Edilizia

Permesso di costruire in sanatoria, chi può richiederlo?

Il diritto alla richiesta del titolo abitativo va provato e il Comune ha l’obbligo di verificarne l’idoneità e, in caso di contestazione, di effettuare delle indagini
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Permesso di costruire in sanatoria, chi può richiederlo?
Il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 2951 del 12 aprile 2021, interviene sulla titolarità del soggetto legittimato alla richiesta del permesso di costruire (art. 11 dpr n. 380/2001), a proposito di un ricorso volto ad annullare una sentenza del Tar Campania recante l’annullamento d’ufficio del permesso di costruire in sanatoria e la contestuale ingiunzione ripristino dello stato dei luoghi. La vicenda giudiziaria era sorta quando, dopo aver eseguito senza permesso di costruire l’allargamento di una stradina privata, la ricorrente aveva chiesto all’ente comunale il rilascio del permesso di costruire in sanatoria relativamente a tutte le particelle interessate dall’intervento edilizio, sostenendo di esserne proprietaria per usucapione. Il Comune, però, dopo aver accertato che le dichiarazioni e la documentazione prodotta non erano tali da giustificare né la qualità di erede della dichiarante né la circostanza che la conduttrice (risultata titolare di uno studio odontoiatrico) avesse realizzato l’usucapione della particella in questione, procedeva in autotutela all’annullamento d’ufficio del permesso di costruire in sanatoria e alla contestuale ingiunzione al ripristino dello stato dei luoghi. Il Tar confermava la legittimità di tale provvedimento.

Il titolo per richiedere il permesso di costruire

Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso sulla base dell’art. 11, comma 1, dpr n. 380 del 6 giugno 2001, che stabilisce che il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo, per cui l’interessato è tenuto a fornire al Comune la prova del suo diritto. Mentre l’ente non deve svolgere sul punto verifiche eccedenti quelle richieste dalla ragionevolezza e dalla comune esperienza, in relazione alle concrete circostanze di fatto. Pertanto, grava sull’Amministrazione l’obbligo di verificare l’esistenza, in capo al richiedente, di un idoneo titolo di godimento sull’immobile oggetto dell’intervento, ma non già di risolvere i conflitti tra le parti private in ordine all’assetto dominicale dell’area interessata. Per cui il richiedente che sostiene di essere proprietario per usucapione dell’area interessata, senza fornire prova adeguata, non può vantare titolo per richiedere un permesso di costruzione, né la semplice instaurazione di un giudizio per l’accertamento dell’usucapione soddisfa a tale presupposto. Nel caso in esame, l’affermata usucapione è irrilevante in quanto, oltre a non essere stata accompagnata da alcun adeguato elemento di prova, risultava piuttosto smentita dagli elementi acquisiti, e con adeguatezza motivazionale esplicati nell’ambito del provvedimento di annullamento in autotutela.

Quando il diritto al titolo abilitativo è contestato, il Comune deve indagare

La regola generale, per cui il permesso di costruire è rilasciato salvi i diritti dei terzi, sui quali quindi il Comune non è tenuto a svolgere particolari indagini, trova un limite nei casi in cui il Comune stesso sappia che il diritto di chi richiede il titolo abilitativo è contestato; in tal caso, l’ente deve compiere le indagini necessarie per verificare se tali contestazioni siano fondate e denegare il rilascio del titolo se il richiedente non sia in grado di fornire elementi seri a fondamento del suo diritto. E’ insostenibile la tesi secondo la quale la legittimazione alla sanatoria, più ampia di quella necessaria per conseguire il permesso di costruire, determinerebbe di fatto l’irrilevanza della posizione del terzo comproprietario dissenziente, di fronte all’obbligo dell’Amministrazione di accertare l’esistenza di un legittimo titolo a fondamento della pretesa, titolo di carattere sostanziale e non meramente procedimentale.

La motivazione dell’annullamento del titolo edilizio in sanatoria

L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (sentenze n. 8 del 2017 e n. 148 del 5 gennaio 2021) ha chiarito che l’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio in sanatoria, intervenuto ad una distanza temporale considerevole dal provvedimento annullato, deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all’adozione dell’atto di ritiro anche tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole. In tali ipotesi, tuttavia:
  • il mero decorso del tempo, di per sé solo, non consumi il potere di adozione dell’annullamento d’ufficio e che, in ogni caso, il termine ‘ragionevole’ per la sua adozione decorra soltanto dal momento della scoperta, da parte dell’amministrazione, dei fatti e delle circostanze posti a fondamento dell’atto di ritiro;
  • che l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione risulterà attenuato in ragione della rilevanza e autoevidenza degli interessi pubblici tutelati;
  • che la non veritiera prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo a lui favorevole non consente di configurare in capo a lui una posizione di affidamento legittimo, con la conseguenza per cui l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione potrà dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte.
Sentenza n. 2951 del 12 aprile 2021
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