Opere temporanee in area vincolata. Una recente sentenza fa chiarezza in tal senso
Qual è il criterio che consente di
distinguere un manufatto precario da uno che precario non è? Lo chiarisce il Consiglio di Stato (Cons St. sent. n. 4096/2021) in un caso relativo alla richiesta di
compatibilità paesaggistica avanzata da una struttura turistico ricettiva, per l’installazione di
cabine balneari ed altri manufatti leggeri ad uso esclusivamente stagionale.
Il caso
Una struttura turistico ricettiva di una località balneare aveva presentato istanza di autorizzazione paesaggistica per l’ampliamento del tavolato verso il mare (di metri tre) e per installare manufatti temporanei quali cabine spogliatoio, cabina bagno chimico, cabina multiuso, lettini ed ombrelloni. L’installazione era descritta dalla richiedente come temporanea, per un periodo massimo di centottanta giorni, e cioè per la
sola stagione balneare.
La
Soprintendenza aveva dato parere negativo alla richiesta, e quindi il Comune con una nota aveva comunicato che il vincolo paesistico ambientale non risultava rimosso. La società impugnava allora la predetta nota, facendo valere l’intervenuto
silenzio assenso (art. 11 comma 9 DPR 31/2017) sulla istanza di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
La controversia, finita all’esame del Consiglio di Stato, attiene alla compatibilità paesaggistica dei manufatti ad uso stagionale, sostenuta dalla ricorrente e negata dall’Amministrazione.
Valutazioni della Soprintendenza e sindacato del Giudice
Per prima cosa il Consiglio di Stato, nella sentenza in commento, ricorda che l’entrata in vigore (dal 1 gennaio 2010) dell’
art. 146 del Codice dei beni culturali (Dlgs 42/2004) ha trasformato il ruolo della Soprintendenza, attribuendole poteri di cogestione del vincolo insieme alla Regione o all’ente delegato.
Ciò significa che la
Soprintendenza non esercita più un controllo di legittimità successivo sull’autorizzazione già rilasciata dall’ente, ma ha adesso un
potere di valutazione anticipato (ex ante) sulla fase di rilascio dell’autorizzazione. Il giudizio affidato all’amministrazione, precisa il Supremo Collegio, è ampiamente discrezionale, nell’ambito della c.d. discrezionalità tecnico-valutativa. Si tratta infatti di fare “applicazione di cognizioni tecniche specialistiche proprie di settori scientifici disciplinari della storia, dell’arte e dell’architettura, caratterizzati da ampi margini di opinabilità”.
Per questa ragione, il
Giudice non può entrare nel merito delle valutazioni tecniche effettuate dalla Soprintendenza, e può soltanto giudicare della logicità, correttezza e completezza della valutazione, al limite considerando anche la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto. Senza però poter dissentire sulle valutazioni scientifiche espresse.
Opere temporanee e compatibilità paesaggistica
Nel caso esaminato dal Consiglio di Stato, la Soprintendenza aveva negato la compatibilità paesaggistica dell’intervento di installazione dei
manufatti per la stagione balneare. Per il Supremo Collegio, si tratta di una decisione pienamente legittima.
Le cabine balneari o il tavolato ligneo che ricorrono nel caso esaminato, sono da qualificare secondo il Supremo Collegio, tra le opere di cui all’art. 3 TUE comma 1 lett e5) (D.p.r. 380/2001).
La norma (riformulata di recente dalla L. 120/2020) stabilisce che è sempre da considerare tra gli
interventi di nuova costruzione “’l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o delle tende e delle unità abitative mobili con meccanismi di rotazione in funzione, e loro pertinenze e accessori, che siano collocate, anche in via continuativa, in strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, che non posseggano alcun collegamento di natura permanente al terreno e presentino le caratteristiche dimensionali e tecnico-costruttive previste dalle normative regionali di settore ove esistenti.”
Manufatti temporanei: dipende dall’uso non dalla struttura
La norma consente di
escludere dagli interventi di nuova costruzione i manufatti leggeri destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee.
Il criterio di riferimento per distinguere tra un manufatto precario ed uno che precario non è, passa attraverso la valutazione delle caratteristiche tipologiche e funzionali del manufatto.
Il Supremo Collegio richiama l’orientamento giurisprudenziale secondo cui “i manufatti non precari, ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti, vanno considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, con un sicuro incremento del carico urbanistico,
a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la rimovibilità della struttura e l’assenza di opere murarie, posto che il manufatto non precario non è deputato ad un suo uso per fini contingenti, ma è destinato ad un utilizzo destinato ad essere reiterato nel tempo in quanto stagionale.
Manufatti ad uso stagionali non sono temporanei
Quello che definisce dunque la precarietà di un manufatto, aldilà delle sue caratteristiche strutturali,
è l’uso specifico e temporalmente limitato. Tale non è, secondo il Consiglio di Stato l’utilizzo stagionale. La stagionalità dell’uso del bene, scrive il Collegio “non esclude la destinazione del manufatto al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti, ma permanenti nel tempo”
Confermando dunque l’operato della Soprintendenza e del Comune, il Collegio ha
rigettato il ricorso dichiarando legittima la non compatibilità paesaggistica di manufatti ad uso stagionale.
Consiglio di Stato, sentenza n. 4096/2021