Rischio chimico

Aggiornato l’elenco delle SVHC: restrizioni per gli ftalati

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Prosegue il lavoro dell’ECHA per limitare i rischi dalle sostanze preoccupanti: mentre viene aggiornata la lista delle sostanze registrate potenzialmente soggette a verifiche di conformità con l’intento di individuare gli endpoints di maggiore preoccupazione, quattro ftalati di importante diffusione – già introdotti nell’elenco delle SVHC - vengono avviati a restrizioni all’utilizzo.

Elevata attenzione sulle sostanze preoccupanti

Il Regolamento REACh all’art. 57 ha introdotto la categoria delle SVHC (Substances of Very High Concern): si tratta di sostanze che possono rispondere a diversi criteri di pericolosità per l’uomo o per l’ambiente, e che costituiscono per questo elemento di elevata preoccupazione. Queste sono dapprima individuate come “candidate all’autorizzazione” e possono poi essere avviate ad ulteriori provvedimenti limitanti (autorizzazione e restrizione all’uso) in funzione delle proprietà che presentano e delle caratteristiche di dispersività associate agli utilizzi censiti ed alla entità e diffusione del rischio (rilevata in base al tonnellaggio complessivo in circolazione in UE).

L’individuazione delle SVHC avviene secondo un piano d’azione che si sviluppa fino al 2020, attraverso una valutazione dettagliata delle sostanze emerse come prioritarie dal procedimento di registrazione secondo il REACh: in genere, le sostanze soggette a valutazione sono potenzialmente persistenti, bioaccumulabili e tossiche (PBT) o anche molto persistenti e molto bioaccumulanti (vPvB), o possiedono proprietà cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione (CMR), oppure indicate come perturbatori del sistema endocrino, o ancora possono essere sensibilizzanti.

Il passaggio preliminare alla procedura di valutazione dettagliata è costituito dal “compliance check”, vale a dire la verifica della conformità dei dossier di registrazione – cui l’ECHA è tenuta annualmente nella misura di almeno il 5% dei dossier per ogni fascia di tonnellaggio. Nei controlli di conformità mirati, ECHA valuta solo una parte specifica del dossier di registrazione sulla base di specifiche preoccupazioni: è da questa attività che scaturiscono gli indicatori che consentono di avviare alcune sostanze ad una valutazione dettagliata per individuarne l’eventuale rispondenza ai criteri che caratterizzano le SVHC.

Nuovi “compliance check”

Ad ogni aggiornamento delle priorità individuate, l’ECHA pubblica un elenco delle sostanze che saranno potenzialmente soggette a controllo di conformità; questo si aggiunge alle sostanze già individuate nel CoRAP – il piano di azione che assegna le verifiche e gli approfondimenti ai diversi Stati membri dell’UE (si rimanda al commento richiamato in chiusura). Entrambe le liste sono non esaustive in quanto individuano solo le priorità di intervento, ma non escludono che l’ECHA possa in qualsiasi momento aprire un controllo di conformità su qualsiasi dossier per verificare se le informazioni presentate dai dichiaranti siano conformi con i requisiti di legge.

L’ elenco aggiornato il 12 aprile contiene 57 nuove sostanze: i dichiaranti sono quindi invitati a rivedere i propri dossier di registrazione (compresi gli eventuali Chemical Safety Reports, quando dovuti) e possono, se del caso, aggiornare le informazioni ivi contenute entro il 13 giugno 2016.

Dopo tale data, in seguito alla verifica di conformità, le successive azioni verso il dichiarante possono essere di diverso contenuto:

1) il fascicolo è considerato formalmente conforme ai requisiti informativi previsti in REACH e dunque non vi è alcuna azione amministrativa; tuttavia, ciò non significa necessariamente che non vi siano carenze del dossier, e un successivo controllo della conformità può essere svolto in qualsiasi momento;

2) l’ECHA può individuare carenze di tipo sostanziale o qualitativo anziché formale o quantitativo: le informazioni richieste in base alla fascia di tonnellaggio sono tutte presenti ma, ad esempio, le misure di gestione dei rischi proposte dal dichiarante possono essere inadeguate o la classificazione e l’etichettatura proposta possono non riflettere i risultati sperimentali riportati nel dossier. In questi casi, l’ECHA invita il dichiarante ad aggiornare il fascicolo entro un dato termine ed informa gli Stati membri del percorso in atto in modo che possano essere avviate iniziative verso il dichiarante.

3) l’ECHA può concludere che siano necessarie prove e altre informazioni aggiuntive: in questi casi, prepara un progetto di decisione da inviare al dichiarante per le proprie considerazioni di parte ed informa gli Stati membri. Se la bozza di decisione viene approvata all’unanimità dagli Stati membri, diviene allora una specifica decisione giuridicamente vincolante.

Future restrizioni sugli ftalati

La restrizione è uno dei passaggi successivi all’individuazione di una sostanza come SVHC: esso mira a limitare l’esposizione della popolazione generale, o di fasce più vulnerabili, attraverso il divieto o la limitazione dell’inclusione della sostanza incriminata in determinate categorie di articolo o in specifiche lavorazioni.

Le restrizioni sono uno strumento precedente all’emanazione del regolamento REACh; attualmente sono contenute nell’allegato XVII di REACh con tutti i dettagli inerenti condizioni e tempistiche di applicazione.

Gli ftalati sono una categoria di sostanze ampiamente utilizzate e da tempo note per gli effetti di perturbazione del sistema endocrino, oltre che per essere persistenti in ambiente. Alcuni ftalati erano già stati oggetto di specifiche regolamentazioni, in particolar modo verso l’utilizzo come agenti plastificanti che rendeva molto elevata l’esposizione della popolazione generale e di fasce ipersuscettibili quali i bambini attraverso il contatto con le plastiche dei giocattoli (restrizione n. 51 dell’allegato XVII inerente gli ftalati DEHP, DBP e BBP). Attualmente (ultimo aggiornamento al dicembre 2015) sono 9 gli ftalati inseriti nella lista delle sostanze preoccupanti (ed altri 5 sono stati proposti per l’inclusione), mentre 4 sono già stati avviati all’autorizzazione.

I quattro ftalati oggetto della recentissima proposta di restrizione sono precisamente:

1) bis(2-etilesil) ftalato (DEHP) (CAS 117-81-7),

2) benzil butil ftalato (BBP) (CAS 85-68-7),

3) dibutil ftalato (DBP) (CAS 84-74-2),

4) diisobutil ftalato (DIBP) (CAS 84-69-5),

erano già da tempo individuati come SVHC in quanto reprotossici di categoria 1B attraverso un’azione specifica sulla fertilità maschile, denominata “sindrome da ftalati”

La proposta intende vietare l’immissione sul mercato dei seguenti articoli quando il contenuto dei suddetti ftalati (individuale o come sommatoria) sia superiore allo 0,1% in peso:

– articoli per uso indoor o outdoor che possano essere succhiati o debbano stare in contatto prolungato con la cute o le mucose;

– articoli che sono utilizzati o stoccati in ambienti indoor con normale presenza di persone e probabile esposizione per via inalatoria, escludendo però gli articoli utilizzati negli ambienti di lavoro (ove continuano a valere i principi della valutazione dei rischi, che oggi è possibile estendere anche agli articoli quando sia possibile conoscere il rilascio di sostanze pericolose in ambiente attraverso la scheda informativa che ogni fabbricante di articoli deve inviare ai propri clienti quando l’articolo contenga sostanze SVHC in misura superiore allo 0,1% in peso).

La proposta provvede a fornire stime di esposizione e di patologia correlate alla presenza degli ftalati in articoli di uso comune, e individua anche le possibili alternative ed i costi derivanti.

Gli articoli che possono ricadere nella restrizione includono: pavimentazioni e materiali edili, materassi, calzature, materiali plastificati, forniture da ufficio, cavi, attrezzature ricreative, e qualsiasi articolo formato da plastiche o plastificato. La portata del provvedimento proposto è dunque molto ampia: è previsto infatti un periodo transitorio di tre anni successivi all’entrata in vigore della restrizione – ipotizzata al 2020 – in cui gli articoli suddetti potranno comunque essere immessi sul mercato anche in superamento del limite di concentrazione dello 0,1% in peso. Sono inoltre previste esenzioni per gli strumenti di misura in ambito di laboratorio (a causa della mancanza di alternative praticabili) e sulle tipologie di articoli già regolamentati da altre normative, quali ad esempio quelle sui materiali destinati a entrare in contatto con gli alimenti (regolamenti (EC) n. 1935/2004 e n. 10/2011), sull’imballaggio di prodotti medicinali (regolamento (EC) n. 726/2004, direttive 2001/82/EC e 2001/83/EC), sui dispositivi medici (direttive 90/385/EEC, 93/42/EEC e 98/79/EC).

Ora la proposta verrà avviata, presumibilmente per metà giugno 2016, alla consueta consultazione pubblica della durata di 6 mesi con la finalità di raccogliere contributi e proposte dalle diverse parti sociali interessate.

Autorizzazioni concesse

L’autorizzazione all’uso è uno degli strumenti introdotti dal regolamento REACh col fine di controllare in modo più accurato i rischi delle SVHC: dove prevista la sua applicazione (sostanze individuate in allegato XIV di REACh), nessun utilizzo sarà consentito senza aver previamente ottenuto l’autorizzazione da parte della Commissione europea. Attualmente, con un percorso a più stadi, le autorizzazioni iniziano ad essere un elemento concreto che, pur essendo nato in un differente ambito normativo, si affianca agli obblighi in materia di gestione dei rischi chimici in ambito occupazionale ed ambientale. L’autorizzazione infatti si rivolge potenzialmente a qualsiasi tipologia di utilizzatore, senza differenziare per dimensioni o importanza di utilizzo. Può quindi rappresentare anche un importante nodo critico per alcune realtà, anche considerando i costi connessi al procedimento di richiesta dell’autorizzazione per i propri utilizzi.

Anche su questo versante vi sono recenti novità. Lo scorso 8 aprile la Commissione Europea, con decisione 2016/C 127/05 (sintesi in GUCE C127/6), ha concesso ad una società alcune autorizzazioni ad utilizzare lo ftalato di dibutile (DBP) inserito in allegato XIV da lungo tempo (la data di scadenza di ogni uso non autorizzato – ad eccezione dei nuovi utilizzatori sul mercato UE – era il 21/02/2015).

Le modalità autorizzate sono le seguenti, e possono riguardare anche i soggetti nella supply chain dell’azienda autorizzata – qualora si attengano rigorosamente alle condizioni e misure gestionali indicate nel dettaglio nella decisione di autorizzazione (informazioni che dovrebbero essere comunicate dal fornitore e sintetizzate nella sezione 15 della scheda di sicurezza):

– come solvente di assorbimento in un sistema chiuso per la produzione di anidride maleica, in quanto il livello di rischio risulta adeguatamente controllato (articolo 60 paragrafo 2 REACh);

– nella formulazione di propellenti a base di nitrocellulosa, con la funzione di ritardante di fiamma per superfici, plastificante e/o refrigerante, con la motivazione che non esistono attualmente soluzioni alternative adeguate;

– nell’utilizzo industriale di grani di propellente contenenti DBP per la fabbricazione di munizioni per usi militari e civili e di cartucce propulsive per i seggiolini eiettabili dei velivoli, con la motivazione che non esistono attualmente soluzioni alternative adeguate;

– l’uso industriale di DBP in fogli di ceramica e paste di stampa per la fabbricazione di condensatori ed elementi di sonde lambda.

Si tratta finora della 41° decisione di autorizzazione a partire dal 2013.

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