Il confronto quotidiano con la gestione operativa in chiave ambientale delle attività e dei processi all’interno delle aziende, rende spesso evidente che o il tema del sottoprodotto è poco noto, oppure che sia applicato, ma senza le necessarie cautele. Considerare il sottoprodotto come risorsa è un vantaggio e un’opportunità per le aziende. Vediamo perché e quali esempi abbiamo in Italia.
I rischi derivanti dal non cogliere l’opportunità data da un corretto uso del sottoprodotto come risorsa
Nel primo caso, la criticità è data dal fatto che si rischia di non cogliere l’opportunità di individuare come sottoprodotto un residuo di un processo. Va ricordato a tal proposito che io ho usato l’espressione “opportunità” (perché gestire quel residuo come sottoprodotto e non come rifiuto comporta una semplificazione nella gestione operativa quotidiana), ma non dobbiamo dimenticarci che siamo tenuti a rispettare in modo attento la gerarchia nella gestione dei rifiuti stabilita dalla
normativa.
D’altra parte, nei casi in cui il residuo è individuato come sottoprodotto, non sempre l’azienda adotta le doverose cautele, ai sensi di quanto previsto dalla normativa in materia proprio di sottoprodotto.
Ricordiamo, infatti, che la definizione di sottoprodotto stabilisce che o sono rispettate tutte le condizioni previste dall’articolo 184-bis, comma 1 del decreto legislativo 152 del 2006, oppure sono rispettati i criteri definiti all’interno di norme specifiche riguardanti specifiche tipologie di sostanze o oggetti. A questo proposito citiamo a titolo di esempi la regione Piemonte, la Puglia e l’Emilia Romagna che hanno emesso norme specifiche nel 2024.