da garage a deposito. Con conseguente ulteriore aumento di superficie utile lorda in contrasto con il Piano di Recupero.

Consiglio di Stato: non vi è incremento della superficie lorda

Contro la sentenza del Tar Campania, Salerno, che aveva rigettato i ricorsi contro il diniego comunale, era stato proposto appello al Consiglio di Stato. Che, sulla base degli accertamenti, è giunto alla conclusione che le opere in contestazione, seppure difformi rispetto a titoli edilizi, non avevano comunque prodotto un incremento di volume o di superficie lorda, né abbiano eguagliato o superato la quota del pavimento del piano terra dei fabbricati residenziali stessi (come erroneamente ritenuto dal Comune); ragion per cui le determinazioni amministrative impugnate, in quanto incentrate su presupposti fattuali erronei, dovevano essere in parte annullate.

L’accertamento postumo di compatibilità paesaggistica

Per quanto riguarda la compatibilità con i valori paesaggistici delle difformità rilevate, la sentenza osserva che sono suscettibili di accertamento postumo di compatibilità paesaggistica:
  • gli interventi realizzati in assenza o difformità dell’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
  • l’impiego di materiali diversi da quelli prescritti dall’autorizzazione paesaggistica;
  • i lavori configurabili come interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria.
L’accertamento di compatibilità, peraltro, è subordinato al positivo riscontro della Soprintendenza e al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. Nel caso specifico, non si era registrato alcun aumento di cubatura o di superficie utile. Ragion per cui non si ravvisavano motivi ostativi all’attivazione del procedimento di sanatoria delineato dagli artt. 146 e 167 del dlgs. n. 42/2004, al fine di verificare la compatibilità con i valori paesaggistici delle difformità rilevate nel caso concreto.

L’ampliamento delle superfici esterne

L’ampliamento delle aree esterne, sebbene deputate esclusivamente al camminamento, rileva, comunque, ai fini della determinazione della superficie utile lorda, definita dall’art. 4 NTA Prg, come “la somma delle superfici di tutti i piani fuori ed entro terra misurati al lordo di tutti gli elementi verticali (…) Negli edifici con destinazione residenziale, dal computo della S.U. sono esclusi: i porticati pubblici e privati (…) le logge rientranti, i balconi, se hanno sporgenza non superiore a ml 0,80 (in caso di sporgenza superiore andrà considerata l’intera superficie)…”. Ne deriva che, se anche le aree non fossero qualificabili come balconi, le stesse, in quanto espressive di piani fuori terra, non rientrando in alcuna previsione derogatoria, dovrebbero essere qualificate come superfici utili lorde. Tale qualificazione, tuttavia, da un lato, non implica la violazione del Piano di Recupero per la Ristrutturazione edilizia, dall’altro, non è, di per sé, ostativa all’avvio del procedimento di autorizzazione postuma paesaggistica. Il Piano di Recupero per la Ristrutturazione edilizia, vieta tali incrementi per i soli interventi di demolizione e fedele ricostruzione, che non risultano essere stati realizzati nel caso specifico.

L’identità di volume nella ristrutturazione edilizia

L’identità di volume è richiesta per gli interventi di ristrutturazione edilizia di carattere ricostruttivo, con demolizione e ricostruzione dell’immobile, ma non anche per gli interventi di ristrutturazione edilizia conservativi, che presuppongono la permanenza dell’originario organismo edilizio, interessato da un insieme sistematico di opere idonee, anche, all’inserimento di nuovi volumi o modifiche della sagoma. La sentenza precisa che “la ristrutturazione edilizia si caratterizza per la diversità dell’organismo edilizio prodotto dall’intervento di trasformazione rispetto al precedente e che essa si distingue dalla nuova costruzione perché mentre quest’ultima presuppone una trasformazione del territorio, la ristrutturazione è invece caratterizzata dalla preesistenza di un manufatto, in quanto tale trasformazione vi è in precedenza già stata.”

Tre ipotesi di ristrutturazione edilizia

A seguito della novella del 2013 vi sono ora tre distinte ipotesi di intervento rientranti nella definizione di “ristrutturazione edilizia”, che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente:
  • la prima, non comportante demolizione del preesistente fabbricato e comprendente (dunque, in via non esaustiva) “il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti”;
  • la seconda, caratterizzata da demolizione e ricostruzione, per la quale è richiesta “la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica” (ed in questo caso, rispetto al testo previgente, non è più richiesta l’identità di sagoma);
  •  la terza, rappresentata dagli interventi “volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza”.

Ristrutturazione edilizia conservativa, le caratteristiche

Sono “le tamponature esterne a realizzare in concreto i volumi di un edificio, rendendoli individuabili e calcolabili, con la conseguenza che la realizzazione di tali tamponature produce senz’altro effetti in termini di aumento di volume; gli interventi edilizi che alterino, anche sotto il profilo della distribuzione interna, l’originaria consistenza fisica di un immobile e comportino l’inserimento di nuovi impianti e la modifica e ridistribuzione dei volumi non si configurano come manutenzione straordinaria (né come restauro o risanamento conservativo), ma rientrano nell’ambito della ristrutturazione edilizia”. Pertanto, posto che gli interventi di ristrutturazione edilizia di natura conservativa possono comportare anche una modifica della cubatura, con l’inserimento di nuovi volumi e, quindi, con l’ampliamento della superficie dell’organismo edilizio, e considerato che nel caso in esame e le unità immobiliari ricadono in una zona per cui è ammessa la ristrutturazione edilizia e che gli interventi eseguiti, non avendo determinato la demolizione con ricostruzione dei manufatti di proprietà, devono qualificarsi di natura conservativa, il Comune non avrebbe potuto rigettare le istanze di sanatoria, soltanto perché si faceva questione di un complesso di opere comportanti un aumento di volume e superficie utile lorda, risultando tali caratteristiche compatibili con un intervento di ristrutturazione edilizia (conservativa) ammesso dal Piano di Recupero comunale.

Volumetria, superficie utile, superficie accessoria e tutela paesaggistica

I concetti di volumetria e superficie utile, contenuti nell’art. 167, comma 4, D.Lgs. n. 42/2004, per cui l’autorità preposta alla gestione del vincolo accerta la compatibilità paesaggistica, rinviano alla normativa urbanistico-edilizia, dove la superficie utile (SU) coincide con l’area abitabile (superficie di pavimento degli alloggi misurata al netto di murature, pilastri, tramezzi, sguinci, vani di porte e finestre, di eventuali scale interne, di logge e balconi) mentre per superficie accessoria (SA) si intendono le parti dell’edificio destinate ad accessori e servizi (cantine, locali tecnologici, vano ascensore e scale, terrazze, balconi, logge e quant’altro). Anche dal Regolamento edilizio-tipo emerge che:
  • la superficie utile è rappresentata dalla sola superficie di pavimento degli spazi di un edificio misurata al netto della superficie accessoria e di murature, pilastri, tramezzi, sguinci e vani di porte e finestre;
  • la superficie accessoria è, invece, rappresentata dalla superficie di pavimento degli spazi di un edificio aventi caratteri di servizio rispetto alla destinazione d’uso della costruzione medesima, misurata al netto di murature, pilastri, tramezzi, sguinci e vani di porte e finestre, comprendente, a titolo esemplificativo, anche i ballatoi, le logge, i balconi e le terrazze.

Escluso l’ampliamento delle superfici accessorie esterne

L’art. 167 dlgs. n. 42 del 2004 ha riguardo, quale causa generale ostativa alla sanatoria, alle sole superfici utili, escludendo quelle accessorie. Quindi nel caso in esame l’ampliamento di superfici accessorie esterne (qualificabili come balconi o ballatoi o terrazze), sebbene comprese nella nozione di superfici utili lorde, non integrava gli estremi della superficie utile ai sensi dell’art. 167 dlgs. n. 42 del 2004. E non poteva, dunque, di per sé impedire l’avvio del procedimento di autorizzazione postuma paesaggistica, comunque necessario facendosi questione di opere comportanti un mutamento dello stato dei luoghi esterni. In relazione alle quali occorre, dunque, verificare la sua compatibilità con i valori paesaggistici espressi dall’area in cui l’intervento edilizio è stato realizzato. Le considerazioni svolte hanno condotto il Consiglio ad accogliere l’appello – con conseguente annullamento dei dinieghi di sanatoria assunti dall’Amministrazione comunale – anche in relazione agli spazi pavimentati esterni, tenuto conto che un loro incremento non potrebbe ritenersi precluso dal Piano di Recupero, non facendosi questione di demolizione con successiva fedele ricostruzione, né potrebbe ritenersi, di per sé, ostativo all’avvio del procedimento di autorizzazione paesaggistica ex art. 167 dlgs. n. 42/04, non essendosi in presenza di un intervento comportante un incremento della superficie utile legittimamente edificata. Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza n. 3352 del 26 aprile 2021
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