Quando si può chiedere l’annullamento del titolo edilizio del vicino?

Non basta dichiararsi vicini di casa, per poter chiedere l’annullamento del titolo edilizio rilasciato al vicino ma bisogna dare prova di subire un pregiudizio dalla costruzione altrui. Quali sono i casi e gli elementi da dimostrare per chiedere l’annullamento del permesso a costruire del vicino? Una recente sentenza del Consiglio di Stato (Cons. St. 7987/2022) fa il punto sulla questione.
Il caso
In un comprensorio industriale, nel quale la variante al PRG aveva consentito il recupero dei nuclei edilizi, i proprietari di un terreno di 3 mila mq, derivante dal frazionamento di un lotto di 14 mila mq, avevano ottenuto nel tempo:
- il condono di una tettoia per il deposito di autovetture,
- il permesso a costruire per la demolizione e ricostruzione del fabbricato industriale
- una variante al progetto
- la DIA per costruire l’edificio industriale
Successivamente il Comune aveva annullato i predetti titoli, contestando l’aumento di cubatura prevista dalla variante. Lo stesso Comune aveva poi annullato in autotutela la determina di annullamento e infine aveva rilasciato permesso di costruire in variante.
La proprietaria del lotto confinante si era rivolta al TAR impugnando l’ultimo permesso a costruire, per contrarietà alle previsioni del piano di recupero di cui alla variante del Piano regolatore. Il TAR aveva sospeso il permesso in via cautelare ed il Comune lo aveva revocato in autotutela, rilasciando a distanza di un anno un nuovo titolo edilizio. Anche quest’ultimo era stato impugnato e sospeso dal TAR che alla fine aveva accolto le ragioni della vicina. La proprietà si era rivolta dunque al Consiglio di Stato, appellando la decisione e lamentando la carenza di interesse ad agire in giudizio della vicina e pertanto l’inammissibilità del suo ricorso.
Interesse ad agire contro il titolo edilizio altrui
I giudici di Palazzo Spada, hanno accolto l’eccezione di inammissibilità del ricorso della vicina, dichiarandola carente di interesse ad agire. Richiamando l’insegnamento della Adunanza Plenaria (n. 22/2021), il Supremo Collegio ha fissato i seguenti punti:
- la legittimazione e l’ interesse al ricorso contro un titolo autorizzatorio edilizio sono elementi autonomi e distinti, entrambi necessari, devono essere accertati anche d’ufficio dal giudice
- il criterio della vicinitas, che può giustificare la legittimazione al ricorso, non vale da solo ed in automatico a dimostrare l’interesse al ricorso
- l’interesse al ricorso va inteso come lo specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato.
- il pregiudizio, che giustifica l’interesse ad agire, può essere ricavato dall’insieme delle allegazioni del ricorso
- l’interesse al ricorso può essere precisato e provato dal ricorrente nel corso del processo se messo in dubbio dalle controparti o rilevata la questione dal giudice d’ufficio
- nelle cause sulla violazione delle distanze tra costruzioni, c’è interesse al ricorso non solo del confinante ma anche del proprietario di una terza costruzione, se l’effetto ripristinatorio derivante dall’annullamento del titolo edilizio si rivela concretamente utile per il ricorrente.
Interesse al ripristino della legalità violata e prova del pregiudizio
Nel caso in esame, l’interesse a chiedere l’annullamento del titolo edilizio era solo quello del ripristino della legalità violata, che per il Consiglio di Stato non è sufficiente. La vicina avrebbe impugnato i titoli edificatori concessi al proprietario del terreno solo “sul presupposto della loro illegittimità, senza dedurre tuttavia un concreto interesse derivante dall’annullamento dei predetti titoli e limitandosi a dedurre la mera vicinitas al suo terreno”.
Cosa avrebbe dovuto dimostrare allora la vicina per dar prova del proprio interesse ad agire?
Il Consiglio di Stato, chiarito che l’interesse al ricorso “inteso come stato di fatto, si lega necessariamente all’utilità ricavabile dalla tutela di annullamento e dall’effetto ripristinatorio che a sua volta è in funzione e specchio del pregiudizio sofferto”, stabilisce che di fronte ad un intervento edilizio in violazione della legge, il pregiudizio da dimostrare riguarda:
- il deprezzamento dell’immobile confinante o contiguo
- la compromissione della salute o dell’ambiente in danno di coloro che stanno nella zona interessata
- la diminuzione d’aria, luce, visuale o panorama
- le menomazioni di valori urbanistici
- le degradazioni urbanistiche legate all’aumentato carico in termini di riduzione dei servizi pubblici, sovraffollamento , aumento del traffico.
Al contrario, l’interesse ad agire sarà certamente escluso, affermano i giudici di Palazzo Spada, quando:
- il titolo edilizio è affetto da vizi solamente formali o procedurali,
- i vizi sono emendabili
- anche se fosse possibile l’annullamento non seguirebbe l’applicazione di sanzioni o della riduzione in pristino.
La decisione
Nel caso in esame, poiché il terreno dell’appellante si trovava a valle rispetto a quello dell’appellata e non era stata data prova, neppure presuntiva, dell’utilità che la prima avrebbe tratto dall’annullamento dei titoli, il Consiglio di Stato ha confermato che il solo interesse demolitorio non fosse sufficiente a sostenere l’interesse ad agire.