Edilizia

La nozione di opera precaria secondo un recente indirizzo del Consiglio di Stato

Per l'opera precaria non serve il titolo abilitativo, è indipendente dalla struttura della stessa. Analisi della sentenza 10847/2022 del Consiglio di Stato
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La nozione di opera precaria secondo un recente indirizzo del Consiglio di Stato

La nozione di opera precaria, per la quale non serve il titolo abilitativo, è indipendente dalla struttura della stessa. Decisiva, al contrario, la destinazione del manufatto alla realizzazione di esigenze meramente temporanee ed occasionali.

Secondo quanto affermato dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 10847 del 12 dicembre 2022, un’opera edilizia può definirsi precaria solo se la stessa, indipendentemente dalla natura dei materiali usati per l’edificazione o dalla sua conformazione strutturale, è preordinata, sul piano funzionale, a soddisfare esigenze oggettivamente provvisorie del soggetto attuatore.

La nozione di “opera precaria”: il principio affermato dal Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato, nel confermare la sentenza del Tar Lombardia n. 1705/2017 che aveva respinto il ricorso proposto dall’istante contro l’ordine di demolizione adottato dal Comune di Milano per l’eliminazione di alcuni manufatti abusivi, erroneamente assunti come precari (una tettoia aperta delle dimensioni di circa 10 metri per 12, usata come riparo per camper e/o roulotte ed una casa prefabbricata, sebbene di modeste dimensioni, adibita ad abitazione), ha effettuato una puntuale ricognizione dei principi che governano la materia, e consentono di identificare un’opera come non necessitante, ai fini edificatori, di permesso di costruire o titolo abilitativo equivalente.

Secondo quanto stabilito dall’articolo 3, comma 1, lettera e. 5) del D.P.R. n. 380 del 2001 (nella formulazione vigente al tempo dell’adozione del provvedimento impugnato) è qualificabile come nuova costruzione “l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee (…)”.

Aggiunge il successivo articolo 6, comma 2, lettera b) del medesimo D.P.R. 380/01 che rientrano nell’alveo dell’attività di edilizia libera “le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni”.

Dall’esame del combinato disposto di queste due norme, la giurisprudenza amministrativa ha elaborato, ai fini della configurabilità di un manufatto come opera precaria, due criteri distintivi: 1) quello strutturale, in virtù del quale è precario ciò che non è stabilmente infisso al suolo; e 2) quello funzionale, in virtù del quale è precario ciò che è destinato a soddisfare un’esigenza temporanea.

Ebbene, secondo il costante orientamento del massimo Collegio amministrativo per individuare la natura precaria di un’opera si deve seguire non il criterio strutturale, quanto, piuttosto, quello funzionale, per cui un’opera può anche non essere stabilmente infissa al suolo, ma se presenta la caratteristica di essere realizzata per soddisfare esigenze non temporanee, non può beneficiare del regime delle opere precarie (Cons. Stato, Sez. V, 27 marzo 2013, n. 1776).

Le conseguenze dell’impostazione adottata dal Consiglio di Stato

Deriva dall’applicazione concreta dei principi giurisprudenziali appena esposti, che l’acquisizione preventiva di un titolo abilitativo è sempre necessaria quando si debbano realizzare dei manufatti che, pur se non necessariamente infissi nel suolo, in quanto semplicemente aderenti a questo, alterino lo stato dei luoghi in modo stabile e permanente, non irrilevante e non meramente occasionale.

Risulta allora evidente che la natura precaria di un manufatto, non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione che il costruttore, a seguito di valutazione soggettiva, abbia dato all’opera, ma, piuttosto, deve ricollegarsi all’oggettiva, materiale, destinazione di quest’ultima ad un uso effettivamente precario e temporaneo, per finalità specifiche, contingenti e limitate nel tempo.

Per gli stessi motivi, dunque, non possono essere considerati manufatti destinati ad esigenze meramente temporanee quelli che vengono edificati per un utilizzo perdurante e reiterato nel tempo, tanto che l’alterazione del territorio che deriva dalla loro costruzione non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante (Cons. Stato, VI, 3 giugno 2014, n. 2842).

La decisione del caso concreto

Nel caso in esame, dunque, coerentemente con i precedenti richiamati, ad avviso del Consiglio di Stato non è censurabile la decisione del Tar Lombardia e, di conseguenza, l’ordine di demolizione a suo tempo emesso dal Comune di Milano, posto che, indipendentemente dalla loro consistenza strutturale, i manufatti privi di titolo, dei quali era stata ordinata al ricorrente l’eliminazione, con il conseguente ripristino dello stato dei luoghi, erano destinati ad offrire stabile ricovero all’istante ed alla sua famiglia, ed erano, altresì, privi della funzione precaria ed occasionale, nel senso sopra descritto.

Ricorso respinto, dunque, pronuncia confermata e comunicazione del dispositivo alla pubblica amministrazione resistente affinché proceda con la materiale esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato.

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