Edilizia

Certificato di agibilità e titolo abilitativo, cosa dice la giurisprudenza

Il permesso di costruire e il certificato di agibilità sono collegati a presupposti diversi, il rilascio del certificato di abitabilità (o di agibilità) non preclude agli uffici comunali la possibilità di contestare successivamente la presenza di difformità rispetto al titolo edilizio
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Certificato di agibilità e titolo abilitativo, cosa dice la giurisprudenza
La questione dei rapporti tra titolo abilitativo edilizio e certificato di agibilità è riproposta da una recente sentenza del Tar Reggio Calabria, che ha respinto il ricorso contro la revoca, da parte di un comune,  del certificato di agibilità rilasciata nel 1981 per un edificio a rischio sismico. Nel quale era stato accertata nel 2017 la realizzazione di importanti opere edilizie (ampliamento di un piano e parziale sopraelevazione di un altro), in assenza di titolo abilitativo e quindi totalmente abusive, da cui sarebbero derivati consistenti incrementi di superficie e di volume. L’ufficio tecnico del comune riteneva che gli abusi edilizi avessero alterato l’originaria struttura dell’intero corpo di fabbrica, compromettendone le condizioni di sicurezza in assenza della richiesta documentazione attestante l’idoneità sismica dell’opera. Il ricorso era motivato dalla tesi che, mentre il titolo abilitativo accerta la conformità delle opere alla normativa urbanistico-edilizia, il certificato di agibilità attesta il rispetto delle regole di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico (art. 24 del dpr 380/2001, Tue), e quindi non può essere rifiutato o revocato solo perché l’immobile o parte di esso è stato realizzato in modo difforme dal titolo edilizio. Per il Tar calabrese, il ricorso è infondato, in quanto (tra l’altro) un edificio modificato abusivamente in modo rilevante  si profila come organismo edilizio strutturalmente diverso da quello originariamente autorizzato e quindi attualmente pericoloso per la pubblica incolumità.  Il divieto di utilizzo dell’immobile è perciò un atto dovuto, in l’assenza della necessaria agibilità.

L’agibilità negata in caso di difformità dell’opera dal progetto edilizio e in assenza di progetto

Infatti, l’art. 24 comma 2 Tue dispone che la domanda di rilascio del certificato di agibilità sia corredata anche dalla “dichiarazione sottoscritta dallo stesso richiedente il certificato di agibilità di conformità dell’opera rispetto al progetto approvato” e che tale certificato (oggi, Scia) viene imposto con riferimento alle nuove costruzioni, alle ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali, ed inoltre, agli interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di stabilità. In caso di difformità dell’opera dal progetto edilizio e in assenza di progetto, l’agibilità deve essere negata. Anche il Tar Campania,  Sez. II Salerno,  si era espresso analogamente,  affermando, nella sentenza  n. 2138 del 3 dicembre 2019, che il certificato di agibilità può riguardare soltanto opere edilizie legittime all’origine o successivamente sanate; sarebbe infatti assurdo che “il Comune rilasci l’agibilità a fronte di un’opera magari palesemente abusiva e destinata quindi con certezza alla demolizione, apparendo tale comportamento dell’Amministrazione contraddittorio rispetto al perseguimento del pubblico interesse”. Pertanto, è legittimo il provvedimento con il quale un Comune nega un’istanza per il rilascio del certificato di agibilità di un immobile abusivo e mai sanato, poiché l’agibilità può essere negata non solo in caso di mancanza di condizioni igieniche, ma anche in caso di contrasto con gli strumenti urbanistici o con il titolo edilizio (Scia o permesso di costruire).

L’attestazione di agibilità non configura il silenzio-assenso

Riguardo ai tempi, il  Tar Lazio (sentenza n. 4129/2005) ha precisato che “la previsione normativa secondo cui l’agibilità ‘si intende attestata’, decorso il termine indicato, non configura una vera e propria ipotesi di silenzio-assenso in senso tecnico, ma dà luogo invece ad una sorta di legittimazione ex lege, che prescinde dalla pronuncia della Pubblica Amministrazione e che trova il suo fondamento nella effettiva sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge per il rilascio del titolo”. L’art. 26 Tue dispone che “il rilascio del certificato di agibilità [oggi, la presentazione della segnalazione certificata di agibilità] non impedisce l’esercizio del potere di dichiarazione di inagibilità di un edificio o di parte di esso”. La declaratoria di inabitabilità (o meglio inagibilità) può essere effettuata in ogni tempo e non costituisce manifestazione di autotutela amministrativa, ma soltanto attestazione della insussistenza – originaria o sopravvenuta non importa – dei requisiti tecnici necessari per dichiarare agibile un edificio. L’atto dell’amministrazione che revoca l’agibilità non può quindi essere considerato un provvedimento negativo tardivo, dato che non si è formato tacitamente alcun provvedimento di assenso (Tar Lombardia, Milano, Sez. II, sentenza n. 332/2010).

Il certificato di agibilità non rende ‘legittimo’ un abuso edilizio

Infine, il Consiglio di Stato, Sez.VI, con la sentenza n.8180 del 29 novembre 2019, ha chiarito che “non è sufficiente la presenza dell’agibilità (o abitabilità) per definire ‘legittimo’ un abuso, perché il permesso di costruire ed il certificato di agibilità sono collegati a presupposti diversi, non sovrapponibili fra loro:
  • il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che  l’immobile sia stato realizzato secondo le norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene,  risparmio energetico degli edifici e degli impianti,
  • il titolo edilizio è finalizzato all’accertamento del  rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche.
Il rilascio del certificato di abitabilità (o di agibilità) non preclude quindi agli uffici comunali la possibilità di contestare successivamente la presenza di difformità rispetto al titolo edilizio, né costituisce rinuncia implicita a esigere il pagamento dell’oblazione per il caso di sanatoria, in quanto il certificato svolge una diversa funzione, ossia garantisce che l’edificio sia idoneo ad essere utilizzato per le destinazioni ammissibili.”
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