Edilizia

Tettoia, se aumenta superficie utile e volumetria serve il titolo edilizio

Le tettoie, quando incidono sull'assetto edilizio preesistente, non possono essere considerate quali interventi di manutenzione straordinaria
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Tettoia, se aumenta superficie utile e volumetria serve il titolo edilizio
Tettoia e permesso di costruire, un’annosa questione. Il Tar Campania fa nuovamente chiarezza Il Tar Campania, nella sentenza n. 5628 del 26 agosto 2021, definisce il titolo abilitativo per la realizzazione di una tettoia, respingendo il ricorso della proprietaria di un fabbricato per civile abitazione, che aveva impugnato l’ordinanza di demolizione delle opere abusive ivi riscontrate, con contestuale ingiunzione al ripristino dello stato dei luoghi preesistente.

Tettoia e permesso di costruire: le opere abusive rilevate

Dagli accertamenti, risultavano le seguenti opere abusive:
  • completamento della tettoia posta sopra il solaio anche abitato;
  • realizzazione di una tettoia con profilati in ferro coperta da lamiere grecate di circa mq 45,00 per un’altezza media di mt 2,90;
  •  realizzazione di una tettoia, profili in ferro e copertura in lamiera grecata di circa mq 24,00 per altezza media di mt 2,90;
  •  formazione di una cantinola interrata di circa mq 12,00 per altezza mt 4,00.

Tettoia e permesso di costruire, quando l’intervento è considerabile ‘manutenzione straordinaria’

Sulla natura delle opere contestate, il Tar Campania esclude che possano essere assimilate a interventi di manutenzione straordinaria, che concerne esclusivamente “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici”. A tale categoria non sono infatti riconducibili il completamento e la realizzazione di tettoie in profilati in ferro coperte da lamiere grecate, di notevoli dimensioni, né, tantomeno, la formazione di una cantinola interrata, che, in quanto implicanti una apprezzabile trasformazione urbanistico edilizia, con creazione di nuove superfici utili ed incremento della volumetria esistente, sono invece ascrivibili agli interventi di nuova costruzione (art. 3, comma 1, lett. e) del dpr n. 380/2001, come tali assoggettabili al permesso di costruire.

L’impatto sul territorio e le significative trasformazioni urbanistiche

Occorre, in tale caso, fare riferimento all’impatto effettivo che le opere generano sul territorio, con la conseguenza che si deve qualificare l’intervento edilizio quale nuova costruzione laddove, avuto riguardo alla sua struttura e all’estensione dell’area relativa, esso si presenti idoneo a determinare significative trasformazioni urbanistiche ed edilizie. In particolare, le tettoie, quando incidono sull’assetto edilizio preesistente, “non possono essere considerate quali interventi di manutenzione straordinaria, in quanto non consistono nella rinnovazione o nella sostituzione di un elemento architettonico, ma nell’aggiunta di un elemento strutturale dell’edificio, con modifica del prospetto, perciò la relativa costruzione richiede il preventivo rilascio del permesso di costruire, non essendo assentibile con semplice Dia (oggi Scia), anche in ragione della perdurante modifica dello stato dei luoghi”. Più in generale, “Necessita di titolo edilizio e di autorizzazione paesaggistica, in zona vincolata, ogni opera che arreca una trasformazione del territorio. In base all’art. 10, dpr n. 380/2001, sono subordinati a permesso di costruire gli interventi di nuova costruzione che sono quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nella manutenzione ordinaria o straordinaria, nel restauro e risanamento conservativo, ovvero nella ristrutturazione edilizia”. Il legislatore identifica, dunque, le nuove costruzioni non solo (e non tanto) per le loro caratteristiche costruttive, ma piuttosto per il loro uso, ove sia destinato a soddisfare esigenze di carattere non meramente temporaneo”. Ciò posto, “in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori, sia pure riconducibili, come nella fattispecie, nella loro oggettività alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione o della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche, ripetono le caratteristiche di illegittimità dell’opera principale cui ineriscono strutturalmente”.

Non sono pertinenziali gli interventi con ampliamenti volumetrici

Pertanto, “non possono essere qualificati come pertinenziali gli interventi che consistono in ampliamenti volumetrici e/o parti integranti di fabbricati, mentre le pertinenze urbanistiche sono manufatti accessori e preordinati ad una oggettiva esigenza del fabbricato principale, che perciò hanno una propria individualità fisica e strutturale, anche se destinati a servizio e/o ornamento del preesistente immobile principale”. Peraltro, l’art. 3, comma 1, lett. e. 6), dpr n. 380/2001 include tra le nuove costruzioni, soggette a permesso di costruire, gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale. In definitiva, “Ai fini urbanistici non possono ritenersi beni pertinenziali, con conseguente loro assoggettamento al regime proprio del permesso di costruire, gli interventi edilizi che, pur legati da un vincolo di servizio al bene principale, non sono tuttavia coessenziali ma ulteriori ad esso, in quanto suscettibili di un utilizzo in modo autonomo e separato e poiché occupano aree e volumi diversi”. La mancata conservazione delle caratteristiche fondamentali dell’edificio preesistente, tra cui la sagoma, comporta che l’intervento fuoriesca dalle categorie della manutenzione edilizia e della pertinenza, configurando sostanzialmente una nuova costruzione e, come tale, necessitante di permesso di costruire – nel caso di specie, assente -, non ascrivibile, nemmeno in parte, ad opere meramente pertinenziali che, di contro, per dimensioni, vincoli e funzionalità, concretano, nella globalità e non in via atomistica, uno stabile e permanente rimodellamento della morfologia del terreno.

Vincolo paesaggistico

Secondo orientamento consolidato, “Ove gli illeciti edilizi ricadano in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, stante l’alterazione dell’aspetto esteriore, gli stessi risultano soggetti alla previa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica, con la conseguenza che, quand’anche si ritenessero le opere pertinenziali o precarie e, quindi, assentibili con mera Dia, l’applicazione della sanzione demolitoria è, comunque, doverosa ove non sia stata ottenuta alcuna autorizzazione paesistica”.

Tettoia e permesso di costruire: il principio di indifferenza del titolo edilizio

Per le opere abusive eseguite in assenza di titolo edilizio e di autorizzazione paesaggistica in aree vincolate, vige un principio di indifferenza del titolo necessario all’esecuzione di interventi in dette zone, essendo legittimo l’esercizio del potere repressivo in ogni caso, a prescindere, appunto, dal titolo edilizio ritenuto più idoneo e corretto per realizzare l’intervento edilizio nella zona vincolata (Scia o permesso di costruire); ciò che rileva, ai fini dell’irrogazione della sanzione ripristinatoria, è il fatto che lo stesso è stato posto in essere in zona vincolata e in assoluta carenza di titolo abilitativo, sia sotto il profilo paesaggistico che urbanistico”. In termini generali, i commi 4 e 5 dell’art. 167, d.lgs. n. 42/2004 sanciscono la regola della non sanabilità ex post degli abusi, sia sostanziali che formali, aventi rilevanza paesaggistica; la ratio è quella di precludere qualsiasi forma di legittimazione del fatto compiuto, in quanto l’esame di compatibilità paesaggistica deve sempre precedere la realizzazione dell’intervento.

La “superficie utile” in ambito paesaggistico

In ambito paesaggistico la nozione di “superficie utile” deve essere intesa in senso ampio e finalistico, ossia non limitata agli spazi chiusi o agli interventi capaci di provocare un aggravio del carico urbanistico, quanto piuttosto considerando l’impatto dell’intervento sull’originario assetto del territorio e, quindi, l’idoneità della nuova superficie, qualunque sia la sua destinazione, a modificare stabilmente la vincolata conformazione originaria del territorio, sicché di superficie utile deve parlarsi in presenza di qualsiasi opera edilizia calpestabile o che può essere sfruttata per qualunque uso. Tar Campania, sentenza n. 5628 del 26 agosto 2021
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