Edilizia

Strutture in acciaio non amovibili, serve l’autorizzazione del Genio Civile

Cassazione: sono escluse dall'obbligo di denuncia solo le strutture in acciaio che non assolvono a una funzione statica
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Strutture in acciaio non amovibili, serve l’autorizzazione del Genio Civile
La Corte di Cassazione, nella sentenza 14237/2021, ha stabilito che nelle zone a rischio sismico, la realizzazione di strutture in acciaio deve essere preventivamente autorizzata dal Genio Civile, anche se non influisce sulle strutture dell’edificio preesistente.

Le opere oggetto del caso

La sentenza prende in esame il ricorso per l’annullamento della sentenza del Tribunale che aveva dichiarato il ricorrente colpevole dei reati di cui agli artt. 64, 65, 71, 72, 93, comma 1, 94, comma 1, e 95 dpr n. 380 del 2001 per aver realizzato, senza autorizzazione e preventiva comunicazione all’ufficio del Genio Civile, e senza un progetto esecutivo redatto da un tecnico abilitato e la direzione di quest’ultimo:
  • una struttura chiusa in acciaio, con pilastrini e travi rivestiti in muratura in carton gesso per esterni, completa di porte in acciaio e vetri, nonché di copertura realizzata con sistema di chiusura comandata di tendaggi retrattili, delle dimensioni di mt. 4,00 x 18,00;
  • un ulteriore manufatto con copertura a tenda e con base in pedane di legno, completo di paretine esterne, sempre in legno, e chiusura verticale traslucida realizzata con materiali plastici;
  • una nuova apertura sulla parete perimetrale che poneva in collegamento il manufatto con la restante parte dell’immobile, con conseguente modifica del prospetto.
Il ricorrente sosteneva che gli interventi edilizi oggetto di contestazione non riguardavano i preesistenti elementi strutturali dell’edificio. E non avevano modificato in nessuna delle sue parti essenziali e sostanziali, essendosi trattato solo ed esclusivamente di un intervento di qualificazione estetica. Quanto all’elemento soggettivo, aveva dato incarico ad un tecnico abilitato per richiedere ed ottenere dagli enti preposti tutte le autorizzazioni necessarie.

Sono escluse solo le strutture metalliche che non assolvono a una funzione statica

Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché l’opera in struttura metallica, stabilmente adibita ad attività di ristorazione, era di tipo non amovibile, realizzata con scatolari in ferro, ancorata al terreno a mezzo bulloni, cartongesso e pedana di legno. Secondo il costante insegnamento della Corte di Cassazione, la disciplina penale in materia di opere a struttura metallica, prevista dall’art. 64, dpr n. 380 del 2001, si applica soltanto quando la statica delle opere eseguite è assicurata da elementi strutturali in acciaio o in altri metalli con funzione portante; sono pertanto escluse dalla disciplina penale solo le strutture che, secondo la lettera dell’art. 53, dpr n. 380 del 2001, non assolvono ad una funzione statica e quelle costituite da un’unica struttura, come le membrature singole e gli elementi costruttivi che assolvano ad una funzione di limitata importanza nel contesto statico del manufatto. Circa l’affermazione del ricorrente, che i lavori non hanno riguardato in alcun modo i preesistenti, la Corte precisa che il Tribunale non ha mai affermato che i lavori oggetto di contestazione avessero interessato le strutture portanti dell’edificio preesistente; al contrario, si trattava di nuove opere realizzate all’esterno del manufatto, una delle quali collegata ad esso da una nuova apertura, per le quali il ricorrente aveva ottenuto i relativi titoli edilizi in sanatoria.

Responsabilità del costruttore non eludibile con delega

Infine, la sentenza ribadisce che la responsabilità diretta del costruttore non è eludibile mediante delega ad un professionista ancorché qualificato. E non va confusa con la buona fede scusabile solo in presenza di comportamenti della pubblica amministrazione o di orientamenti della giurisprudenza oggettivamente instabili, in assenza dei quali la certezza della legittimità del proprio operato non può essere frutto di personale convincimento. Corte di Cassazione, sentenza 14237/2021
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