Edilizia

Stato legittimo e destinazione d’uso di immobili ante 1967, quali sono i documenti probanti?

Il TU edilizia non riconosce rilevanza probatoria specificatamente ai titoli afferenti all’ambito urbanistico-edilizio al fine di dimostrare la destinazione d’uso dell’immobile
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Stato legittimo e destinazione d’uso di immobili ante 1967, quali sono i documenti probanti?

Il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 10670 del 6 dicembre 2022, tratta della destinazione d’uso e dello stato legittimo di immobili anteriori al 1967, stabilendo che anche gli atti diversi da quelli di carattere urbanistico-edilizio rappresentano “documenti probanti” la destinazione d’uso legittima di un immobile, ai sensi del combinato disposto degli articoli 23-ter, comma 2, e 9-bis, comma 1-bis, del Testo Unico Edilizia.

Stato legittimo degli immobili: cosa considerare?

Secondo l’art.9 bis comma 1-bis dpr 380/2001, la documentazione idonea ad attestare lo stato legittimo degli immobili edificati in un periodo storico in cui non era obbligatorio acquisire preventivamente il titolo abilitativo edilizio (reso vincolante dalla legge n. 765/1967), consiste in informazioni catastali di primo impianto, o altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

Considerato che il successivo art. 23-ter comma 2 dpr 380/01, prevede che anche la destinazione d’uso dell’immobile sia ricostruita sulla base della documentazione di cui all’art. 9-bis dpr 380/01, lo stato legittimo riguarda non solo la consistenza plani-volumetrica dell’edificio ma  anche la sua destinazione d’uso.

Il caso trattato nella sentenza riguarda l’impugnazione di un provvedimento di annullamento in autotutela della Segnalazione Certificata Agibilità, motivato sull’illegittimità della destinazione d’uso commerciale di un immobile, indicato solo come stato di fatto in un permesso di costruire del 2019, rilasciato per la realizzazione di un intervento di ristrutturazione edilizia. L’Amministrazione comunale non aveva preso in considerazione tale titolo, trattandosi di edificio realizzato ante 1967, ma aveva prestato fede alla classificazione catastale, secondo la quale l’immobile era un deposito (C/2), privo di titoli abilitativi e per il quale non era stata chiesta alcuna variazione.

Il caso specifico oggetto di sentenza

Il ricorrente ha dimostrato la destinazione d’uso legittimata grazie all’esibizione di altri documenti con valenza probante, quali licenza di commercio al minuto, autorizzazione di abitabilità, licenza per esercizio del commercio di vendita al pubblico, autorizzazione al commercio al minuto in sede fissa.

Il Consiglio di Stato, in applicazione dei principi scaturenti dalle disposizioni di cui all’art. 9 bis comma 1 bis dpr 380/01, ha statuito l’illegittimità dell’operato del comune, ritenendo che anche la destinazione d’uso di un immobile realizzato ante 1967 è quella desumibile da “documenti probanti”, in generale, quali, tra gli altri, i documenti d’archivio o altri atti, pubblici o privati, di provenienza certa e non contestata, che dimostrano, quali indizi gravi, precisi e concordanti la destinazione dell’immobile.

Pertanto il privato interessato nell’ambito del permesso di costruire pregresso, e della Scia successiva ha correttamente riferito della destinazione d’uso originaria dell’immobile, in quanto la fonte primaria (TU edilizia) non riconosce rilevanza probatoria specificatamente ai “titoli afferenti all’ambito urbanistico-edilizio” al fine di dimostrare la destinazione d’uso dell’immobile bensì fa riferimento genericamente a “documenti probanti” e, in via esemplificativa, agli atti ivi individuati per comprovare la destinazione d’uso in essere.

Tra questi atti devono essere sicuramente annoverati i certificati amministrativi che sono documenti pubblici. La classificazione catastale, che notoriamente rileva primariamente a fini fiscali, riveste carattere recessivo e sussidiario della destinazione d’uso legittima di un immobile, come tale utilizzabile in mancanza di ulteriori atti, quale previsione di chiusura del sistema.

Rilevante nel caso in esame era anche il permesso di costruire 2019, in quanto richiesto e concesso esclusivamente per l’intervento di ristrutturazione, dunque senza alcun riferimento ad una destinazione d’uso dell’immobile diversa da quella risultante dalla relativa classificazione catastale, atteso che l’istante non aveva motivo per chiedere il cambio di destinazione d’uso in presenza di un immobile da tempo utilizzato con finalità commerciale.

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