Quando la ristrutturazione edilizia si considera nuova costruzione?
Edilizia
Quando la ristrutturazione edilizia si considera nuova costruzione?
La ristrutturazione edilizia si considera nuova costruzione ai fini del rispetto delle distanze legali anche quando aumenta l’altezza dell’edificio. In questi casi, però, non è necessario l’arretramento dell’intero fabbricato, ma è sufficiente la demolizione delle sole parti eccedenti.
Il tema relativo alla distinzione tra la mera ristrutturazione edilizia realizzata attraverso interventi che comportino modificazioni esclusivamente interne dell’edificio preesistente, senza aumenti di superficie o di volume, e la nuova costruzione che, al contrario, determina un aumento del carico edilizio, è da sempre particolarmente dibattuto per le notevoli implicazioni pratiche che comporta, in tema di conseguenze, nell’ipotesi di violazione delle distanze legali tra immobili confinanti.
Merita attenzione, in materia, una recente pronuncia della Suprema Corte, che offre lo spunto ad ulteriori considerazioni, in punto di diritto.
Quando la ristrutturazione edilizia si considera nuova costruzione
La ristrutturazione edilizia si considera nuova costruzione ai fini del rispetto delle distanze legali quando, per effetto dell’attività edilizia realizzata, viene aumentata l’altezza originaria dell’edificio. Va esclusa, tuttavia, la condanna ad arretrare l’intero fabbricato, in quanto è sufficiente procedere con la sola demolizione delle parti che superano i limiti di altezza preesistenti.
Questo il principio di diritto che si desume dalla sentenza n. 20428 del 24 giugno 2022, con la quale la Suprema Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del proprietario di un fabbricato.
La vicenda processuale
Quest’ultimo, conveniva in giudizio i vicini, esponendo che questi ultimi avevano demolito un preesistente fabbricato con muratura in comune con il proprio immobile, e che, nel ricostruire, avevano realizzato un nuovo edificio in violazione delle norme urbanistiche, sismiche e civilistiche.
Chiedeva, pertanto, che, previo accertamento delle responsabilità delle controparti, venisse ordinata la demolizione del nuovo fabbricato, con conseguente, ulteriore, condanna degli stessi al risarcimento dei danni in suo favore.
Il Tribunale di Messina ha respinto la domanda, ma la Corte d’appello di Messina, in riforma della sentenza di primo grado, condannava i convenuti ad arretrare l’intero fabbricato di dieci metri dalla parete finestrata dell’immobile confinante o, in alternativa, a procedere alla sua demolizione, nonché al risarcimento del danno in favore dell’attore.
La Corte distrettuale, in particolare, ha motivato la pronuncia, affermando che, qualora siano state demolite, o comunque siano venute meno le strutture edilizie preesistenti, si è in presenza di una mera ricostruzione quando l’intervento si traduca nell’esatta riedificazione dell’immobile originario, senza la benché minima variazione delle dimensioni dell’edificio precedente.
Per il Collegio, in particolare, ai fini della configurabilità della mera ricostruzione, ciò che rileva è l’assenza di aumenti della volumetria e delle superfici precedenti, rispetto all’originaria sagoma occupata.
Al contrario, in presenza di variazioni in aumento delle superfici, delle sagome o delle volumetrie, ci si trova in presenza di una nuova costruzione, come tale sottoposta alla disciplina sulle distanze legali.
Conseguentemente, ravvisando nel caso di specie una simile ipotesi, la Corte d’Appello di Messina ha ordinato l’arretramento dell’immobile o in alternativa la demolizione del fabbricato.
Ulteriori considerazioni sul concetto di ristrutturazione edilizia
La questione è così giunta in Cassazione, la quale, in parziale accoglimento del ricorso del soccombente, ha meglio specificato i termini della questione. Ad avviso della Suprema Corte, la Corte d’Appello di Messina, ha correttamente inquadrato la fattispecie, ma solo in linea generale.
Ribadisce, infatti, la Cassazione che la ristrutturazione edilizia, se non comporta aumenti di superficie o di volume, non integra una nuova costruzione e non è, pertanto, assoggettata alla disciplina in tema di distanze.
Viceversa, ove determini aumenti di carico urbanistico, essa deve configurarsi come una nuova costruzione e, come tale, sottoposta alla disciplina in tema di distanze legali, vigente al momento della realizzazione dell’opera, e alla relativa tutela ripristinatoria.
Tuttavia, ed è qui che la pronuncia di secondo grado viene censurata, non è corretta la statuizione contenuta nella sentenza impugnata, nella parte in cui dispone l’arretramento fino a dieci metri rispetto alla parete finestrata dell’attore ovvero, se impossibile, la demolizione per intero del nuovo edificio.
La Corte distrettuale, avrebbe, infatti, dovuto tenere nel debito conto che deve essere considerata nuova costruzione, ai fini del computo delle distanze, soltanto la parte eccedente le dimensioni dell’edificio originario e quindi, nel caso in esame, solo il sottotetto che, nell’ipotesi al vaglio, non era, peraltro, configurabile come mero locale tecnico.
Ne consegue, ad avviso della Suprema Corte, che la Corte d’Appello, avrebbe ben dovuto disporre la sola demolizione delle parti eccedenti le altezze originarie.
A sostegno della propria tesi, la Cassazione richiama il consolidato orientamento di legittimità per il quale, qualora sia realizzata una costruzione in violazione delle distanze, la riconosciuta illegittimità della stessa non ne comporta automaticamente la demolizione integrale ma, solo, la riduzione entro i limiti di legge, con demolizione di quelle parti che superano tali limiti (Cass. n. 30761/2018).
La parola, dunque, nuovamente alla Corte d’Appello di Messina, in diversa composizione, affinché si pronunci ancora nel merito, questa volta, però, alla luce dei principi di diritto evidenziati dal giudice di legittimità.
La sentenza n. 20428 del 24 giugno 2022 della Corte di Cassazione è disponibile qui di seguito in free download