Edilizia

Condono edilizio, quando si forma il silenzio-assenso?

E' necessario che sia stato completato il pagamento dell’oblazione dovuta e degli oneri concessori e che la domanda sia completa di tutta la documentazione
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Condono edilizio, quando si forma il silenzio-assenso?
Il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 3684 del 10 maggio 2021, chiarisce tempi e condizioni per la formazione del silenzio-assenso sulle istanze di condono edilizio, in relazione a tre domande di condono (legge n. 326 del 24 novembre 2003) per opere edilizie (in parte non valutabili in termine di superficie e di volume) in parziale difformità rispetto al progetto assentito. Opere realizzate durante la ristrutturazione e l’ampliamento di un fabbricato destinato a civile abitazione, per cui era stata rilasciata una concessione edilizia. Successivamente alla presentazione delle domande, il richiedente aveva dovuto fornire al Comune, dietro specifica richiesta dell’ufficio tecnico, per tutte e tre le domande di condono, una copiosa documentazione (elaborati grafici, carichi penali pendenti, titolo di proprietà; dichiarazione sostitutiva attestante la conformità all’originale, documentazione fotografica, relazione tecnico-descrittiva delle opere realizzate abusivamente). E infine si era visto consegnare, per ognuna delle tre istanze di condono, una richiesta di pagamento di somme a titolo di conguaglio per l’oblazione e per la maggiorazione prevista della legge regionale. Avverso tali atti, il richiedente il condono aveva proposto ricorso al Tribunale amministrativo regionale della Puglia. Sostenendo l’avvenuta prescrizione del diritto al conguaglio dell’oblazione, nel termine triennale dalla presentazione delle istanze di condono. E deducendo inoltre l’avvenuta formazione del silenzio assenso sulle domande di condono, essendo stata pretestuosa la richiesta di integrazione documentale. Respinto il ricorso dal giudice di primo grado, secondo il quale sia il termine triennale di prescrizione che il termine per la formazione del silenzio assenso potevano decorrere solo dal completamento della domanda, l’interessato aveva riproposto in appello, tra gli altri, il motivo della mancata formazione del silenzio assenso sulle domande di condono, alla decorrenza della prescrizione triennale. Il Consiglio di Stato ha ritenuto infondati i motivi di appello. E ha confermato la sentenza contestata, in base alle seguenti argomentazioni.

Il difetto di motivazione

Sul motivo del difetto di motivazione, la consolidata giurisprudenza del Consiglio ha chiarito che, negli atti di determinazione delle somme dovute a titolo di oblazione e di oneri concessori non è configurabile il vizio di difetto di motivazione. Trattandosi dell’applicazione, con una mera operazione materiale, di criteri di calcolo predeterminati, senza alcun margine di discrezionalità in capo all’Amministrazione, dalla legge n. 326 del 24 novembre 2003, che contiene in allegato le tabelle con la espressa indicazione delle somme per metro quadro richiesta a titolo di oblazione e di oneri concessori per ogni intervento edilizio. Pertanto, le somme non potevano che essere determinate in base alla tabella allegata alla legge, con la esclusione del vizio di motivazione.

La mancata formazione del silenzio-assenso

Per la formazione del silenzio-assenso sull’istanza di condono edilizio – si legge nella sentenza – è necessario che sia stato completato il pagamento dell’oblazione dovuta e degli oneri concessori. E che la domanda sia completa di tutta la documentazione. Questo affinché possano essere utilmente esercitati i poteri di verifica da parte dell’amministrazione comunale sia in ordine alla ammissibilità del condono che alla corretta determinazione della misura dell’oblazione da versare. Con la conseguenza che l’assenza di completezza della domanda di sanatoria osta alla formazione tacita del titolo abilitativo. Nel caso in esame, il termine di 24 mesi per la formazione del silenzio assenso non poteva che decorrere dalla data in cui è stata integrata la domanda con la presentazione di documentazione, espressamente richiesta dalla legge e necessaria per determinare l’effettiva consistenza dell’abuso, anche al fine della verifica della correttezza dell’oblazione e degli oneri calcolati dal richiedente. Quindi, anche la prescrizione triennale per il conguaglio delle somme dovute a titolo di oblazione, non poteva iniziare a decorrere prima del completamento della domanda.

La qualificazione dell’intervento

Il ricorrente aveva contestato la qualificazione dell’intervento abusivo, espressa dal giudice di primo grado, come ristrutturazione edilizia. Poiché aveva eseguito “modifiche interne e al prospetto che hanno portato ad un organismo edilizio in parte diverso dal precedente, con aumento della superficie utile ristrutturata pari a mq. 41,97”. Il Consiglio ha confermato tale qualificazione, anche in base agli elaborati allegati alla domanda di condono. La modifica del prospetto realizzato per l’intervento oggetto della domanda di condono, non poteva che condurre alla qualificazione delle opere realizzate come ristrutturazione. Infatti, la giurisprudenza ritiene rientranti nelle modifiche dei prospetti, riconducibili alla ristrutturazione edilizia:
  • l’apertura di nuove finestre,
  • la chiusura di quelle preesistenti o il loro spostamento,
  • l’apertura di una nuova porta di ingresso sulla facciata dell’edificio o comunque su una parete esterna dello stesso,
  • la trasformazione di vani finestra in altrettante porte-finestre.
La sentenza ribadisce il principio della valutazione complessiva di una pluralità di opere, dato che la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprenderne in modo adeguato l’impatto effettivo complessivo; in caso di molteplici interventi eseguiti non vanno considerati, quindi, in maniera frazionata. Con la conseguenza che, nel caso di specie, gli interventi realizzati dovevano essere considerati congiuntamente come ristrutturazione.
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