Edilizia

Immobile abusivo ante 1967: il Consiglio di Stato interviene sulla prova della preesistenza

Contano anche gli indizi che, valutati complessivamente, possano ritenersi gravi precisi e concordanti
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Immobile abusivo ante 1967: il Consiglio di Stato interviene sulla prova della preesistenza

Il Consiglio di Stato si esprime sulle prove inerenti gli abusi ante 1967

Nessun abuso edilizio se l’immobile è costruito ante 1967, ma l’onere della prova spetta al privato interessato ed è una prova spesso in salita, come dimostrano due recenti casi, uno accolto e l’altro rigettato dalla Sesta Sezione del Consiglio di Stato.

Nessun titolo edilizio per gli abusi ante 1967 fuori dal centro urbano

L’immobile, fuori dal perimetro del centro urbano, costruito prima dell’entrata in vigore della Legge Ponte (L. 765/1967), non può essere considerato abusivo, anche se manca il titolo edilizio. L’obbligo di rilascio della licenza edilizia per queste costruzioni è stato introdotto infatti, per la prima volta, dall’art. 10 della L. 765/1967, che ha modificato l’art. 31 della L. 1150/1942. Dunque sarebbe illegittimo l’eventuale ordine di demolizione imposto dal Comune, per riscontrata mancanza di titolo edilizi. Tuttavia la difficoltà in questi casi, tutt’altro che infrequenti, è quella di fornire adeguata prova della preesistenza del fabbricato all’anno 1967.

Onere della prova della preesistenza del fabbricato alla Legge Ponte

Per costante orientamento della giurisprudenza amministrativa:

  • l’onere della prova dell’epoca di costruzione del fabbricato incombe sul privato a ciò interessato, unico soggetto ad essere nella disponibilità di documenti e di elementi di prova, in grado di dimostrare con ragionevole certezza l’epoca di realizzazione del manufatto
  • la prova può essere data anche per presunzioni.

Che la prova richiesta al privato non sia facile, lo dimostra il diverso esito di due recenti sentenze della Sesta Sezione del Consiglio di Stato, che si sono occupate proprio di questo problema, accogliendo il primo, ma rigettando il secondo appello.

Abusi ante 1967: il primo caso (sent. 570/2022)

Il primo caso (sent. 570/2022), riguardava una baracca rettangolare in legno, chiusa lateralmente con lamiere e coperta con una sola falda, di superficie pari a 19 mq e volume di 41 mc. Il Comune ne aveva ordinato la demolizione perché edificata in assenza di permesso a costruire. La proprietaria presentava ricorso al TAR per dimostrare che il bene era stato costruito prima della Legge Ponte, ma il Tribunale amministrativo rigettava il ricorso, ritenendo non raggiunta la predetta prova.

Indizi gravi precisi e concordanti dell’epoca di costruzione del manufatto

Non è d’accordo il Consiglio di Stato, per il quale la parte aveva presentato “ una serie di indizi che, valutati complessivamente, possono ritenersi precisi, gravi e concordanti, facendo risultare provata l’epoca di realizzazione del manufatto”.

Gli elementi indiziari ritenuti sufficienti dal Supremo Collegio amministrativo sono stati in particolare:

  • l’affermazione contenuta nel provvedimento di demolizione circa la riconducibilità dell’intervento ad un tempo lontano;
  • la relazione tecnica di parte, depositata nel giudizio di primo grado, che faceva riferimento ad una aerofotogrammetria dalla quale risulta l’esistenza dell’immobile fin dall’anno 1974;
  • la foto, richiamata nella perizia e fornita dal ricorrente, dalla quale risulta “la presenza di un manufatto che coincide con uno stato dei luoghi che si venne a determinare negli anni successivi l’evento calamitoso avvenuto, nel febbraio 1963, a monte della frazione di Nerano”;
  • la seconda relazione tecnica di parte dalla quale emergeva il ritrovamento agli atti del Comune, di una planimetria aerofotogrammetrica dalla quale risulta che il manufatto era già esistente all’epoca dell’evento franoso avvenuto nel 1962;
  • le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà di un abitante del Comune che confermava l’esistenza dell’immobile, nella stessa configurazione, da epoca anteriore al 1964.

Il secondo caso

Nel secondo caso invece il Consiglio di Stato (Cons. St. sent. 499/2022) arriva a conclusioni differenti.

La fattispecie riguarda la costruzione in area vincolata paesaggisticamente (D.M. 19 giugno 1958) di:

  • 3 manufatti, di superficie di 33, 18 e 19,30 mq,
  • una tettoia di 15 mq.,
  • una recinzione in muratura lunga 9 mt.,
  • un muro di contenimento lungo circa 7 mt. e alto 1,70 mt.,
  • ampliamento della cantina garage
  • trasformazione di una preesistente cisterna in locale abitativo.

Il Comune aveva ordinato la demolizione delle opere, ritenute abusive perché prive di titolo edilizio e di autorizzazione della Sopraintendenza, necessaria in ragione del vincolo paesaggistico. Le proprietarie si rivolgevano al TAR sostenendo la costruzione delle opere prima dell’entrata in vigore della Legge Ponte. Ma i giudici di primo grado rigettavano il ricorso perché non era stata data la “prova certa del fatto che le opere in contestazione fossero state realizzate prima del 1967 e, comunque, prima della entrata in vigore del vincolo paesaggistico, imposto con D.M. 19 giugno 1958 pubblicato in G.U., dal quale conseguiva la necessità di ottenere la preventiva autorizzazione da parte della Soprintendenza, anche nella ipotesi in cui le opere fossero state qualificabili come meramente pertinenziali o precarie, e quindi a prescindere dal titolo edilizio necessario”.

Prove insufficienti secondo il Consiglio di Stato

In questo secondo caso, il Consiglio di Stato ha confermato la pronuncia dei giudici di primo grado, ritenendo insufficiente lo sforzo probatorio delle ricorrenti:

  • l’unico documento prodotto in giudizio era costituito infatti da una foto aerea del 1966 di difficile lettura;
  • l’assenza del parere della Soprintendenza risultava sospetta;
  • in sede penale la realizzazione delle opere era stata collocata temporalmente subito dopo l’agosto del 2004
  • la perizia di parte dimostrava solo che alcuni dei manufatti oggetto di demolizione, al piano terreno o interrato, esistevano nel 1978, e il descritto recupero di “comodi rurali preesistenti” non era collocato temporalmente.

Dunque secondo il Supremo Collegio, in questo caso “l’assenza di documenti che, con assoluta certezza, collochino la realizzazione delle opere prima del 1967, e l’assenza di qualsiasi parere della Soprintendenza inducono a ritenere che si tratti di interventi posteriori al 1967, in relazione ai quali avrebbe dovuto essere chiesto ed ottenuto, in via preventiva, un titolo edilizio, nei fatti inesistente”.

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