Il Consiglio di Stato, nella
sentenza n. 2952 del 12 aprile 2021, interviene sull’
oblazione dovuta per la concessione in sanatoria, in merito al caso di una Società che aveva acquisito un complesso immobiliare su area sottoposta a vincolo paesaggistico dopo il fallimento del proprietario, che aveva chiesto il rilascio di concessione in sanatoria ex art. 31 della legge n. 47 del 1985.
La Società in questione era ricorsa al Tar Campania per l’annullamento del provvedimento con cui il Comune compente dichiarava la
non congruità della somma versata a titolo di oblazione, determinando il differenziale dovuto dalla Società succeduta all’originaria richiedente.
I motivi del ricorso – respinto dal Tar Campania – riguardavano l’asserita
estraneità del nuovo proprietario al rapporto obbligatorio contratto dal precedente proprietario, concernente l’assolvimento degli oneri relativi all’oblazione e, quindi, al conguaglio di essa, dato che l’acquisto del compendio immobiliare a seguito di procedura fallimentare era avvenuto “
libero da vincoli ed oneri” e che l’obbligazione relativa al pagamento dell’oblazione non sarebbe trasmissibile all’acquirente.
Con l’appello al Consiglio di Stato, si sosteneva inoltre che il Tar avesse errato nel ritenere che il
termine della prescrizione decorra dal momento di adozione del parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, piuttosto che dalla data di presentazione della domanda di condono.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto
infondate le argomentazioni dell’appello. E, respingendolo, ha
confermato la sentenza di primo grado, in base alle seguenti argomentazioni.
L’obbligo dell’oblazione si trasferisce al nuovo titolare dell’immobile abusivo
L’obbligazione pecuniaria relativa al pagamento dell’oblazione conseguente al provvedimento di rilascio del titolo edilizio in sanatoria è
accessoria e conseguenziale rispetto all’atto autoritativo con il quale è stata valutata la conformità dell’intervento edilizio. E
include gli aventi causa tra i soggetti in ogni caso legittimati dal punto di vista passivo, sia con riferimento alle somme dovute a titolo di oblazione, sia per gli altri oneri concessori.
Per l’art. 37, comma 1, della legge n. 47 del 1985, l’obbligazione per il pagamento dei contributi concessori, se non soddisfatto dal richiedente la sanatoria,
grava comunque su altri soggetti, tra i quali è da ricomprendere l’avente causa dal richiedente la sanatoria.
La giurisprudenza civile è ferma nel ritenere che l’interesse azionato con la domanda di condono di un abuso edilizio è comunque
strettamente collegato alla titolarità dell’immobile abusivo. E che l’acquisto di un bene da parte dell’aggiudicatario in sede di esecuzione forzata, abbia
natura di acquisto a titolo derivativo e non originario, traducendosi nella trasmissione dello stesso diritto del debitore esecutato.
Il termine decorre dalla presentazione dell’istanza corredata da tutta la documentazione
L’art. 35 della legge n. 47 del 1985 prevede che “decorso il
termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda di sanatoria, quest’ultima si intende accolta ove l’interessato provveda al pagamento di
tutte le somme eventualmente dovute a conguaglio” (e, dopo la novella del decreto legge n. 2 del 1988, anche alla presentazione all’ufficio tecnico erariale della
documentazione necessaria all’accatastamento).
Gli immobili siti in aree sottoposte a
vincolo paesaggistico-ambientale non sono suscettibili di sanatoria tacita in difetto del
parere positivo espresso dell’autorità competente alla gestione del vincolo. Nel caso in esame, poiché il vincolo era preesistente all’esecuzione dell’opera da sanare, l’esame della domanda di condono non poteva prescindere dalla previa valutazione di compatibilità paesaggistica dell’opera stessa. Perciò, si deve escludere che il il giorno dal quale parte la decorrenza della prescrizione possa essere individuato in data anteriore, rispetto a quella in cui è stato reso parere favorevole da parte del Soprintendente per i beni ambientali.
Termine di prescrizione, quando e a quali condizioni
Ciò posto, il termine breve di prescrizione di 36 mesi, fissato dall’art. 35 della legge n. 47 del 1985, decorre dalla data di presentazione dell’istanza,
solo ove la stessa sia corredata di tutta la documentazione necessaria alla sua definizione: dovendosi altrimenti collocare il predetto dies a quo nel momento in cui quest’ultima sia completa, anche a seguito delle richieste istruttorie formulate dall’ente.
Per costante giurisprudenza del Consiglio, il termine può decorrere soltanto
dal momento in cui l’amministrazione disponga di tutti gli elementi necessari per quantificare la misura del conguaglio eventualmente dovuto. Tale regola presuppone, quindi, che l’Amministrazione sia stata posta in condizione di controllare la
correttezza delle somme versate. La completezza della domanda, quindi, sia nel senso del corredo documentale obbligatorio, che avuto riguardo alle somme dovute, incide sia sulla decorrenza del termine per la formazione del silenzio assenso, sia ai fini della riconosciuta possibilità all’Amministrazione di verificare la congruità dei versamenti effettuati, chiedendone, appunto, l’eventuale integrazione (“conguaglio”) laddove non satisfattivi.
Nella vicenda in esame, il termine prescrizionale della pretesa fatta valere dal Comune non era inutilmente spirato, dato che,
in difetto dell’integrale pagamento, ad opera della richiedente il condono (così come della avente causa di quest’ultima), delle somme a titolo di oblazione,
il silenzio-assenso non si è potuto formare.
Consiglio di Stato, sentenza n. 2952 del 12 aprile 2021